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Il cuore ha sete di perdono, racconti dei carcerati donato a Papa Francesco

TORINO- “Il perdono è una forza che risuscita a vita nuova e infonde il coraggio per guardare al futuro con speranza”. E’ la definizione che leggiamo nella Misericordiae Vultus, la bolla di indizione del Giubileo Straordinario della Misericordia. E lunedì 28 novembre, nella Sala Clementina, il Papa si è trovato tra le mani un libro che “gronda” sete di perdono:
Si tratta di un’antologia di racconti scritti dai detenuti delle carceri italiane che hanno partecipato alla nona edizione del Premio Carlo Castelli, promosso dalla Società di San Vincenzo De Paoli in collaborazione con il Ministero della Giustizia, con il patrocinio di Camera e Senato. Il titolo del libro è “Sete di Perdono” ed a consegnarlo direttamente nelle mani di Papa Francesco è stato il dottor Antonio Gianfico, Presidente nazionale della Società di San Vincenzo De Paoli, che è stato ricevuto con la delegazione degli organizzatori del Giubileo.
Mentre le dita del Papa sfogliano curiose il volume, gli obiettivi delle macchine fotografiche ne inquadrano la copertina: vi scorgiamo una roccia, consumata dal tempo e sfregiata dalle intemperie. Su questa pietra, che simboleggia le asperità e la durezza della vita, è tracciata in rosso la sagoma di un cuore. Il cuore dell’uomo che ha commesso un errore, e che ora ha “sete di perdono”. Ma anche il cuore di chi è stato vittima di un reato o di un’ingiustizia, e che desidera perdonare. Poco più in basso, da una fenditura si sporge coraggioso un arbusto, che si affaccia dalla nuda roccia quasi a “guardare il futuro con speranza”.
“La speranza è dono di Dio – aveva detto Francesco parlando ai carcerati durante il loro Giubileo all’inizio di novembre – Essa è posta nel più profondo del cuore di ogni persona perché possa rischiarare con la sua luce il presente, spesso turbato e offuscato da tante situazioni che portano tristezza e dolore. Abbiamo bisogno di rendere sempre più salde le radici della nostra speranza, perché possano portare frutto. Non esiste luogo nel nostro cuore che non possa essere raggiunto dall’amore di Dio. Dove c’è una persona che ha sbagliato, là si fa ancora più presente la misericordia del Padre, per suscitare pentimento, perdono, riconciliazione, pace”.
La fede, anche se piccola come un granello di senape, “è in grado di spostare le montagne” (cfr Mt 17,20). Quante volte la forza della fede ha permesso di pronunciare la parola perdono in condizioni umanamente impossibili! Persone che hanno patito violenze o soprusi su loro stesse o sui propri cari o i propri beni… “Solo la forza di Dio, la misericordia, può guarire certe ferite. E dove alla violenza si risponde con il perdono, là anche il cuore di chi ha sbagliato può essere vinto dall’amore che sconfigge ogni forma di male. E così, tra le vittime e tra i colpevoli, Dio suscita autentici testimoni e operatori di misericordia”.
Ora Francesco ha tra le mani questo piccolo volume, che raccoglie le opere finaliste. Alla giuria del premio Castelli sono pervenuti 166 elaborati, provenienti da 80 diversi istituti penitenziari. Tre i vincitori: al primo posto il racconto di Diego Zuin “E allora ti chiedi”; al secondo Simone Benenati con “Perdonare: una grazia infinita da dare e ricevere”; al terzo “Notti tra Morfeo e morfina” di Domenico Auteritano.
Ai tre vincitori sono andati premi in denaro (1000€ al primo classificato, 800€ al secondo e 600€ al terzo). A nome di ciascuno dei tre vincitori sono stati anche devoluti: 1.000 euro per finanziare l’acquisto di attrezzature e materiale didattico di un’aula scolastica in India; 1.000 euro per un progetto formativo e di reinserimento sociale di un giovane adulto dell’IPM “Malaspina” di Palermo; 800 euro per l’adozione a distanza di una bambina del Kazakistan per 5 anni.
Perché anche la roccia più tormentata dalle intemperie può nascondere un anfratto in grado di custodire un seme lasciato da Dio e da lì può crescere un arbusto di speranza.

Redazione

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