È dalla fine della seconda guerra mondiale che il sud non riesce ad uscire dalla precaria situazione che l’ha trascinato nella situazione in cui versa. L’attuale situazione penalizza ulteriormente il mezzogiorno.
Lo Svimez nelle anticipazione del Rapporto 2022, evidenzia che l’aumento dell’inflazione interessa di più il Sud, con impatti più pesanti sui consumi delle famiglie; inoltre, sui bilanci delle imprese meridionali incidono di più costi dell’energia e di trasporto. Ed ancora, in presenza di tensioni sui mercati finanziari dovuti alla crisi di governo (impennata spread e conseguenti effetti di credit crunch; ritardi nell’attuazione del Pnrr) la crescita nazionale rallenterebbe ulteriormente rispetto allo scenario base con impatti più ampi nel Mezzogiorno dove maggiori sono i rischi di razionamento del credito per le imprese.
Queste dinamiche globali avverse – prosegue Svimez – hanno esposto l’economia italiana a nuove turbolenze, allontanandola dal sentiero di una ripartenza relativamente tranquilla e coesa tra Nord e Sud del Paese, con conseguenze di medio termine che si prospettano più problematiche per le famiglie e le imprese meridionali. Il Mezzogiorno fa segnare tassi di variazione del Pil inferiori al resto del Paese, nonostante il significativo contributo alla crescita del PNRR. Nel 2023, il Pil dovrebbe segnare un incremento dell’1,7% nelle regioni centrosettentrionali, e dello 0,9% in quelle del Sud. Nel 2024, si manterrebbe un divario di crescita a sfavore del Sud di circa 6 decimi di punto: +1,9% al Nord contro il +1,3% del Sud. Secondo Svimez, inoltre, il picco dell’inflazione del 2022 dovrebbe interessare in maniera più marcata il Mezzogiorno.