ROMA- È inutile raccontare barzellette in TV o nei vari incontri istituzionali, Renzi la dovrebbe smettere di prendere in giro il popolo italiano, perché i dati sono quelli che parlo sullo stato di salute della nazione Italia che, ormai, è sull’orlo di collassare. Le famiglie continuano a non spendere, mentre le attività imprenditoriali, piccole e medio grandi, continuano ad abbassare le saracinesche.
Ed ecco che un rapporto diffuso dalla Filcams-Cgil dimostra come la situazione non sia per niente come dice Renzi: la spesa media mensile delle famiglie nel 2015 risulta inferiore del 6,3% rispetto al 2008 e del 2,9% rispetto a dieci anni prima. La spending review familiare ha riguardato innanzitutto la voce che raggruppa il vestirsi, il prendersi cura di sé e l’andare in vacanza, con un taglio della spesa pari al 18,5% sempre rispetto all’anno di inizio della crisi (scendendo a 264 euro al mese nel 2015 dai 324 euro mensili del 2008). A diminuire è anche la spesa per la salute, l’istruzione e l’informazione, abbattuta del 10% (da 140 a 126 euro mensili). Quella per mangiare e abitare, sempre secondo il rapporto, perde il 2% (da 1.469 a 1.440 euro). L’80% delle famiglie nel corso del 2015 ha pianificato e fatto acquisti nei periodi in cui i prodotti erano in offerta o in saldo. Cercare il miglior prezzo, fare scorte quando il prodotto è in offerta, comprare articoli usati, nei discount o negli outlet, ricorrere agli acquisti online è la strategia che sempre più spesso viene messa in campo dalle famiglie.
Dal rapporto emerge anche che sette famiglie su dieci hanno cambiato standard di consumo. E che il 29% dichiara consumi inferiori alle sue necessità reali, non riuscendo quindi a soddisfare tutti i bisogni effettivi. Il 30% delle famiglie verifica prima online i migliori prezzi di vendita dei prodotti alimentari che andrà a comprare, percentuale che sale al 63% quando si tratta di generi non-alimentari. In particolare il 5% delle famiglie ha abbassato il livello di qualità dei prodotti alimentari che acquista, il 34% ha tagliato sulla quantità, mentre il 19% ha ridotto sia qualità sia quantità. Ancora più netti i cambiamenti che riguardano la spesa non alimentare: il 5% ha ridotto la qualità, il 42% la quantità e il 26% qualità e quantità.