Categories: Cronaca

La camorra si sconfigge con il lavoro e la cultura

CASERTA- È dal 1970 che la camorra ha tentato di impossessarsi in pieno del territorio, riuscendoci, perché ci sono stati anni bui che difficilmente si dimenticano. Va dato atto a un solo ministro degli interni della repubblica di aver messo in atto una difesa del territorio brillantemente fornendo mezzi e uomini alle forze dell’ordine. Le varie catture di latitanti storici sono il frutto di un percorso che Roberto Maroni, l’allora ministro degli interni del governo Berlusconi, posero la prima pietra per porre fine alla latitanza di Antonio Iovine, Michele Zagaria e tanti altri camorristi eccellenti che avevano rivoltato un territorio, oltre a tagliare il potere economico della camorra con imponenti confische.
Operazioni intelligenti di polizia che hanno determinato il ridimensionamento della camorra nell’intero agro aversano e anche della provincia di Caserta. La determinazione di Maroni e il costante sostegno alle forze dell’ordine, ha dato frutti eccellenti. Purtroppo, nonostante questi enormi sforzi, la camorra esiste ancora. Dolorosamente, ma va detto. La camorra è una gramigna che si genera costantemente, anche se la sradichi. Sono anni che si combatte, ma dire che si è estirpata, è soltanto una simulazione di quello che si vorrebbe.
La sua potenza arriva all’apice all’indomani del terremoto dell’Irpinia, quando un fiume di denaro scorreva sulle terre della Campania. La camorra imprenditoriale, che ha ucciso doppiamente il territorio, è partita da quella catastrofe. Da lì è partita anche la grande connubio tra camorra-politica che ha portato alla corruzione. 1970-2017, 47 anni che si combatte la camorra, una guerra infinita, con piccole battaglie vinte, ma una guerra che non si riesce a vincere mai. La storia ci insegna che le mafie non sono un fenomeno solo di oggi, ma partono da lontano, ed hanno avuto un radicamento quasi come se fosse normalità. Se si fanno i conti precisi delle mafie, ormai si può partire dall’unità d’Italia a parlare di malaffare.
Una piaga sociale che non trova fine. Il fenomeno, però, si è talmente radicato dopo la guerra, che ad un certo punto non si capiva più chi era lo stato. La situazione sembrava calmata, però oggi le nuove leva della camorra rialzano la testa e vogliono di nuovo imporre il terrore attraverso attacchi contro chi nei territori lavora. Essa, trova spazio perché ci sono situazioni di degrado e di malessere sociale, che danno una mano a queste nuove leve di riorganizzarsi. Ed è proprio sul malessere e l’ignoranza, che la camorra va a pescare con più facilità.
I nostri territori sono stati leva di forza della camorra, perché è mancata la parte migliore che serve a dare risposte concrete di contrasto al malaffare. Sto parlando del lavoro, la camorra ci sguazza lì dove ci sono esigenze lavorative. La forza vera della camorra è stata la mancanza di occupazione perenne, che sommata ad uno scarso lavoro culturale nei territori, ha dato modo ai camorristi di avere sempre a disposizione nuove leve per i loro traffici illeciti. Sono anni che si assiste a comitati per l’ordine pubblico, a consigli comunali aperti, e tante oltre formule magiche di parole che poco hanno dato alla sconfitta definitiva della camorra. Nessuna istituzione, partendo dai governi centrali, passando per la regione, per finire all’ultimo dei comuni, si è preoccupato di creare lavoro al sud. Nessuno ha mai rivendicato il diritto di costruire le stesse opportunità lavorative del Nord. Forse è cosa voluta, perché non si spiega il perché ancora oggi le terre della Campania corrono dietro al problema lavoro.
La camorra si sconfigge solo se si creano le condizioni di lavoro, e si apre una porta grande sulla cultura. Ciò permette di dare dignità a chi l’ha persa o non l’ha mai avuta, mettendo a riparo le persone da richieste succulente che possono arrivare dalla camorra quando i soggetti sono in difficoltà economiche. L’altro portone che si deve aprire, è quello della cultura. Ciò permette alle nuove generazione di conoscere in pieno il fenomeno camorristico, capire i danni che né derivano, e ripudiare la camorra come si ripudia la guerra. La cultura è il primo gradino da costruire per portare alla fine di un sistema che fa tesoro sull’ignoranza degli altri. La camorra gode sulla disperazione delle persone, più sono disperate, più la camorra trova terreno fertile.

Redazione

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