L’Italia annovera talenti imprenditoriali che hanno iniziato la loro avventura partendo da zero. Il paese nel dopoguerra è rinato grazie a idee imprenditoriali di uomini e donne che hanno saputo dare lustro all’imprenditoria del nostro paese. Era un’era diversa da quella attuale, oggi sono cambiati gli strumenti per poter fare imprenditoria, ma le idee degli italiani rimangono sempre vincenti. È il caso di Daniele Viganò, con un passato prima nella marina militare e poi negli anni novanta diventa imprenditore. Da quel momento per Viganò è una scalata una dietro l’altra. Ha avviato più di 30 imprese in diversi settori produttivi. Dal farmaceutico alla telefonia, dall’immobiliare al food, passando per il mondo dello spettacolo. Nel 1998 entra nel settore delle telecomunicazioni con Infostrada, dove realizza una rete di migliaia di agenti che in pochi anni conquista 2 milioni di clienti. Intervistato da quotidianoitalia.it, abbiamo chiesto a Daniele Viganò la ricetta del suo successo e suggerimenti per i giovani che vogliono iniziare l’avventura imprenditoriale.
Da un passato in marina a imprenditore di successo, quali sono stati gli ingredienti che l’hanno portata al cambiamento?
Ho sempre creduto nel potere della formazione, della crescita personale e soprattutto della comunicazione. Credo che ogni singola persona se sapesse utilizzare al meglio il potere della comunicazione potrebbe cambiare in modo migliore la propria vita.
Prima sono stato un sottoufficiale di marina e poi ho iniziato a fare da subito l’imprenditore. Prima nel settore farmaceutico, poi nel settore real estate, poi nelle utility e, infine, nel settore della blockchain e delle monete digitali. Credo che gli ingredienti principali siano quelli di cui i grandi imprenditori hanno sempre parlato, che sono prima di tutto una voglia di migliorarsi sempre, una curiosità di cercare sempre nuovi strumenti, nuove informazioni e nuovi mercati. Certamente una disciplina massima prima di tutto con te stesso, poi tanta passione e tanto entusiasmo, di cui avrai bisogno come un carburante sacro per riuscire a superare i tanti momenti difficili che ogni imprenditore avrà sulla sua strada.
Lei si definisce un attaccante, quindi sempre pronto a fare delle idee un progetto efficiente?
Sì, mi definisco un attaccante, e ritengo che come nello sport chi stia in attacco ha sempre molte più probabilità di vincere piuttosto che difendere, lo sport insegna molto bene. Tutti i miei progetti che ho portato avanti sono stati grazie a questo mindset, questo mio atteggiamento. Sono sempre pronto a dare ali ai miei progetti, per questo ho scritto il libro 7 giorni per volare, perché in soli 7 giorni una persona può dare le ali al proprio progetto.
C’è stato un progetto che non è riuscito a concretizzare per ovvie ragioni?
Ci sono molti progetti in cui magari l’idea non era nel momento giusto o non ha funzionato. C’è anche una statistica che dice oltre l’80% delle strat up fallisce nei primi due anni e solo meno del 20% ha successo, guardando le mie statistiche è stato il contrario: più dell’80 delle start up che ho lanciato ha avuto successo.
Nel 1999 lei si trasferisce a Barcellona, è più facile fare imprenditoria in Spagna o in Italia?
Secondo me è molto più facile fare imprenditoria in Italia, perché la Spagna è un paese più complesso di quanto uno possa immaginare per tutta una serie di ragioni. Io ho investito in Italia, Spagna e in Portogallo. L’ Italia rimane anche dal punto di vista imprenditoriale un paese dove il decollo è più facile, c’è anche una parola che è intraprendenza che non è traducibile e gli italiani sono sicuramente più intraprendenti. Basta solo pensare a quanti ristoranti italiani ci sono nel mondo, decine di migliaia, ora pensiamo a quanti ristoranti spagnoli ci sono nel mondo, pochissimi, eppure ritengono la loro cucina buona quanto la nostra. Una cucina che è abbastanza simile ma non ci sono tanti ristoranti nel mondo che rappresentano la Spagna. Questo è solo un esempio che, conferma, che è certamente più facile fare imprenditoria in Italia.
Barcellona ha fatto un po’ un polo a sé, è un hub tecnologico certamente molto importante e evoluto, c’è un tessuto imprenditoriale economico sicuramente proiettato al lancio delle startup. Non è un caso che lì sono nate Privalia, Trovit, Idealista, queste ne sono la dimostrazione, ma è un fatto di Barcellona non di tutta la Spagna.
Su cosa si fonda la società Rocket?
Sono un imprenditore seriale che ha lavorato, come detto, inizialmente nel settore farmaceutico, nel settore real estate, negli ultimi 20 anni nel settore della switching economy cioè gas, elettricità, fibra e mobile. Questi sono stati i miei settori e mercati dove ho fatto qualche milione di clienti tra Italia, Spagna e Portogallo.
Il gruppo Rocket, che ho fondato insieme a Luigi Maisto e Alberto Ferlin, è operativo da oltre un anno e ha creato uno dei principali marketplace su tecnologia blockchain. Sulla base dell’esperienza fatta con i grandi operatori abbiamo voluto cavalcare l’onda della grande opportunità che permetterà la liberalizzazione dell’ultimo grande mercato monopolistico, che cade a gennaio del 2023 ed è il mercato di energia e gas. Oggi ci sono ancora 18 milioni di clienti che sono sotto il mercato “tutela” che passeranno al mercato libero, e noi abbiamo deciso di entrare in questo grande mercato per non perdere questa opportunità.
