Categories: Cronaca

Gli imprenditori creano lavoro, lo stato NO

ROMA- Se non si inverte la rotta in cui siamo entrati nell’ultimo ventennio, in Italia possiamo dimenticarci il lavoro. In primis, tutti devono comprendere che ci vogliono più uomini e meno macchine. Abbiamo concentrato molta attenzione sulle tecnologie boicottando l’uomo come strumento di lavoro. Sempre più macchine, significa sempre più disoccupati. Un concetto questo che deve far riflettere.
Tralasciando ciò, lo stato non ha mai creato lavoro, sono uomini e donne coraggiose che investono creando strumenti che possono creare occupazione. Lo stato ha il compito di rendere meno difficile la vita di chi crede in un progetto e rischia per attuarlo. Ma negli ultimi anni intorno al lavoro si è creata una macchia buia che non dà la possibilità di poter fare imprese.
L’elevata tassazione e l’asfissiante burocrazia ha messo in ginocchio il comparti imprenditoriale. I sindacati, come anche i partiti di sinistra, maggiore causa della burocratizzazione del lavoro a danno delle imprese, per fortuna sono stati messi un po’ da parte dagli stessi lavoratori. Le pressioni fatte sui governi da questi due soggetti, hanno portato l’Italia ad avere una forte burocrazia che ha avuto un impatto devastante sull’occupazione.
Oggi c’è una situazione difficile d’affrontare e finché lo stato non interviene per rendere meno difficile fare impresa, le cose non cambiano. Sappiamo tutti che il comparto artigiano, commercio e PMI, sono quelli che dalla fine della guerra sono riusciti a sostenere l’economia della nazione. Le grandi industrie sono state finanziate dallo stato, ma si è rivelato soltanto uno spreco di denaro pubblico. Quindi bisogna invertire la rotta, e concentrare l’attenzione su una tassazione mirata a sostegno delle piccole imprese. Solo così si può ricostruire quel settore che abbiamo perso. Ed è compito dello stato mettere in condizione chi vuole fare imprese di poterlo fare, senza dover versare nelle casse dello stato il 70% dei guadagni.
Bisogna eliminare tutti quei vincoli burocratici che rendono impossibile aprire un’impresa e, nello stesso tempo mantenerla, poiché i dati sono chiari: al massimo tre anni le nuove imprese chiudono perché non riescono a sostenere il peso delle tasse e della burocrazia. Siamo ad un bivio: o cambiamo rotta o siamo destinati a fallire. Per invertire la rotta ci vuole coraggio: tassazione al 20% e via tutti quei strumenti che taglieggiano la vita delle imprese, a partire da equitalia.

Redazione

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