Gio. Giu 8th, 2023

Il caro carburanti sta mettendo in ginocchio l’autotrasporto italiano. Sappiamo benissimo che la maggioranza delle merce viaggia su gomma, e questo è un danno per gli approvvigionamenti. In questo momento tragico a causa della guerra, si aggiunge l’enorme collasso dei prezzi dei carburanti, che spinge gli autotrasportatori a fermarsi per esigenza per non fallire.

Quello che si sta consumando non è uno sciopero contro il sistema, ma è l’esigenza degli autotrasportatori di pianificare tutti i costi dei trasporti, che con il caro carburanti, è diventato insostenibile coprire. Va detto che l’Italia è il paese delle accise, che le trovi dappertutto, e mai a nessun governo è venuto in mente di annullare.

Nel corso di tantissimi anni, innumerevoli sono state le “promesse” di ridurre le accise, ma le accise sono tutte rimaste. In Italia il peso fiscale sulla benzina è costantemente cresciuto. Le accise sull’acquisto dei carburanti, in Italia, sono state incrementate nel tempo allo scopo di fronteggiare finanziariamente alcune emergenze, come quelle provocate dagli eventi naturali o dalle guerre. Ma quando sono cadute le ragioni per fare il prelievo, gli incrementi sono rimasti lì, per essere utilizzati per la copertura di altre voci del bilancio pubblico. In totale, sono quasi una ventina le accise sui carburanti, accorpate nel 1995 in un’unica imposta indifferenziata, eliminando così ogni riferimento alle motivazioni originali. Alcuni esempi? La prima accisa, paradossalmente ancora esistente, risale addirittura al 1935 il cui fine era quello di finanziare la guerra di Mussolini  in Abissinia: allora furono 0,1 centesimi, che ne nel 1936 videro aggiungersi 1,9 centesimi per finanziare il conflitto in Etiopia; poi ci sono le accise : di 0,00723 euro per finanziare la crisi di Suez (1956), di 0,00516 euro per la ricostruzione dopo il disastro della diga del Vajont (1963) e di 0,00516 euro per la ricostruzione di Firenze dopo l’alluvione del 1966.

La nostra Italia fa debiti su debiti, quindi le accise diventano l’unico strumento per fare cassa, poiché a piccole quantità chieste ai cittadini, pagano le perdite dello stato italiano. Ora stiamo pagando lo scotto più alto e di sicuro sarà impossibile continuare su questo passo.