Sab. Set 30th, 2023

Febbraio 1981. Roma, Via Veneto. Un sole sbiadito illumina con raggi smunti alberi spogli, privati delle foglie da una folata di implacabile Grecale. A bordo di una Vespa  Cinquanta Special, il regista Gianfranco Mingozzi percorre il viale rettilineo de “La dolce vita”. I bar alla moda, i caffè e i ristoranti esclusivi sono chiusi per via dell’ora mattutina, ma è facile scorgere dietro le saracinesche  o sui marciapiedi che lambiscono la strada, le sagome di celebrità nostrane e internazionali, impegnate a conversare, bevendo bollicine alcoliche in calici di cristallo.

Altrettanto possibile è, poi, intravedere, sulla soglia di una grande albergo, il fantasma di Richard Burton intento a duellare con un “paparazzo” invadente e spregiudicato, pronto a tutto pur di consegnare alle prime pagine di rotocalchi rosa scatti che ritraggono il protagonista de “La bisbetica domata” in vacanza nella Capitale, in compagnia dell’inseparabile moglie, l’icona del grande schermo, Elizabeth Tylor.

Ma gli occhi della fantasia sono soliti abbellire ciò che la realtà, con la sua cruda durezza, immiserisce: quindi, ecco apparire all’ingresso del medesimo hotel a cinque stelle, un’anziana ricurva, come il bastone che impugna e a cui si appoggia, mentre nutre e dà da bere a un branco di gatti randagi, resisi , per l’occasione, sornioni e ruffiani.

Scene di ordinaria e quotidiana solitudine, che poco o nulla hanno a che vedere con i fasti e i luccichii del patinato mondo del cinema”, pensa tra sé il regista ritardatario, costretto dal semaforo rosso e rallentare e a interrompere la corsa. Ripartito al segnale verde, a marcia ingranata, raggiunge la sua destinazione: una casa di riposo per artisti.

Posto in sosta il veicolo a due ruote ed entrato nella lussuosa residenza per signore e signori della terza età, chiede alla segretaria, in  reception , della direttrice con cui , nei giorni precedenti , ha fissato un appuntamento.

Attenda pura nella stanza in fondo a destra, la direttrice arriverà a momenti!”, replica la segretaria.

 La visione della sala-visite,simulante ,in modo fin troppo artificioso,  il salotto di un’abitazione alto-borghese , con tele dipinte a olio appese alle pareti e con poltrone rivestite di velluto, suscita nell’uomo una triste amarezza,  repentinamente annegata nel ricordo della scena di un film in cui l’attore Alberto Sordi , cinico maestro di musica , percuote  con una bacchetta , al minimo errore,  il capo canuto delle sue anziane allieve.

Il pensiero divertente svanisce quando la distinta amministratrice , aperta d’un tratto la porta, gli si fa incontro, presentandosi : “Benvenuto signor Mingozzi !. Mi confermi se ho compreso quanto spiegatomi da lei al telefono la scorsa mattina: dunque,vorrebbe incontrare la signora Bertini per proporle di collaborare alla realizzazione di un film-documentario sulla sua esperienza di attrice del Cinema muto ?”.

Il regista , interrogato , annuisce e la direttrice continua a chiedere , ” Ebbene,  qualora la signora dovesse accettare, è mio dovere avvisarla che , a una costante lucidità, alterna istanti di oblio. Insomma: non si preoccupi, se a un ‘apparente padronanza di sé dovesse seguire uno stato …come dire ? … confusionale! . Sa, con gli anziani bisogna aver pazienza ed essere rispettosi ,quindi : l’assecondi …l’assecondi! …e mi raccomando, non abbia timore!. Ora,, aspetti qui il suo arrivo e , in caso di emergenza , faccia riferimento all’infermiera che l’accompagnerà . Con permesso ! ” . 

Trascorsi un paio di minuti ,l’ex diva del Cinema muto italiano fa la sua comparsa , insieme all’operatrice sanitaria  e , adagiatasi su  una sedia ,posta di fronte a Mingozzi , inizia a discorrere : “Buongiorno  giovanotto ! e così lei vorrebbe girare una pellicola sulla mia vita ? ; allora , interessa ancora a qualcuno? ” .

“Buongiorno signora Bertini ! ; non comprendo il suo stupore: lei è stata , è, la prima vera stella del Cinema italiano!” , replica entusiasta l’artista.

“Ha visto quanti fiori ci sono, quanti fasci di rose rosse ? . Sono i miei ammiratori a inviarmeli, sa?, sono tutti uomini altolocati : marchesi , conti , principi , perfino il duce !”, esclama la Bertini .

