Primavera 2016. Roma,quartiere Olimpico. L’attore e regista Claudio Amendola, rientrato nella sua abitazione dopo aver lavorato per tutto il giorno, è raggiunto in soggiorno dalla moglie, l’attrice e produttrice Francesca Neri, ritiratasi dalle scene da alcuni mesi, per via di una malattia.
“Oggi, come stai, come va, France’?…”, domanda l’attore alla moglie con tono premuroso, accarezzandole una guancia.
“Eh, come sto, Claudio, come sto?…sto, come stavo ieri: male!…”, risponde l’attrice e produttrice al marito, domandando a sua volta: “Tu, piuttosto, come stai?…che hai combinato oggi?…”.
“E che ho combinato?…ho riletto il copione del mio film e ho chiamato Giancarlo per dirgli che dobbiamo rivedere assolutamente la sceneggiatura e il carattere di un personaggio che non mi convince per niente…anzi, secondo me, non funziona proprio!…Poi, sono andato al supermercato e ho fatto la spesa e, come puoi vedere, ho preso quello che serviva…Però, lo sai che ce capisco poco…insomma, sarebbe stato meglio se con me ci fossi stata tu!…”.
“Senti, Claudio, per favore, non ricominciare!…ne abbiamo già parlato, lo sai, che non dipende da me!…ti pare che se potessi , non ti accompagnerei, non uscirei, non andrei a lavoro sul set, come ho sempre fatto?…La verità è che nessuno mi capisce!…nessuno sa cosa vuol dire avere una malattia psicosomatica, perché non c’è dubbio che la mia, sia una malattia psicosomatica!…Vedi, Claudio, il corpo ci parla, e i segnali li avevo da tanto tempo. Io ho sempre vissuto le cose sulla mia pelle , in maniera viscerale, e c’erano tante cose, nell’ultimo periodo, che non mi andavano bene ,tante cose che una persona sensibile somatizza…”, spiega la Neri, interrotta da Amendola, che prova a calmarla.
“Va bene, France’, però, mo’ non t’agitare così…ho capito, non ti chiedo più niente!…quando ti sentirai meglio e sarai pronta a uscire, me lo dirai tu!…Senti: aspettiamo che torni Rocco per pranzare?…”, tenta di cambiare discorso l’attore,venendo poi smentito dalla moglie.
“Rocco?, a pranzo?…no, veramente Rocco oggi non torna a casa per pranzo …oggi ha gli allenamenti di calcetto, quindi mi ha detto che avrebbe mangiato qualcosa con i compagni di squadra…Mi sa che siamo soli, anzi, purtroppo, sarai solo, perché io non ho fame …sono stanca e vorrei dormire per qualche ora, anche perché ,stanotte, non ho chiuso occhio per via del dolore…Buon pranzo, amore mio!…”,si congeda la Neri, mentre si allontana per tornare in stanza da letto.
Poi, suonato il campanello, Amendola va ad aprire la porta, trovandosi di fronte una delle migliori amiche della moglie.
“Anvedi, Paole’!, qual buon vento!…ce se rivede, finalmente!…”, esclama l’attore, cui la donna, con gran fretta, domanda concitata: “Dov’è Francesca?…Ho saputo…e non appena ho potuto sono passata a trovarla…sai, è stato un periodo diffiicile: il trasloco…e poi ho anche cambiato lavoro!…Ma come sta?, che malattia ha?…guarirà, vero?…”.
“’A Paole’, ma che domande fai, sì che Francesca guarirà!…certo, è una malattia complicata, soprattutto per il risvolto psicologico…ma io sono convinto che è un periodo e che, presto, passerà…Senti, Francesca, è andata in camera a dormire, ma giacché sei venuta appositamente, la vado a chiamare…Hai visto mai, tante volte , una persona, con un amica, con un amico, si confida, si apre pure di più!…”, sentenzia ,l’attore ,andando a chiamare la moglie.
“Paole’, senti, io l’ho detto a Francesca che stai qua, che sei passata per lei, per parlarle, ma dice che non vuole vedere nessuno…’A, Paole’, non ce rimane’ male, ma ultimamente è così, pure con noi in famiglia!…Diciamo che alterna alti e bassi…e , adesso, so’ più bassi che alti!…”, esclama Amendola, non facendo in tempo a fermare l’amica della moglie,che si precipita verso la stanza della Neri.
“Francescaaaa, apriiii!, sono Paola, una delle tue migliori amiche…cos’è questa storia che non vuoi vedere nessuno, che non vuoi vedere neanche me?…Apriii!…guarda che conto fino a tre e se al tre non apri faccio buttare giù la porta da Claudio!…Francescaaa, mi senti?….Guarda che urlo…mi metto a urlare fino a che non apri…e lo sai che lo faccio!…”, minaccia Paola, l’amica dell’attrice, che, finalmente, si decide ad aprire la porta e ad uscire dalla stanza.
