Primavera 1970. Roma. Rione Campo Marzio. In via del Babbuino, ad angolo tra piazza del Popolo e Piazza di Spagna, il campione di Canottaggio, Gian Piero Galeazzi, arriva con la sua auto a pochi metri dalla sede di Radio Rai. Parcheggiata la vettura, esce per recarsi presso la redazione sportiva dell’emittente pubblica ,dove ad attenderlo per la consueta sfida settimanale di Tennis
c’è l’amico giornalista Renato Venturini.
Avvisato Venturini del suo arrivo, tramite il portinaio, Galeazzi sale al terzo piano dell’edificio, ma, bussato alla porta , gli viene detto di aspettare. Quindi, dopo una decina di minuti, uscito Venturini, insieme con un manipolo di colleghi, saluta Galeazzi con un cenno del capo, cui segue la domanda: “’A Gian Pie’, ma non s’era detto alle 18:00?…, sei “solo” tre ore in anticipo!…adesso, caro Gian Pie’, te tocca aspetta’, perché io devo chiudere un servizio, che andrà in onda nel radiogiornale di domani mattina e il direttore mi ha chiesto di farglielo ascoltare al più presto…Capirai!, quello è un vero e proprio segugio , si accorge di tutto, anche del minimo dettaglio fuori posto, quindi, non devo farmi trovare impreparato!…Mi capisci, no?…”.
“Eh certo, Rena’, fai pure con comodo, ma cerca di sbrigarti perché il campo da Tennis dopo le 21:00 chiude!…”, si raccomanda Galeazzi, interrotto dall’arrivo di un altro giornalista, Gilberto Evangelisti, proveniente dal corridoio, che, vedendolo, chiede a Venturini: “Rena’, ma chi è ‘sto bistecchone?…”.
“Ciao, Gilbe’!…hai visto che pertica,eh?…è Gian Piero, un amico mio, campione di Canottaggio…è venuto a prendermi per andare a giocare a Tennis…”, spiega Venturini.
“’A Rena’, ma che dici davvero? …un campione di Canottaggio?…Ma questa è una combinazione davvero fortunata!…Qui, in Redazione, se c’è uno sport che è coperto meno di tutti è proprio il Canottaggio!…Senti, bistecco’, io, come avrai capito, sono un collega dell’amico tuo…giacché ci troviamo qua c’avrei una cosa da chiederti: ma te, nella vita, oltre al campione de Canottaggio, che fai?…”, domanda Evangelisti, rivolgendosi a Galeazzi.
“Be’, fino a qualche tempo fa mi occupavo di Marketing e Pubblicità alla Fiat di Torino, ma poi, mancandomi Roma, sono tornato…”, spiega Galeazzi, incalzato da Evangelisti: “Benissimo!, allora, se sei libero, sei la persona che stavamo cercando…devo solo parlarne con il Direttore, ma sono sicuro che sarà d’accordo!…”.
“D’accordo con che?…”, domanda Galeazzi, rintuzzato da Venturini: “Come?, non hai ancora capito?…il mio collega Evangelisti vuole chiederti di seguire le gare di Canottaggio per il nostro radiogiornale…insomma, che ne diresti di diventare un radiocronista?…magari non subito subito…prima potresti seguire le gare e comunicare i risultati …Che ne dici, allora, ti andrebbe?…”.
“Be’, sì, l’idea non è male…è un lavoro interessante!…poi, mi permetterebbe di restare nell’ambito dello sport… Alle Olimpiadi di Città del Messico, sono stato selezionato solo come riserva… È stata la più grande delusione della mia vita. Meritavo di essere titolare. Oggi ,mi brucia più di prima. Se ci penso, divento idrofobo. Una delle più grandi ingiustizie sportive di sempre!…Dicevo che mi piacerebbe seguire le gare di Canottaggio, solo che l’inviato non nasce per caso!…insomma, è una professione che non si improvvisa, mi dovrei preparare… Di Canottaggio, certo, so tutto, ma di Giornalismo…”, si schermisce Galezzi.
“Per questo, non devi preoccuparti, Gian Pie’…ci penseremo noi a insegnarti i trucchi del mestiere!…”, lo rassicura Venturini, chiosando ironico: “Tanto, sono sicuro che imparerai subito, anche perché te, c’hai proprio l’aspetto, come dicono i francesci: “le fisic du role”, insomma: er fisico, la presenza ,per fa’ l’inviato!…”.
