Un mondo che fa male è quello che viviamo. Il detto si stava meglio quando si stava peggio, c’è tutto. Altri tempi, dove la sofferenza veniva vissuta come un bene per la famiglia e per la società. Si usciva dalla seconda guerra mondiale, il paese si doveva ricostruire, tutti insieme l’hanno fatto. Hanno tenuto ben saldo il valore sacro della famiglia. Tutti insieme, le nuove generazioni, l’hanno distrutto, distruggendo anche il valore della famiglia.
Questa società non è moderna, è semplicemente una deriva verso un futuro che porterà a distruzioni e morte. Quello che è stato costruito prima sta morendo ora. I tabaccai non vendono più francobolli. Le cabine telefoniche sono scomparse e stanno per farlo anche i telefoni fissi. I cinema continuano a chiudere. Panettieri e salumieri diventano oggetti rari. Una fetta importante di esistenza personale è tagliata via, la comunicazione si concentra in rete, cellulari, tablet, computer, che la abilitano. Il mondo social è di fatto un prolungamento della vita mentale di ciascuno. Ma si sta rivelando il male assoluto.
La società basata su internet, sta producendo l’annientamento della storia e dei valori umani che hanno consentito di ricostruire. È una società attanagliata dal sintomo della paura: attende parole rassicuranti, comandi, e non sa più agire per conto suo. A giovarne è la politica. Le azioni politiche si fanno sempre più decise amplificando tendenze latenti e suscitano a contrasto sentimenti privi spesso di filtro razionale. Nasce una polarizzazione falsa che in tempi di Covid trova la sua conferma mortificante. Tornare indietro non si può, ma frenare questo vortice immorale sì: la persona prima di tutto.