Molte famiglie sono in difficoltà anche per mettere due piatti sulla tavola. Rinunciano a tutto, anche a curarsi. In molti casi anche le utenze domestiche vengono staccate, perché le bollette sono aumentate a dismisura e non sono più in grado di pagarle. Le famiglie rinunciano a tutto pur di difendere la loro dignità, a volte ci riescono a volte si arrendono definitivamente. Ma chi continua ad avere ancora i paraocchi è la classe dirigente, che mai prendono provvedimenti seri per fermare questa catastrofe. Tutti, nessuno escluso.
Per molte famiglie il problema principale è il lavoro. C’è chi l’ha perso, chi stenta a ritrovarlo, chi per motivi di salute è costretto a non poter lavorare. Per queste famiglie diventa un inferno sopravvivere. Qualcosa l’ha fatta il reddito di cittadinanza che ha dato la possibilità a diverse famiglie di poter avere a disposizione risorse per poter mangiare e pagare le utenze domestiche.
Quasi un italiano su quattro è a rischio povertà, e i numeri sono destinati a salire, un valore che non era mai stato così elevato dalla fine degli anni ’80. Nel 2016 la quota di persone a rischio di povertà è salita al 23%, un livello molto elevato” e il più alto dal 1989, anno di inizio delle serie storiche dello studio. Il rischio di povertà “è più elevato per le famiglie con capofamiglia più giovane, meno istruito, nato all’estero, e per le famiglie residenti nel Mezzogiorno.
È proprio il sud paga il prezzo più alto di questa crisi delle famiglie, poiché il meridione ha una spina nel fianco che non riesce a togliere, e si chiama lavoro. Al sud la sopravvivenza è l’unica possibilità esistente. Non esiste un lavoro sicuro, esiste quel modo che regna dal dopoguerra, che è l’arte di arrangiarsi.