Estate 2017. Parigi. Nella sua casa in rue Faubourg Saint-Honoré , l’attrice ottantanovenne , icona della Nouvelle Vague, Jeanne Moreau, trascorre un tranquillo fine settimana in compagnia della sua cameriera Cosette , intenta a sistemare l’armadio della signora.“Che belli , questi abiti…è proprio sicura di volerli dare via?…”, domanda perplessa la giovane domestica. “Non li do via, Cosette!…li dono a una fondazione-museo!…” , precisa l’attrice. “E non le dispiace neanche un po’ separarsene ?…”, insiste la cameriera, continuando, “Guardi, guardi questo per esempio : è tutto tulle e chiffon…è un abito da sogno!…” . “Ah, quello!..sì, in effetti, è un bel vestito!…”, concorda la Moreau, aggiungendo qualche particolare, “Non ricordo quale stilista l’abbia realizzato , ma ricordo che lo indossai al Festival di Cannes, in occasione di una premiazione…il tulle, però, era scomodo, specialmente da seduta!…Senti, cara, visto che ti piace così tanto, te lo regalo , è tuo!…Meglio addosso a una persona che ad un manichino , non ti pare?…” . “Grazie Signora!…ma non so s’è il caso!…” , si schermisce la ragazza, “Insomma, non credo avrei circostanze adatte in cui indossarlo…come potrà immaginare non frequento luoghi così eleganti!…”. “Non importa, cara!…E poi, non si sa mai…una donna giovane e bella come te non può non trovare l’occasione giusta per sfoggiarlo!…” , la rassicura l’attrice, chiosando: “Promettimi una cosa , piuttosto, che non dimenticherai quello che sto per dirti!…Guardami bene, donne come me sono delle supertistiti della bellezza…ricorda sempre che la bellezza è un’impostora , una cattiva consigliera che si dilegua in fretta, perciò non devi darle troppa importanza…coltiva , invece, le due i : interiorità e intelligenza!…capito, mon chéri?…” .
“Sono una sopravvissuta alla bellezza, che prima di tramontare ci regala l’acre profumo dell’intelligenza”. Così , parlava di sé, non molto tempo fa, durante un’intervista, l’attrice, cantante e regista francese Jeanne Moreau. Nata a Parigi il 23 gennaio del 1928, dal ristoratore Anatole-Désiré Moreau e dalla ballerina inglese Kathleen Sarah Buckley, trascorre l’infanzia a Vichy. Tornata con la famiglia nella capitale francese, nel periodo dell’adolescenza inizia a frequentare, all’insaputa dei genitori, corsi di danza e di musica, decisa a intraprendere le carriere di ballerina e di violinista. Scoperta la passione per la recitazione dopo aver assistito in un teatro alla prima dello spettacolo “Antigone”, nel 1946 viene ammessa al Conservatoire. Sposatasi con il regista Jean-Louis Richard e , divenuta madre di Jérome, debutta sul palcoscenico del Festival del Teatro di Avignone a soli diciannove anni, entrando a far parte della compagnia della Comédie française. Raccolto un largo consenso con lo spettacolo scritto da André Gide “Les Caves du Vatican”, in cui interpreta il ruolo di una prostituta, nel 1954 esordisce anche sul grande schermo nella pellicola “La regina Margot”di Jean Dréville. Conquistata la ribalta internazionale grazie al film noir di Louis Malle, “Ascensore per il patibolo” , nel 1957 , reduce dalla vittoria al Festival di Cannes del premio come “miglior attrice”,per la pellicola di Peter Brook“Moderto cantabile” , stringe un sodalizio artistico e umano con il regista François Truffaut , che la dirige ne “I quattrocento colpi”. Scritturata insieme con Marcello Mastroianni dall’italiano Michelangelo Antonioni per il film “La notte”, nel decennio Sessanta raggiunge la consacrazione con la pellicola “Jules e Jim” del ritrovato Truffaut. Intrapresa nel 1962 l’avventura hollywoodiana, chiamata da Orson Welles sul set de “Il processo”, nello stesso anno gira “Eva” di Joseph Losey. Tornata in patria nel 1963, prende parte al film di Luis Bunuel “Il diario di una cameriera”, seguìto dalla storia rocambolesca della spia “Mata Hari , agente segreto H21” , diretta dal marito Jean Louis Richard. Cimentatasi nella regia (“Lumière”, “L’adolescente”, “Lillian Gish”) , tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta, divorzia da Richrad per sposare il regista americano William Friedkin, dividendosi tra l’Europa e gli Stati Uniti, ingaggiata da Elia Kazan per la pellicola “Gli ultimi fuochi” e da Rainer Werner Fassbinder per la commedia “Querelle de Brest”. Divorziatasi nuovamente, negli anni Novanta è musa dei registi Luc Besson (“Nikita”) e Win Wenders ( “Fino alla fine del mondo”) e , a trentacinque anni dal primo film insieme, di Antonioni ( “Al di là delle nuvole”). Premiata con il Leone d’oro alla carriera alla quarantanovesima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia , con l’ Orso d’oro al Festival di Berlino e con il premio César onorario , nel 2000 cura la regia teatrale di “Un tratto dello spirito”, pièce desunta dal romanzo del premio Pulitzer Margaret Edson ; veste i panni di Marguerite Duras, scrittrice francese sua amica, con la quale da ragazza aveva inciso un 33 giri, in uno spettacolo teatrale diretto da Josee Dayan e recita nello sceneggiato italiano “I miserabili”. Trovata priva di vita dalla cameriera, nella sua abitazione parigina in rue Faubourg Saint-Honoré, la mattina del 31 luglio scorso, se n’è andata nel sonno all’età di ottantanove anni. Omaggiata dal presidente Emmanuel Macron , che in una nota diffusa dall’Eliseo, ha scritto : “Con lei scompare un’artista che incarnava il cinema nella sua complessità , nella sua memoria, nella sua ambizione”, è stata ricordata dai critici con queste parole : “Il caschetto biondo, il sorriso e l’immancabile sigaretta accesa : questa era Jeanne Moreau, icona che ha permesso al cinema francese di fare della sua immagine l’espressione di un intero immaginario. Quello di una cultura mimetizzata nella realtà e negli angoli delle strade , addentrata inesorabilmente nei vissuti delle persone, prima che dei divi. Gazie a personaggi ambigui e tutt’altro che rassicuranti , è stata , inoltre, l’incarnazione di una forte spinta innovatrice. Interprete di più di 100 pellicole , tra gli altri “Jules e Jim”, nel celebre poster del film, con i colori uniti al bianco e nero, è la perfetta sintesi di un’attrice dalle tante sfumature in cui anche il sorriso più spontaneo viene contrastato dalla timidezza di due mani impacciate” .
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