“E’ stata Mara Venier a cambiarmi la vita. Eravamo a cena in un locale di New York assieme a Renzo Arbore, durante i Mondiali del 1994, quando mi chiese di partecipare a Domenica In. Io conducevo già 90° Minuto e lei fu brava a buttarmi nello spettacolo gradualmente. Subito si sono scatenate le critiche e le invidie dei colleghi. Anche mia moglie Laura e i miei figli Gianluca e Susanna mi chiesero se ero diventato matto. Magari nei loro panni anche io avrei pensato le stesse cose”. Così il campione di Canottaggio, giornalista, telecronista e conduttore televisivo Gian Piero Galeazzi, nell’ultima intervista rilasciata nel 2020 a La Gazzetta dello Sport, seguita alla sua ospitata a Domenica In, programma Tv della stessa Venier.
Nato a Roma il 18 maggio 1946, da Rino, atleta di origini piemontesi, due volte medaglia d’argento ai Campionati Europei di Canottaggio del 1931 e del 1932, segue le orme paterne affermandosi come professionista della canoa. Infatti, nel 1967 vince il Campionato italiano nel singolo , conquistando la medaglia di bronzo al valore atletico, e nel 1968, il Campionato nel doppio.
Nello stesso anno, convocato solo come riserva, non prende parte alle Olimpiadi di Città del Messico, concentrandosi sugli studi, mai trascurati, e sul lavoro. Quindi, laureatosi in Economia, con una tesi in Statistica, si trasferisce a Torino per lavorare nel comparto Marketing e Pubblicità della Fiat.
Lo stesso Galeazzi ricorda così, nella stessa intervista a La Gazzetta dello Sport, quella breve esperienza: “Mi sono laureato in Statistica e per qualche mese ho lavorato all’ufficio Marketing e Pubblicità della Fiat. Ma il clima a Torino era pessimo, mi mancavano il sole di Roma, le mangiate con gli amici, le giornate al Circolo Canottieri, che era la mia casa”.
Così, tornato nella Capitale, non ancora abbandonata la carriera sportiva, grazie a una circostanza fortuita, entra in Rai come giornalista sportivo e radiocronista. Al riguardo, Galeazzi racconta: “Era il 1970, un giorno dovevo andare a giocare un doppio di tennis con Renato Venturini, che lavorava alla radio. Andai a prenderlo nella sede di via del Babuino e mi presentò ai colleghi dello sport. Ero alto e massiccio, così Gilberto Evangelisti se ne uscì con la frase: “Renà, ma chi è ‘sto Bisteccone?”. Venturini raccontò che ero stato campione di Canottaggio ,così quelli della radio mi chiesero di portare i risultati delle gare e piano piano mi inserirono in redazione. Lavoravo dalle 8 del mattino alle 8 di sera, portavo il cappuccino a Ciotti, leggevo i risultati della C la domenica. Insomma, feci la gavetta, al fianco di maestri come Guglielmo Moretti, il mio santo protettore, Enrico Ameri, lo stesso Ciotti, Rino Icardi, Claudio Ferretti”.
Nel 1972, inviato alle Olimpiadi di Monaco di Baviera, causa un imprevisto occorso a Mirko Petternella, esordisce con la radiocronaca della gara di Canottaggio, sua disciplina. Poi, passato alla televisione grazie a Tito Stagno e al Direttore del TG1 Emilio Rossi, dopo aver condotto alcune edizioni del telegiornale, cura diverse puntate della “Domenica Sportiva” e di “Mercoledì Sport”, approdando alle telecronache di Tennis, nelle quali si alterna con Guido Oddo, fino al ritiro di quest’ultimo nel 1984, e di Canottaggio.
Il passaggio dalla radio alla Televisione viene descritto così dal giornalista e conduttore: “Non volevo lasciare la radio, stavo da dio ed ero stato assunto. Un giorno, però, mentre facevo una radiocronaca di rugby a Rovigo ricevetti una telefonata della segretaria di Emilio Rossi, nuovo direttore del Tg1. “Si presenti domani mattina”. Avevano bisogno di un redattore perché tutti gli altri erano passati al Tg2 con Maurizio Barendson. Tito Stagno, ‘l’uomo della Luna’ e capo dello sport, aveva fatto il mio nome al direttore e così accettai. Moretti, mio capo alla radio, mi disse a brutto muso: “Il giorno che ti troverò sanguinante per strada non ti soccorrerò”. Ameri, invece, fu più clemente: ‘Hai fatto bene: qui sei il 35°, al Tg1 potrai essere il numero uno’. In effetti, conducevo i notiziari, facevo ‘a modo mio’ i servizi per la Domenica Sportiva. Soprattutto potevo fare le telecronache di canottaggio e, con Guido Oddo, quelle di tennis, altro sport che conoscevo bene. Stare nella ‘buca’ del Foro Italico durante gli Internazionali d’Italia è stata una grande palestra professionale. Peccato aver saltato la trasferta in Cile in occasione della vittoria azzurra in Coppa Davis nel 1976. La tv non mandò inviati ,ma la radio sì, per protestare contro il regime di Pinochet, quindi Oddo e io facemmo le telecronache dal ‘tubo’. La sera della vittoria del doppio, però, durante la differita Guido vide che Panatta e gli altri azzurri alzavano la coppa e anticipò il risultato, rovinando la sorpresa. Apriti cielo: ricevemmo decine di telefonate di telespettatori imbufaliti”.