Rocket, poi, intende ampliare i suoi servizi come sta già facendo con una collaborazione con INVENT, azienda di cui è fondatore Sante Bortoletto, ed abbiamo da poco concluso una partnership per approfittare al massimo del super bonus o ecobonus 110, infine ci spingeremo anche alla mobilità elettrica. È nostra intenzione lanciare anche una nuova catena di negozi.
7 giorni per volare, il suo libro che insegna a volare?
Il mio libro, dove io in 7 giorni ho voluto condividere quello che è la mia esperienza, il mio metodo per raggiungere obiettivi e mete anche molto ambiziose. Ho utilizzato i giorni della settimana raccontando la mia storia calata in ogni giorno della settimana, come se fosse una metafora racconto la mia storia dal lunedì alla domenica e ogni giorno ha un titolo. Per esempio: il lunedì è la meta, il martedì il credo, il mercoledì l’analisi e così via. Quindi ogni giorno della settimana lo utilizzo poiché penso profondamente che, attraverso questo sistema, qualsiasi persona in qualsiasi settore e mercato, possa raggiungere obiettivi sempre più ambiziosi o guadagnare anche di più. All’interno del libro 7 giorni per volare, di cui l’editore è Sperling del gruppo Mondadori, di questo sono orgoglioso, ha altri tre capitoli. Il giorno prima è il giorno delle grandi decisioni, non ricordiamo mai che giorno sia ma è il giorno delle grandi conclusioni: cambio lavoro non lo cambio; mi iscrivo a un corso non mi iscrivo; mi sposo non mi sposo; faccio un figlio non lo faccio; cambio paese non lo cambio; cambio professione non la cambio; è il libro delle grandi decisioni ho finito il giorno prima perché in realtà è un turno di cui non ci ricordiamo mai che giorno fosse.
Il giorno dopo invece è il giorno dell’esecuzione, nessuna idea può vedere la luce senza esecuzione. Ho dedicato all’interno del libro un capitolo al talento liquido, perché ritengo che tutti i cittadini del mondo, quindi quasi 7 miliardi di persone, abbiano molto più di quello che hanno espresso all’interno del loro percorso professionale, perché molto spesso ci si abitua. Sbagliate liquido è il mio augurio: talento liquido vuol dire usare le proprie capacità per diversificare.
Siamo in piena epidemia, come vede il futuro dei giovani e quale consiglio può dare affinché possano mettersi in gioco e affrontare il domani?
Il mio consiglio per mettersi gioco e affrontare il domani è molto semplice: in una epoca in cui un virus invisibile, arrivato dall’Oriente che, purtroppo, ha spazzato via tutte le certezze o molte delle certezze che avevamo e molte persone si sono ritrovate di colpo a non avere più il lavoro, non avere più la sicurezza economica. Quello che insegno attraverso il libro è proprio il fatto di usare il proprio talento liquido di ricercare altre competenze come? Studiando nuove strade, imparando nuovi strumenti, nuove tecniche e iscrivendosi a nuovi corsi
Magari dedicando una parte della giornata, basta anche solo un’ora, a nuove idee che qualcuno aveva lasciato nel cassetto. Credo che oggi non siano un problema tanto le risorse, quelle si trovano, ma bisogna avere coraggio per dare luce alle proprie idee. E non ascoltare la paura, una bella frase dice: la paura bussò alla porta, il coraggio andò ad aprire e non c’era assolutamente nessuno, quindi quello che dico e invito a fare ai giovani è avere coraggio, perché oggi più che mai dobbiamo cercare un nuovo miracolo Italiano come è stato fatto dai nostri nonni nel dopoguerra, è un’Italia che deve ripartire da lì: dal coraggio e anche dalla voglia di mettersi in gioco imparando nuove competenze per poter affrontare il futuro.
Come vede il futuro dell’Italia dopo la fine dell’epidemia? E quale può essere la sua ricetta?
L’Italia ha bisogno di esaltare i propri talenti, secondo me anziché chiederci prendiamo spunto dalla frase di Kennedy: “Non chiederti cosa può fare il tuo paese per te ma cosa puoi fare tu per il tuo paese”. Invito tutti, di qualsiasi generazione, a illuminare le proprie idee, le proprie competenze, i propri sogni e i propri desideri, perché le crisi come hanno già dimostrato nella storia con la caduta delle torri gemelli, con la crisi industriale o con la crisi di Lehman Brother, il fallimento della più grande banca d’investimento del mondo, è dimostrato che durante le crisi, quindi anche durante questa pandemia, sia il momento ideale per rilanciarsi e per rilanciare le proprie competenze. Per questo motivo ho lanciato la DV Academy, un’accademia di formazione per imprenditori, che ho fondato nel 2019, ed ha lo scopo di aiutare a realizzarsi. Ho lanciato oltre 30 start up, quello che voglio fare è aiutare giovani e meno giovani a lanciare un progetto come se fosse un vero e proprio volo, un decollo, le proprie startup in Italia o all’estero, e farne delle nuove realtà imprenditoriali. Tante professioni sono sparite o spariranno, ma ci sono come in ogni grande crisi economica nuove professioni e, soprattutto, nuove possibilità e opportunità che sono alla portata di tutti o, quanto meno, alla portata di quanti hanno voglia di darsi da fare per creare nuove realtà.