Ah !, non lo metto in dubbio ; lei è una donna affascinante , piena di charme ! ” , commenta  Mingozzi .

Sai Gustavo , sono felice di aver lavorato con te !. Questo film : “Assunta Spina” , è venuto proprio bene ! . Lo sapevo che il pubblico e i critici , vedendolo, sarebbero rimasti entusiasti…non poteva andare diversamente ! ; del resto, tu hai seguito alla lettera ogni indicazione che ti ho dato. Ho sempre pensato , fin dal primo giorno che ci incontrammo , che fossi un uomo intelligente!….non come quegli incompetenti che mi hanno diretta finora, convinti di saperne qualcosa di Cinema !… Senti caro, tu ricordi che alle cinque ho il consueto appuntamento con le amiche per prendere il tè ; pensi che al tuo autista non spiacerà venire a prendermi alle sei , vero ?… ” .

“Ma ,scusi signora Bertini , di cosa sta parlando ? , a cosa si riferisce? , non capisco ! ” , obietta , spaesato, il cineasta .

Non si spaventi , la direttrice è stata chiara …l’assecondi, è un momento !” ,interviene l’infermiera, aggiungendo : “Le dice così , perché da ieri  mattina  si è  convinta di essere stata invitata a una festa in suo onore, che si terrà questa sera !. La signora, informata dalla direttrice che un regista avrebbe desiderato parlarle , ha rielaborato la notizia ,associandola a un suo vecchio collega … faccia finta di niente, vedrà che si riprenderà da sola !” .

“Sì , Francesca , stai tranquilla , con l’autista parlerò io …verrà alle sei in punto , come vuoi tu !…” , la rassicura Mingozzi .

Ma come si permette , screanzato , di darmi del tu ? …Eh, ho ragione io quando dico che i giovani artisti sono presuntuosi e maleducati!. Senta , facciamola finita , è  da un quarto d’ora che siamo qui e non ho ancora la benché  minima idea di che cosa voglia da me ? ” .

“Mi presento , allora: mi chiamo Gianfranco Mingozzi , faccio il regista e vorrei che mi aiutasse nell’elaborazione della sceneggiatura di un film che la riguarda , dal titolo : “Francesca Bertini . L’ultima diva”, spiega ,il giovane operatore.

Stasera , carissimo Gustavo, voglio essere bellissima !. Ieri, mi è arrivato ,dritto dritto da Parigi , il cappello di tulle che ho commissionato a una modista francese di grande talento…vedrai se a quella vipera della moglie del conte Negroni non roderà il fegato dall’invidia !. Quel taccagno del marito si è invaghito di me , corteggiandomi a lungo , ma io l’ho rifiutato ,perché a me , gli uomini avari e  spilorci non sono mai piaciuti ! . Senti caro, riguardo il progetto di cui mi parlavi …quello di una pellicola interamente dedicata alla mia vita , lo trovo divino ! . E pensare che avevo in mente di scrivere un’autobiografia che avrei intitolato : “In penombra . Sensazioni e ricordi ” …lo vedi, caro, siamo in perfetta sintonia ! . Adesso ,però , bisogna proprio che vada , ho già sottratto troppo tempo alla mia toletta! . Non vorrai che questa sera sfiguri per colpa tua? . Sii comprensivo : devo truccarmi, pettinare i miei lunghi capelli, scegliere il vestito …no, non posso far brutta figura,ci sarà tanta di quella gente…l’intera Roma che conta!. Caterina , tesoro…” , guarda fisso negli occhi l’infermiera , che le sta accanto, “Andiamo su , non stare lì impalata ! ; la dama di compagnia di un’attrice non può essere meno bella della  dama di una principessa, perciò , stasera , al ricevimento, dovrai presentarti in ordine anche tu ! ….Ciao caro, stammi bene , eh? ….e mi raccomando: scrivi…scrivi , che ,poi, leggerò e sarà un altro successo !…” .

“Venga signora Bertini , si appoggi a me , andiamo …andiamo a farci belle !”,l’esorta ,con voce pacata, l’operatrice sanitaria.

Ancora un attimo cara !” ,indugia l’attrice, richiamando l’attenzione del regista , ” Giovanotto !… ascolti , se è proprio convinto di occuparsi della mia biografia e di dedurne un film ,mi usi la cortesia di intitolarlo : “Francesca Bertini , la Duse dello schermo ” ,  ci terrei tanto!” .

“Sarà fatto, signora! ” , promette , soddisfatto,  Mingozzi.

Arrivederci ,Gustavo , a stasera ! “ , si congeda la Bertini , allontanandosi a passi piccoli e lenti, sotto il braccio della fidata Caterina.

