Il grande fratello FISCO, vuole sapere che facciamo dopo i 1000 euro

ROMA- Siamo schiavi del fisco e delle banche e non ce ne accorgiamo. Talmente che ci hanno abituato a stare zitti che non ci accorgiamo di tutto quello che ci succede intorno.

Il grande fratello FISCO, vuole sapere che facciamo dopo i 1000 euro

ROMA- Siamo schiavi del fisco e delle banche e non ce ne accorgiamo. Talmente che ci hanno abituato a stare zitti che non ci accorgiamo di tutto quello che ci succede intorno. Secondo quanto riferito dal quotidiano ItaliaOggi, sin da inizio settembre sarebbero in forte aumento le richieste di giustificazione dei movimenti finanziari in entrata sui conti correnti da parte dell’Agenzia delle Entrate. Cosa più strana, che ora l’agenzia delle entrate vuole sapere tutte le operazioni di prelevamento di ammontare superiore a 1.000 euro giornalieri e 5mila euro mensili e soltanto per tali operazioni il contribuente deve essere chiamato a «giustificare». Il caos viene amplificato nel caso di conti correnti cointestati, con delega a operare o per il quale il contribuente risulti esclusivamente il legale rappresentante dell’ente (tipo un’associazione). La difesa è resa più difficile dal fatto che l’accertamento si riferisce ad anni passati (ora è sotto esame il 2014) e non sempre si riesce a giustificare movimenti non registrati negli estratti conto. Le direzioni provinciali stanno ricorrendo a questo strumento in maniera più frequente poiché è il contribuente, in virtù dell’inversione dell’onere della prova, a dover dimostrare la riconducibilità dei versamenti a redditi dichiarati o legittimamente non tassati, indicando anche i beneficiari e la destinazione dei prelievi.
L’Agenzia delle Entrate ha adottato una prassi operativa in base alla quale gli uffici devono astenersi dal compiere valutazioni sommarie ma devono approfondire ricostruendo precisamente, in base ai documenti acquisiti (e a ulteriori accertamenti) la consistenza patrimoniale e reddituale sulla base della quale si esercita la pretesa tributaria, cioè l’eventuale richiesta di omessi versamenti più interessi e sanzioni. La modalità di comunicazione con i contribuenti è sempre la medesima: si riceve un avviso di avvio delle indagini finanziarie con l’invito a consegnare i movimenti finanziari da giustificare e a presentarsi all’appuntamento con il funzionario. Il termine per fornire le risposte non può essere inferiore a quindici giorni ma, anche in questo caso e, soprattutto, in sede di richiesta di supporto documentale (si pensi alla richiesta di ottenere copia degli assegni bancari), i tempi potrebbero diluirsi notevolmente. Le indagini finanziarie hanno l’obiettivo quello di intercettare reddito imponibile, nella considerazione che le operazioni di accredito, non giustificate, sono da considerare ricavi e/o compensi e, ai fini Iva, operazioni attive non fatturate. I prelievi, invece, sono considerati costi in nero che hanno ragionevolmente generato compensi non contabilizzati, con risvolti anche in questo caso ai fini Iva.