Categories: Cronaca

Grazie politici. È scomparsa la classe operaia e il ceto medio

ROMA- Possiamo dirlo senza remore che la classe dirigente italiana ha fatto un lavoro eccezionale puntando alla demolizione della classe operaia e il ceto medio, entrambi ossatura del sistema paese. Una nazione non progredisce se viene meno quel sistema minore che arricchisce i consumi interni. I ricchi lo sappiamo che vanno altrove a spendere i loro soldi, un po’ per il gusto di viaggiare, un po’ per il gusto di vivere nuove emozioni. Mentre il ceto medio e la classe operaia deve accontentarsi, e lo fa, di quello che ha a disposizione nelle proprie mura di casa.
Esplodono classi sociali e “la diseguaglianza sociale non è più solo la distanza tra le diverse classi, ma la composizione stessa delle classi”. E’ questa l’analisi contenuta nel Rapporto dell’Istat, che traccia una mappa socio-economica dell’Italia, aggiornando i modelli tradizionali con schemi “multidimensionali”. Per l’Istat “la crescente complessità del mondo del lavoro attuale ha fatto aumentare le diversità non solo tra le professioni ma anche all’interno degli stessi ruoli professionali, acuendo le diseguaglianze tra classi sociali e all’interno di esse”. La classe operaia e il ceto medio “sono sempre state le più radicate nella struttura produttiva del nostro Paese” ma “oggi la prima – fa notare l’Istat – ha abbandonato il ruolo di spinta all’equità sociale mentre la seconda non è più alla guida del cambiamento e dell’evoluzione sociale”. Si assiste quindi a una “perdita dell’identità di classe, legata alla precarizzazione e alla frammentazione dei percorsi lavorativi”.
Rispetto al 2008 -scrive l’Istat, tra i giovani di 15-45 anni, è diminuita la quota di occupati (dal 39,1% al 28,7% del 2016) ed è aumentata l’incidenza dei disoccupati e degli studenti (+5,1% e 3,4% rispettivamente). Il calo degli occupati è più forte nei gruppi delle famiglie degli operai in pensione e delle anziane sole e di giovani disoccupati (-15,5 e 15,9%) ed è minore per quelli della classe dirigente e delle famiglie di impiegati (-4,4 e 3,1%). Il 68% dei giovani fino a 34 anni di età, ossia 8,6 milioni di persone, vive ancora con mamma e papa’. Nel Rapporto annuale 2017, l’Istat rileva per di più quelli tra i 25 e i 34 anni sta in famiglia, di operai in pensione o di anziane sole. E negli ultimi otto anni, sono aumentati.
Purtroppo le famiglie italiane hanno perso tutto il potere d’acquisto accumulato negli ultimi 50 anni, ed ora si ritrovano in una situazione di difficoltà che impedisce di poter ragione sul futuro. L’altra parte dolente di una situazione senza precedenti, è il fattore sopravvivenza. Essa ormai sta diventando ad appannaggio dei pensionati, che sono costretti a dare sostegno a figli che hanno perso il lavoro o a figli che il lavoro non riescono a trovalo. I pensionati sono diventati i veri ammortizzatori sociali dell’era moderna. Tutto sta degenerando giorno per giorno, e le difficoltà da superare, anche una semplice estrazione di un dente, diventa un’impresa difficile da compiere. Tutto ciò grazie a una classe politica litigiosa che continua a salvaguardare gli interessi dei partiti e non gli interessi del paese, oltre ad essere schiava di un sistema Europa che mette in discussione la sovranità di un paese libero e democratico.

Redazione

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