L’insicuro ed esitante regista , in quello stesso anno ,riuscì a realizzare il suo documentario per la televisione , ma non a mantenere la promessa  fatta alla “Diva imperiale” , di usare il titolo da lei proposto. Così , sul canale Uno della RAI , andò in onda la monografia in versione audiovisiva: “Francesca Bertini. L’ultima diva” .

Volitiva e ostinata , se ciò fosse accaduto ai tempi della sua giovinezza , Francesca Bertini, avrebbe battagliato fino a ottenere una rettifica, come confermano le parole del regista di film muti Gustavo Serena : “La Bertini ? e chi poteva fermarla!. Era così esaltata dal fatto di interpretare la parte di “Assunta Spina “, che era diventata un vulcano di idee, di iniziative, di suggerimenti. In perfetto dialetto napoletano organizzava, comandava, spostava le comparse , il punto di vista , l’angolazione della macchina da presa e se non era convinta di una certa scena , pretendeva di rifarla secondo le sue vedute ” .

 Francesca Bertini , pseudonimo  di Elena Seracini Vitiello, nata a Firenze il 5 gennaio del 1892, la determinazione dimostrò di averla  fin da adolescente, quando dovette affrontare la verità sulle sue origini di figlia adottiva della coppia di teatranti  Salvatore Arturo Vitiello e Adelaide Frataglioni e il tracollo finanziario  che mise a dura prova l’unità della famiglia.

Il padre ,infatti, viveur napoletano, amante del gioco e assiduo frequentatore di casinò dilapidò l’intero patrimonio lasciatogli in eredità dal padre , agiato commerciante  di tessuti,  e fu ,perciò, osteggiato dai nobili suoceri fiorentini, che lo costrinsero a far ritorno a Napoli, in cambio di una cospicua rendita.

La giovane Elena , in visita assidua nella città paterna ,si scoprì affascinata dal teatro dialettale e dall’ambiente dei “commedianti” al punto di decidere di intraprendere la carriera d’attrice . Numerose furono le farse recitate per le compagnie itineranti : “Renzi ” e “Camponi” ,prima di approdare alla compagnia stabile del commediografo Eduardo Scarpetta, che ne propiziò l’esordio sul grande schermo.

Nel 1908, notata dall’impresario cinematografico Girolamo Lo Savio durante una rappresentazione teatrale , fu scritturata dalla  “Film d’Arte”, casa di produzione romana di proprietà di Ugo Falena, per cui girò , fino al 1912 , le pellicole mute , di genere drammatico-sentimentale : “Il Trovatore”, diretta da Louis Gasnier“Re Lear”, adattamento dell’ impresario  Girolamo Lo Savio, “Salomè”, “Tristano e Isotta” , “Romeo e Giulietta” , concertate dallo stesso produttore Ugo Falena.

Incarnato l’ideale di una femminilità torbida e tentatrice , già diffusosi in Europa grazie al film “Abisso” , interpretato dall’attrice  Asla Nilsen , divenne per le donne italiane del primo ventennio del Novecento, un’icona di stile da emulare negli atteggiamenti e nell’abbigliamento e,  per gli uomini, l’oggetto di un desiderio morboso e distruttivo.

Fra i ricchi e insistenti corteggiatori dell’attrice ,si distinse il conte Baldassarre Negroni, produttore e regista , proprietario della “Celio film”, il quale propose alla “Bruna bellezza italica”, un contratto per la realizzazione di una decina di pellicole .

Eroina romantica in “Histoire d’un Pierrot” e amante ambigua in “L’amazzone mascherata”, nel 1914 interruppe la collaborazione con il titolato , oberato dai debiti, ottenendo  un nuovo ingaggio dalla “Caesar film”, per impersonare la capricciosa “Nelly la gigolette”, diretta dal collega attore Emilio Ghione.

Il grande successo di pubblico , però , arrivò soltanto nel 1915 con il film , tratto dall’atto unico del poeta e drammaturgo partenopeo Salvatore Di Giacomo :“Assunta Spina” , storia di soprusi e femminicidio. La sua recitazione naturale, realistica e misurata e le qualità drammatiche mostrate  smentirono la cattiva fama di “attrice eccessivamente enfatica ” accreditata presso i critici, che avevano coniato , apposta per indicare le pose esasperate dell’attrice , il termine : “bertineggiare”. Acclamata da folle in visibilio , diventò bizzosa ,imponendo ai produttori compensi che includessero il rimborso delle spese da lei sostenute per acquistare vestiti su misura da sfoggiare a ogni cambio di scena o per soggiornare in costosi hotel , nelle cui sale intrattenersi a conversare e a bere il tè , interrompendo puntualmente, a tal scopo, il lavoro sul set.