“Contenta?, ho aperto!…adesso, la smetti di urlare?…vieni, entra!…Sono due mesi che non ci vediamo e in due mesi è cambiato il mondo, il mio mondo!…Claudio mi ha detto che ti ha informato della mia malattia…E’ una malattia psico-somatica, ma la sofferenza è soprattutto fisica, ed è costante e , a volte, ti fa perdere il controllo e, in quei momenti, senti di toccare il fondo, ma poi, poco alla volta, ricominci a salire…In realtà, è un’illusione e, infatti, quando te ne rendi conto, inizi a chiuderti in te stesso e a vergognarti…allora, smetti di parlare con tutti: familiari, amici, conoscenti, perché hai la sensazione che non ti credano fino in fondo e ti allontani e li allontani, per paura di diventare un peso per loro…Ah, dimenticavo!, ho smesso anche di lavorare…e tu sai quanto io ami il mio lavoro sia come attrice che come produttrice…”.
“Non ci posso credere!…amica mia, quello che mi hai raccontato è terribile!…Soprattutto perché è accaduto tutto da un momento all’altro…”, constata, rattristata, l’amica della Neri, cui l’attrice replica, repentina: “Oh, no!, non è successo da un momento all’altro…in verità, il corpo , mi ha inviato dei segnali e io non li ho ascoltati o comunque, non ho dato loro peso!…E ora , eccomi qua!…”.
“Amica mia, adesso, ci sono io con te!…Senti, non sono un medico,ma vorrei aiutarti in qualche modo…Sul tavolo , di là, in soggiorno, ho visto un PC: ti va se lo prendiamo?…vorrei farti vedere alcuni episodi di una serie, di quelle trasmesse dalle piattaforme, perché vorrei un tuo parere da produttrice, ok?…”, propone Paola, all’amica, che, rispondendole di sì con un cenno del capo, chiosa: “Ho capito cosa vuoi fare!… Come Claudio, anche tu pensi che l’Arte, possa vincere il mio “male oscuro”!…E proviamo!, proviamo con le serie , che non si sa mai!…Sennò, ci resta sempre l’alternativa di una partita a Burraco!…”.
“La passione è nata in una maniera strana , perché in realtà non avevo nessun tipo di conoscenza del Cinema, essendo una ragazzina che ha sempre vissuto a Trento. Era più che altro un sogno,per cui ho cominciato a guardare i film , ad appassionarmi e poi sono venuta a Roma per fare una scuola di Cinema. Prima ho fatto una scuola di Teatro, però, e poi sono entrata al Centro Sperimentale di Cinematografia e lì, ho cominciato a capire che in realtà era una passione e che era una cosa per la quale avrei potuto anche sacrificarmi. Per cui, piano piano ho cominciato da zero, mantenendomi facendo la comparsa. Poi sono arrivate le piccole parti , il debutto vero e proprio e poi il lavoro serio. Questo è stato il mio percorso, il mio approccio al Cinema”. Così, l’attrice Francesca Neri, in un’intervista rilasciata qualche anno fa a un quotidiano, in occasione dell’uscita del suo primo film da produttrice.
Nata a Trento, il 10 febbraio 1964, da Lorina,casalinga e da Claudio, zoologo, trascorre l’infanzia con il fratello Andrea dividendosi tra lo studio e lo scii, finché da adolescente, studentessa del Liceo Scientifico Galilei, si appassiona al Cinema.
Da qui, negli anni Ottanta, una volta terminati gli studi superiori, la decisione di trasferirsi a Roma per studiare recitazione, dapprima, presso una scuola di Teatro e , poi, al Centro Sperimentale di Cinematografia.
Quindi, iniziata la gavetta riesce a mantenersi , recitando come comparsa e in ruoli secondari,finché ottiene la sua prima grande occasione nel 1987 con la pellicola “Il grande Blek” di Giuseppe Piccioni, cui seguono “Bankomatt” di Villi Hermann, presentata in concorso al Festival di Berlino, e “Buon Natale…buon anno” di Luigi Comencini.
Tuttavia, raccoglie un largo consenso di critica e di pubblico solo nel 1990 con il film “L’età di Lulù” di Bigas Luna, facendosi notare sia per l’intensità della sua recitazione che per il suo sguardo enigmatico.
Poi, nel 1991, dopo la partecipazione alla pellicola “Capitan America” di Albert Pyun, ottiene vasta popolarità e riconoscimenti con la commedia sentimentale “Pensavo fosse amore…invece era un calesse”, diretta e interpretata da Massimo Troisi, per la quale vince il primo Nastro d’Argento come “migliore attrice protagonista”.
A seguire, nel 1993, recitato nei film “Sabato italiano” di Luciano Manuzzi e ne “La corsa dell’innocente” di Carlo Carlei, presentato al 49°Festival del Cinema di Venezia, gira di nuovo una commedia: “Al lupo, al lupo” diretta e interpretata da Carlo Verdone, e due pellicole di genere “impegnato”: “Sud” di Gabriele Salvatores, in cui è la sola protagonista femminile, accanto a Silvio Orlando, e “Spara che ti passa” di Carlos Saura, film ispirato all’omonimo racconto di Giorgio Scerbanenco, in cui recita con l’attore hollywoodiano, Antonio Banderas, presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia.
