Qualsiasi forma di sviluppo nel sud Italia è sempre fermata dallo strapotere delle mafie. A partire dalla camorra campana, la sacra corona unita, la n’ndrangheta e la mafia siciliana, da sempre hanno fermato lo sviluppo economico del mezzogiorno. Mafie che nell’ultimo trentennio hanno messo radici anche nel nord Italia, con metodi diversi, ma hanno concentrato l’attenzione anche lì. Oggi viene ricordata la strage di capaci del 23 maggio 1992, dove persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti di scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.
“Magistrati come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino hanno demolito la presunzione mafiosa di un ordine parallelo, svelando ciò che la mafia è nella realtà: un cancro per la comunità civile, una organizzazione di criminali per nulla invincibile, priva di qualunque onore e dignità”. Così il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in una dichiarazione in occasione del 31/mo anniversario della strage di Capaci.
Tutte le attenzioni devono essere concentrare per demolire definitivamente tutte le mafie. Esse sono come le gramigne: ricrescono sempre. Estirpare le radici significa porre fine a un sistema malavitoso che ha tentacoli dappertutto e, spesso, fermano i processi di sviluppo e progresso. Il sud Italia è la maggiore vittima di questi sistemi malavitosi. Oggi le mafie non sparano più come prima, sono diventate più professionali e vanno alla ricerca di opportunità differenti dal vecchio trascorso storico. Vanno annientate, affinché la parte bassa del paese possa riprendere un cammino fermato, appunto, dallo strapotere mafioso.