I kulaki erano una categoria di contadini presente negli ultimi anni dell’Impero russo, e nei primi della neo Unione Sovietica. I kulaki divennero a tutti gli effetti nemici dello stato. Iniziò così un vero e proprio rastrellamento nelle campagne, e moltissimi finirono nei gulag. La colpa di essere contadini più ricchi che si opponevano alle decisioni del neo impero russo.
La parola kulaki inizialmente si riferiva a contadini indipendenti della Russia che possedevano grandi appezzamenti di terreno. Lo storico francese Nicolas Werth sottolinea che per essere classificati come kulaki bastava «l’utilizzo di un operaio agricolo per una parte dell’anno, il possesso di macchine agricole un po’ più perfezionate del semplice aratro, di due cavalli e quattro mucche».
La riforma agraria di Pëtr Stolypin sulla distribuzione delle terre, creò un peggioramento della vita dei contadini: i contadini poveri peggiorarono ulteriormente le loro condizioni di vita perché non poterono più accedere alle terre comuni per bisogni quali il pascolo, la legna, i frutti della natura e la caccia. La riforma creò in Russia una divisione tra i contadini, suddividendoli in: contadini poveri, senza soldi per acquistare terre (kombèdy); contadini benestanti o medi proprietari (kulaki).
Stalin nel 1927 in occasione di una crisi agricola, ripristinò le misure sulla requisizione di cereali tipiche del comunismo di guerra, ed inoltre intraprese una dura campagna propagandistica contro i kulaki. Insomma, creò i nemici per portare una parte di popolo dalla sua parte.
Stalin introdusse una pianificazione integrale dell’economia. Questo portò alla collettivizzazione forzata delle terre, utilizzata come metodo per trasferire ricchezza dall’agricoltura all’industria: le terre vennero unificate in cooperative agricole (Kolchoz) o in aziende di stato (Sovchoz), che avevano l’obbligo di consegnare i prodotti al prezzo fissato dallo stato.
I kulaki si convertirono così da possidenti ereditieri per diritto di nascita a lavoratori. Molti kulaki si opposero fermamente alla collettivizzazione, nascondendo le derrate alimentari, macellando il bestiame ed anche imbracciando le armi. Stalin reagì ordinando l’arresto degli oppositori, che venivano condannati, a seconda della gravità dei loro atti, dai 5 ai 10 anni di internamento nei gulag. Secondo gli archivi ufficiali i kulaki internati totali nei gulag furono circa 2,5 milioni di persone, dei quali perirono in 600.000, la maggior parte tra il 1930 e il 1933.
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