Categories: Cronaca

In Italia anche le zanzare sono strumento per fare politica

ROMA- C’è stato un caso dove una bambina è morta di malaria. Un caso isolato ma che ha posto molti dubbi nel campo sanitario, per capire perché è successo e come è successo. Interrogativi legittimi di chi cerca di salvare vite umane e si ritrova davanti un caso anomalo. Chi deve garantire la sicurezza sanitaria prova a trovare risposte, ma c’è un mondo che le risposte non le cerca, se le inventa attraverso delle polemiche sterili ed inutili.
Sto parlando della politica e dei politici, che anche su un caso di malaria, che va ben studiato, tenta di intrufolarsi per fare politica. Così facendo si fa della zanzare un modo come un altro di fare campagna elettorale, cercare visibilità, e ricercare nel caso il modo di stare al centro dell’attenzione.
La politica è buona a fare queste cose, ma il problema invece è sempre capire il perché dell’evento. Infatti se dalle analisi emergesse che il ceppo che ha provocato la malaria nei due bambini ricoverati a Trento e nella piccola Sofia fosse lo stesso, allora il contagio della bambina sarebbe sicuramente avvenuto in ospedale ma resterebbe da capire in che modo. Il parassita che ha causato la malaria a Sofia sembrerebbe essere lo stesso che aveva fatto ammalare i due bambini di ritorno dal Burkina Faso. Se il ceppo “risultasse invece differente, allora il contagio sarebbe avvenuto in un contesto diverso, e va comunque capito. Ecco le differenze: c’è chi adesso sta cercando di capire le cause e chi invece fa di una vicenda lo strumento per parlare.
Però una parte politica, con in testa Lega e Forza Italia, incolpa i migranti che sbarcano in Italia e che portano a seguito la malaria. Cosa assurda e inconcepibile: oggi le persone si muovono, si prendono aerei, si passa per aeroporti, c’è un vasto movimento di persone che può portare tranquillamente a contrarre patologie e virus dimenticati. Quindi la politica farebbe bene a stare zitta e aspettare che il mondo scientifico e medico trovi la risposta al caso della piccola Sofia. E lo dico pensando prima di tutto alle bambine africane che erano ricoverate nello stesso ospedale di Sofia, perché per loro potrebbe aprirsi una strada imperdonabile se ora venissero isolate dai loro amici, oppure a scuola. Quindi è il caso di smetterla, perché oltre piangere la morte di Sofia dopo bisognerebbe piangere l’isolamento di bambine che non hanno nessuna colpa.

Redazione

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