Alternate ancora le interpretazioni di commedie e di pellicole “d’autore”, quali: “Ivo il tardivo” di Alessandro Benvenuti, “Il cielo è sempre più blu” di Antonello Grimaldi, “La mia generazione” di Wilma Labate e “Le mani forti” di Franco Bernini, nel 1997, si afferma a livello internazionale con il film “Carne tremula” di Pedro Almodovar, con cui si aggiudica il secondo Nastro d’Argento come “migliore attrice”.
Ancora protagonista del Cinema italiano, fra il 1998 e il 2002, gira le pellicole: “Matrimoni” di Cristina Comencini, “Il dolce rumore della vita” di Giuseppe Bertolucci e “Io amo Andrea” di Francesco Nuti, per poi prendere parte alle produzioni hollywoodiane “Hannibal” di Ridley Scott, seguito de “Il silenzio degli innocenti”, in cui veste i panni di “Allegra”, moglie di un ispettore interpretato da Giancarlo Giannini, “Danni collaterali” di Andrew Davis e “Ginosta” di Manuel Pradal.
Negli stessi anni, si cimenta, accanto al cantante e attore Adriano Celentano nella conduzione della trasmissione “Francamente me ne infischio” , in onda su Rai Uno e appare nel programma “Alcatraz”, dove interpreta la ragazza di un personaggio virtuale condannato a morte in un carcere americano, destando scalpore presso l’opinione pubblica per via delle immagini messe in onda.
Dal 2003 al 2016, tornata sul set, recita in film d’autore e commedie, quali: “La felicità non costa niente” di Mimmo Calopresti, “Per sempre” di Alessandro Di Robilant, “Il siero delle vanità” di Alex Infascelli,”La cena per farli conoscere” , “Il papà di Giovanna”, per la cui interpretazione si aggiudica il terzo Nastro d’Argento come “migliore attrice non protagonista” e “Una sconfinata giovinezza”, pellicole tutte dirette da Pupi Avati.
Avviato parallelamente , il lavoro di produttrice nel 2005, con i film “Melissa P.” di Luca Guadagnino, tratto dal romanzo del 2003 “Cento colpi di spazzola prima di andare a dormire” di Melissa Panarello e con “Riprendimi” di Anna Negri, nel 2012 è sul grande schermo con la commedia: “Una famiglia perfetta” di Paola Genovese, grazie a cui vince il quarto Nastro d’Argento-Premio Cusumano.
Sposatasi nel 2010 a New York con il collega attore, conduttore e regista Claudio Amendola, conosciuto nel 1998 e da cui nel 1999 ha il figlio Rocco, nel 2016, si allontana dalle scene per motivi di salute.
Delle sue sofferenze legate alla malattia, ha raccontato nel libro “Come carne viva”, pubblicato nel 2021 dalla Rizzoli. Di sé, in un’intervista recente, rilasciata alla trasmissione Mediaset “Verissimo”, ha detto: “Scrivere è stata la vera terapia, la cosa che mi è servita di più. Se ho scelto di raccontare cose così profonde, è proprio perché volevo condividerle con altre persone, perché so che sono tante. Attraverso questo racconto, volevo mettere un punto e andare oltre. Il corpo ci parla, e i segnali li avevo da tanto tempo. Io ho sempre vissuto le cose sulla mia pelle, in maniera viscerale, e c’erano tante cose che non mi andavano bene, tante cose che una persona sensibile somatizza. A un certo punto, il corpo ti dice: “Adesso ti fermo io”. E così è stato. Io non ho mai avuto paura della sofferenza, ma la sofferenza fisica costante è una cosa che ti fa perdere il controllo di te stesso. Mi ha fatto perdere i contatti con la realtà, soprattutto con le persone che mi stavano vicino. Tutto ciò ha fatto sì che io fossi costretta a guardarmi dentro e a prendere atto di queste cose. Impari a conviverci, tocchi il fondo, ma poi ricominci a salire e puoi finalmente fare delle scelte. Alla fine, sono veramente poche le cose che mi importano. La fase acuta è durata tre anni. All’inizio pensi che passa, poi inizi a chiuderti. Perché ti vergogni; ne parli con le persone, ma hai la sensazione che non ti credano fino in fondo e ti chiudi. La chiusura, ti porta alla depressione, a non sapere se ce la farai. A quel punto,la morte ti sembra una scappatoia. Pensi al dolore di pesare sugli altri, perché vorresti anche preservarli, gli altri, vedi il loro dolore e ti fai ancora più male. C’è stato un attimo in cui ho perso la lucidità, ma è stato in quel nanosecondo che mi sono attaccata ancora di più alla vita“.