Seguite sei edizioni dei Giochi Olimpici ,fino ad Atene 2004 (viene poi sostituito da Marco Lollobrigida), negli anni Ottanta, è chiamato a seguire il Campionato di Calcio di serie A.
Non solo Sport, però. Nel 1986, infatti, inviato all’incontro di Coppa dei Campioni tra Valur e Juventus, realizza un servizio sull’incontro a Reykjavik tra Gorbacev e Reagan,ma è nel 1988 che entra nella storia della televisione e del Giornalismo televisivo con la telecronaca della gara di Canottaggio nelle Olimpiadi di Seoul ,che vede la vittoria di Giuseppe e Carmine Abbagnale.
In seguito, a partire dal 1992 e, per cinque anni, conduce le rubriche: “Cambio di campo”, “Solo per i finali” e “90° minuto”, rivelando in numerosi sketch un inedito talento comico.
Notato da Mara Venier, conduttrice di Domenica In, partecipa a svariate edizioni del varietà domenicale, conquistando una vasta popolarità che induce il presentatore Pippo Baudo a proporgli il ruolo di “inviato d’eccezione” alla 46° edizione del Festival di Sanremo.
Inaugurato il nuovo Millennio, realizzando con il consueto entusiasmo la telecronaca delle gare di Canottaggio nelle Olimpiadi di Sydney , vinte dalla coppia Antonio Rossi e Beniamino Bonomi, nel 2009, torna sui campi di Calcio per commentare le partite della Confederations Cup con Jacopo Volpi e con l’ex allenatore e calciatore Zobi Boniek.
Della telecronaca di Sydney, racconta: “Quella telecronaca passata alla storia, non doveva neppure esserci. La sera prima stavo giocando a carte con Evangelisti quando arrivò la notizia di uno sciopero. A quel punto, invece di andare a letto, girai per Seul, nei bar frequentati dai militari americani. Soltanto quando tornai in albergo all’alba scoprii che lo sciopero era stato revocato. Mi precipitai a fare la telecronaca senza neppure il foglio dei finalisti. Io salivo a bordo delle imbarcazioni con la voce, forse anche per un certo spirito di rivalsa dopo la grande ingiustizia subita nel 1968: io e Giuliano Spingardi meritavamo di partecipare all’Olimpiade in Messico, saremmo stati da finale. Invece ci esclusero e quei Giochi li vidi solo da spettatore. Che rabbia!”.
Opinionista fra il 2010 e il 2011 nelle trasmissioni “Notti Mondiali”, con Paola Ferrari e Maurizio Costanzo, “90°minuto”, con Franco Lauro, Jacopo Volpi e Zibi Boniek, e “90°minuto Champions”,con Andrea Fusco, Marino Bartoletti, Adriano Bacconi e Ivan Zazzaroni, nell’estate 2012 ,è ospite a “Notti Europee” con Andrea Fusco, Simona Rolandi, Jacopo Volpi, Adriano Bacconi e Serse Cosmi.
Cimentatosi nella scrittura dal 2014 al 2016 pubblica i libri autobiografici: Il magnifico miglio. Sul Tevere tra storia, ricordi e circoli storici, edito da Bideri, E andiamo a vincere. La storia gloriosa degli Abbagnale, con il contributo speciale di Giuseppe Lamura, edito da Lìmina, e L’inviato non nasce per caso, edito da Rai Eri.
Apparso per l’ultima volta a Domenica In nel 2019, intervistato dall’amica Mara Venier, già sofferente per una grave malattia, si è spento nella sua casa romana, il 12 novembre scorso, circondato dall’amore e dall’affetto della moglie Laura e dei due figli, entrambi giornalisti, Susanna e Gianluca.
Salutato da familiari, colleghi e amici alla camera ardente allestita in Campidoglio e, nel corso delle esequie svoltesi in forma privata, è stato ricordato così dal giornalista sportivo Amedeo Goria, suo collega per tanti anni della Redazione di Rai Sport: “Giampiero si stupirebbe nel vedere tante attenzioni. Si è meritato l’affetto della gente, perché era un simbolo di romanità, ma soprattutto dell’Italia sportiva. Lui era un mediatore tra il pubblico e i grandi campioni dello sport che ha saputo raccontare. Oggi direbbe: “Ma che ho fatto di male o di bene per avere il Campidoglio?”. Tutti gli vogliamo bene, gli mandiamo un gran saluto e speriamo faccia tante telecronache da lassù”.