Convinta di possedere un talento di autrice , nel 1916 curò la sceneggiatura della pellicola : “La perla del cinema”, diretta da Giuseppe De Liguoro; la storia dell’ingenua contadina trasformatasi in stella del Cinema non convinse né gli spettatori né la critica e la Bertini  tornò alla recitazione , calandosi nei panni di alcune eroine disperate dei romanzi  come Margherita Gautier ne “La signora delle camelie “ , tratto dall’omonimo testo di Alexander Dumas, e delle opere liriche , tra cui : “Tosca” , tratta  dall’omonimo dramma musicale del compositore Giacomo Puccini.

Nel 1919 , reduce dalle felici interpretazioni dei film : “Il processo Clèmenceau” “Malìa” , dei registi Alfredo De Antoni ed Eduardo Bencivenga , fondata la “Bertini film”, produsse la pellicola a episodi: “I sette vizi capitali” , con soggetto desunto dall’omonimo romanzo d’appendice del francese Eugène Sue.

Il consenso della platea maschile , entusiasta della figura conturbante dell’attrice , non servì a persuadere i critici della validità dell’opera , che venne recensita negativamente. L’insuccesso costò alla “prima donna del muto” un esaurimento nervoso e il ricovero in una clinica,  dalla quale fu dimessa soltanto nel 1920 , anno del suo ritorno sul set ,caldeggiato dal regista Roberto Roberti , che la volle come protagonista austera e ferale dei drammi :“Anima allegra”, “La serpe”, “La contessa Sara” , “Marian, artista di caffè -concerto”, “Amore vince amore”, ” La giovinezza del diavolo” .

Poi , l’8 agosto del 1921 sposò il banchiere svizzero Paolo Cartier , per amore del quale abbandonò la recitazione, rifiutando un contratto milionario propostole dall’ americana “Fox”.

Incuriosita dalla nuova tecnica del sonoro, riapparve sul grande schermo nel 1931 per interpretare  : “La donna di una notte “, versione italiana del film francese di Marcel Liherbier  “La femme d’une nuit”, diretta dall’italiano Amleto Palermi .

Delusa dallo scarso successo riscosso dalla  sua “performance parlante”,  abbandonò il mondo del Cinema , offrendo ai suoi numerosi sostenitori  il dono di un’ultima apparizione nella pellicola celebrativa della “silent era”: “Quando eravamo muti” , del regista Riccardo Cassano .

Stabilitasi in Spagna , riprese la carriera di attrice teatrale interrotta in gioventù, suggellata dal trionfo della rappresentazione de : “La signora delle camelie” . Nel 1957 , di ritorno nel Belpaese ,non si sottrasse all’interpretazione di ruoli-cameo in pellicole neorealiste come “A sud niente di nuovo” di Sergio Pastore o in kolossal nostrani ,quali : “Novecento” di Bernardo Bertolucci.

Rimasta vedova, dopo un breve soggiorno in una casa di riposo per artisti,  fece ritorno nella sua abitazione romana , dove si spense il 13 ottobre del 1985.

Un critico “,scrisse la Bertini nei cartigli delle sue memorie , “Ai tempi del muto , disse di me ,che, con le mie interpretazioni , ero riuscita a tradurre il movimento in emozione, in un’avventura , che fu la sua magia di una sera .Non so se ,quanto scritto da questo signore ,corrispondesse al vero ; so soltanto che le mie interpretazioni erano molto spesso annunciate con una laconica frase scritta a lettere cubitali all’ingresso dei cinematografi : “Stasera Francesca Bertini” e che magnifici regali mi pervenivano da ammiratori, copiossissimi in tutte le parti del mondo . Dal Giappone , una volta, le allieve di un signorile educandato mi inviarono un’intera collezione di bambole. La mia casa si dimostrava ormai troppo piccola per contenere tutti gli omaggi che ricevevo. L’intera giornata della mia segretaria era assorbita dalla lettura delle missive e dei giornali . Mentre la corrispondenza più numerosa era quella spagnola, la prosa giornalistica più calorosa fu sempre quella nord-americana. Un quotidiano di St Louis mi definiva : “The most beautiful woman”, la più bella donna d’Europa ; un periodico dell’America del sud bandì addirittura un referendum fra i suoi lettori per stabilire quale fosse la più grande attrice del Cinema mondiale. Il mio nome , che si trovò in lizza con quelli di Gloria Swanson  e Mary Pickford , risultò trionfalmente vincitore. Una rivista cinematografica di Boston , invece, concluse la pagina  che mi aveva dedicato con un profetico : “Bertini forever” .