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ase 2: Milano può fare la fine di San Francisco nel 1918

Ci sono analogie da non sottovalutare. I numeri di ieri della Lombardia e della stessa città di Milano non sono per niente confortanti. Quindi parlare di riapertura come se niente fosse successo, è del tutto fuori luogo. le precauzioni non bastano per fermare il virus, e le tante situazioni di contagio lo dimostrano in pieno.
La voglia forsennata della Lombardia, ma anche del Veneto, impensieriscono il resto della nazione. Al momento non ci sono i numeri confortanti per dire si può ricominciare. Per carità, si deve cominciare, ma al rallentatore, altrimenti si rischia dia vere un ritorno che difficilmente il paese può sopportare.
L’analogia attuale può essere paragonata a quello che successe a San Francisco nel 1918 durante la peste spagnola. Il potente fischio della sirena di una nave, il sindaco James Rolph diede il segnale tanto atteso a tutta la popolazione della baia. La terribile influenza spagnola aveva fatto meno vittime nella città californiana rispetto a qualsiasi altra metropoli degli Stati Uniti. Si decretava la fine della peste spagnola molto anticipatamente: fine delle restrizioni, delle chiusure, delle sospensioni di spettacoli e corse dei cavalli. Alle 12 in punto gli abitanti di San Francisco si affollarono in tutte le strade del centro per gettare via tutti assieme le mascherine che avevano portato per settimane. Si liberarono degli odiati presidi medici e iniziarono a ballare nelle strade. Una festa che non si vedeva da parecchio tempo, ma che era del tutto prematura, come si accorsero le autorità sanitarie nel giro di poche settimane. Alla fine dell’inverno, la città della baia risultò essere stata la più colpita dal micidiale morbo che in tutti gli Stati aveva fatto registrare quasi settecentomila morti. Il 20 settembre del 1918 iniziarono tutte le restrizioni emesse dallo stato per arginare il morbo della spagnola. La fine quindi divenne una grande festa, ma l’euforia durò poco e già il 7 dicembre il sindaco fu costretto a dichiarare ufficialmente che l’epidemia era tornata. In poche settimane il totale dei casi d’influenza salì a più di trentamila e i morti arrivarono a tremila. Quando a metà febbraio l’Health Board degli Stati Uniti pubblicò i dati nazionali, venne fuori che la città sul Pacifico aveva pagato il prezzo più alto dell’intero Paese.
Questa è storia che si può ripetere facilmente in Italia proprio nella regione più colpita, la lombardia. Tutte le altre regioni italiane hanno motivi ben validi ad avere paura che la situazione possa degenerare ulteriormente senza una prudenza nella valutazione della fase 2. La Lombardia e la stessa Milano non sono in condizioni di poter cantare vittoria, poiché la peste da Coronavirus oggi è ancora in atto come se fosse il primo giorno. E non vale solo per la Lombardia, ma vale anche per Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna.

Redazione

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