In Italia non c’è un’offerta lavoro sufficiente e decente

ROMA- Renzi ha detto che chi dice che l’Italia sta male dice bugie. Meglio passarci sopra, perché lo scettro di raccontare il contrario della realtà sta proprio nelle sue mani. Purtroppo devo continuare a dire bugie, perché altrimenti la verità non viene fuori.

In Italia non c’è un’offerta lavoro sufficiente e decente

ROMA- Renzi ha detto che chi dice che l’Italia sta male dice bugie. Meglio passarci sopra, perché lo scettro di raccontare il contrario della realtà sta proprio nelle sue mani. Purtroppo devo continuare a dire bugie, perché altrimenti la verità non viene fuori. Proprio la riforma del lavoro costruita dal governo Renzi ha creato enormi contraddizioni nel mondo del lavoro, e non ha portato nessun beneficio. Infatti i numeri dell’occupazione sono frutto di un lavoro instabile, a termine, e lontano dalla sicurezza di un lavoro a lungo termine. In Italia, contrariamente alle verità velate di Renzi, non c’è un’offerta lavoro sufficiente e decente.
Purtroppo è un boomerang che si ripercuote proprio contro chi continua a seminare ottimismo inesistente. Sarebbe meglio scendere dal treno e camminare in sella a una bicicletta le piccole città e piccoli comuni, per avere un quadro esatto della verità. Però bisogna spiegare perché la verità definita bugia fa a cazzotti con la verità bugiarda di chi vuol far credere il contrario.
Semplice: oggi in Italia il lavoro è la prima difficoltà di milioni di cittadini. La crisi dell’euro ha procurato la chiusura di un numero esageratamente alto di attività produttive. Sappiamo tutti che una nazione si mantiene con la produzione e non son i debiti. Invece negli ultimi venti anni, proprio il debito è diventato il sostegno dell’intera nazione. I debiti sono stati contratti dallo stato, dalle regioni e dai comuni, nello stesso momento debiti sono stati fatti anche dai cittadini. I risparmi accumulati con la lira via via sono andati sciogliendosi come neve al sole, per ovviare alle mancanze economiche causate dal tiranno euro.
Tutto ciò ha trascinato il paese a mantenersi all’inizio della venuta dell’euro, poi, finiti i risparmi, i cittadini hanno fatto debiti, ma quando è finita la possibilità di fare debiti da parte dei cittadini si è creato quel vortice che ha travolto il mondo produttivo. Finiti i soldi sono finiti gli acquisti; finiti gli acquisti è finita la produzione; finita la produzione è finito il lavoro. Tutto è diventato una difficoltà da superare, per chiunque, stato in testa.
Quindi il lavoro non ha avuto più un’offerta capace di soddisfare le esigenze lavorative di milioni di italiani. E non è certamente un caso il silenzio dei sindacati: non sanno chi attaccare. Timidi vocii da parte dei sindacati arrivano solo quando c’è da dire qualcosa su grandi gruppi industriali, oppure sulla questione Alitalia, e via via tutti apparati produttivi di grandi dimensioni. L’ossatura del lavoro vero è scomparso, ed oggi ci ritroviamo con una scarsa offerta lavorativa, e quella che esce fuori e indecente.
Le regole sul lavoro sono le peggiori che abbiamo, hanno penalizzato sia chi crea lavoro sia chi deve lavorare. Chi crea lavoro si ritrova dentro difficoltà economiche e burocratiche impossibili da superare, quindi per andare avanti deve trovare scorciatoie che inevitabilmente si ripercuotono sul lavoratore. È ovvio che la situazione non può essere che questa, poiché lo stato prende quasi il 53% da chi garantisce lavoro, il resto lo prendono regioni e comuni. Fare imprese in Italia è come ritrovarsi in prima linea in trincea, e si rischia di rimanere uccisi dal fisco nemico, e non resta che chiudere bottega per non soffrire più le pressioni delle istituzioni. È inutile girarci intorno, è la verità, quindi, per questo motivo, l’offerta lavorativa è diventata scadente, e il lavoratore è ritornato ad essere lo schiavo del dopoguerra.