Quando si diventa giustizialisti a tutti i costi, primo o poi qualcosa si ripercuote su se stessi, ed è quello che sta succedendo in casa M5S. La Giunta delle elezioni e delle immunità del Senato si riunirà mercoledì 30 gennaio per iniziare l’esame della domanda di autorizzazione a procedere inviata dalla Procura della Repubblica al Tribunale di Catania nei confronti di Matteo Salvini, in qualità di ministro dell’Interno, per il caso Diciotti. Va deciso se Salvini deve andare a processo o no. Votare sì o votare no, questo il dilemma dei grillini. Ieri sera l’esponente del M5S Paragone, alla trasmissione su Nove, ha detto che il movimento voterà sì all’autorizzazione.
È chiaro che uno smacco nei confronti dell’alleato di governo, nonché ministro del governo, si ripercuote inevitabilmente sulla stabilità di governo. In meno di ventiquattro ore potrebbe cadere e Salvini uscirebbe super vincitore da questa vicenda. Se al contrario il M5S dicesse no all’autorizzazione, la base grillina, educata al giustizialismo, non perdonerebbe i leader.
Ma la base è un numero esiguo di iscritti, mentre l’elettorato è molto più ampio e non è di appartenenza cinque stelle ma vota a seconda del momento. Quindi i leader devono guardare più a questa seconda fascia che ai grillini iscritti, perché a votare è sempre la massa degli italiani.
Il ragionamento che si faranno gli italiani è semplice: un esponente del governo ha preso una decisione che riguarda tutto il governo, quindi è sì una decisione del ministero degli interni, ma siccome il ministero fa parte del governo, prima si è condivisa la scelta e poi gli alleati mandano a processo il suo ministro. A questo punto è scontata una presa di posizione degli elettori che metterebbero al bando il M5S per incoerenza. Se così fosse c’è qualcosa che non torna o del movimento non ci si può fidare. Al momento gli altri partiti, FI e Fratelli d’Italia, sono scesi al fianco di Salvini. Resta da vedere come si comporterà il resto della forza politica presente in parlamento.
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