Gio. Dic 7th, 2023

Autunno 2023. Napoli. Via Partenope. All’ingresso di Castel dell’Ovo, due amici ed ex colleghi geometri, da poco in pensione, si ritrovano per una passeggiata domenicale, con vista sul mare.

“Augu’, ma tu la vedi questa città ?…Napoli sembra sempre la stessa, eppure è così cambiata…Augu’, ma tu lo sai che l’altro giorno, di ritorno da una commissione alle Poste, ho pensato bene , invece di tornare subito a casa,  di  farmi un giro per il Vomero…Ma tu lo sai che erano anni che non ci tornavo?…almeno dagli inizi del Duemila…e tu lo sai che un sacco di piccoli negozi e botteghe storiche di quel quartiere, di cui ero un cliente affezionato, hanno chiuso?…Eh, ti confesso, Augusto mio, che vedere quei negozi sfitti, vuoti e abbandonati, in attesa di trovare un acquirente, ha suscitato in me ,una tale malinconia,  da farmi venire la voglia di scappare via da questa città!…”, confessa, Giancarlo, all’amico Augusto.

“Eh, Gianca’, scappare?…ma per andare dove?…Noi, ormai, come dice sempre mia nipote, “c’abbiamo un’età”, siamo anziani…dove andiamo?…E poi, sai che ti dico, che sono i tempi ad essere cambiati, non la città!…Sono i tempi a non essere più i nostri, a non appartenerci più…ed è per questo, che, oggi,  non ci riconosciamo nelle strade, nelle piazze, nei quartieri!…Alla fine, credimi, ogni mondo è paese…due anziani come noi, di Milano, Roma, Torino o di qualunque altra città, potrebbero dire la stessa cosa …Sono i valori, i costumi, ad essere cambiati!… e questo vale da Nord a Sud, passando per il Centro…E’ la società a non essere più quella di una volta, quella in cui siamo cresciuti noi, in cui siamo stati giovani,  siamo diventati mariti, padri e pure nonni!…”, constata, Augusto.

“Augu’, quindi, che cosa dovremmo fare?…Di fronte al senso di smarrimento, alla confusione, a quella sensazione di distanza, a quel senso di estraneità dalle cose e dalle persone, come ci dovremmo comportare, secondo te?…”,  domanda all’amico Augusto, Giancarlo.

“Gianca’, tu mi chiedi che cosa dovremmo fare?…Niente!…Solo vivere e lasciarci vivere!…E poi, ma tu lo hai visto, sì, dove abitiamo?, in una delle città più belle del mondo!…Si , è vero , è una città complicata, difficile, tiene un sacco di problemi atavici e  irrisolti…ma quale città, oggigiorno, non ne tiene?…E poi, la sua arte, la cultura, la canzone napoletana…Insomma, Napoli, è di una bellezza che riempie e scalda il cuore…e tutti i suoi guai,guardando  la luce del suo cielo e del suo mare, sembrano sparire, sembrano tutti essere risolvibili: basterebbe che noi cittadini, per primi, ci mettessimo impegno e  serietà!…”,suggerisce Augusto, all’amico Giancarlo.

“Augu’, ancora con questa storia della bellezza, del cielo, del mare?…ancora con questo quadretto oleografico?…Ma lo vuoi capire che non basta, non basta più!…Ai nostri figli, ma soprattutto ai nostri nipoti, che gli lasciamo, il panorama?…”, esclama Giancarlo.

“Gianca’, non essere così cinico, così pessimista e disfattista!…Lo sai che, anche a me non piacciono i luoghi comuni su Napoli, ma la sua bellezza è qualcosa di più , è un valore aggiunto da cui poter ripartire per un nuovo sviluppo, per una nuova “rinascenza” , anche economica e sociale, della città, se solo ci credessimo e ci impegnassimo tutti, davvero,  in tal senso!…Senti, Gianca’, ma tu te lo ricordi il compositore Libero Bovio, il “re di Piedigriotta”?…Te la ricordi la sua canzone più celebre, “’O paese d’o sole”,, come faceva?…”, domanda Augusto, all’amico Giancarlo.

“E come no,Augu’, certo che me lo ricordo!…”, risponde Giancarlo, canticchiando: “Chiest’ è ‘o paese d’ ‘o sole, chiest’ è ‘o paese d’ ‘o mare/ Chiest’ è ‘o paese addò tutt’ ‘ e pparole, sò doce, so amare/ sò sempe parole d’ammore!””.

“Oggi, stò tanto allero ca quase quase mme mettesse a chiagnere pe’ ‘sta felicità”. Così, con questo verso, comincia una delle canzoni più celebri del repertorio classico napoletano: “ ‘O paese d’ ‘o sole”, scritta dal poeta, scrittore, drammaturgo e giornalista, Libero Bovio, su melodia di Vincenzo D’Annibale.

Nato a Napoli, l’8 giugno del 1883 da Giovanni ,filosofo e politico ,originario di Trani (Bari) e, da Bianca Nicosia , maestra di pianoforte , sebbene appassionato di musica e di teatro dialettale , asseconda le volontà della famiglia , frequentando una scuola tecnica , che, però, abbandona a causa delle ristrettezze economiche seguite alla morte del padre.

Quindi, entrato come redattore nel quotidiano cittadino, il “Don Marzio”, con cui collabora scrivendo novelle,  racconti e poesie, ben presto, lascia anche questo impiego per lavorare presso l’Ufficio Esportazioni del Museo Archeologico.

Ciò, infatti, garantendogli un guadagno sicuro , gli consente di non rinunciare definitivamente alle sue passioni e alle aspirazioni artistiche. Nella prima metà del Novecento, idea i primi bozzetti drammatici in dialetto napoletano e, nel 1902, raccolto il consenso del pubblico con lo spettacolo d’esordio “Chitarrata”, portato in scena al Teatro Mercadante dalla compagnia di Francesco Stella, replica il successo con la pièce “Mala nova!”, in cui , pur seguendo i canoni del  teatro dialettale  d’Arte, tenta di superare le convenzioni tradizionali.

Teorico, insieme con diversi scrittori e critici,  di un teatro napoletano originale, non contaminato dagli adattamenti di pièces e pochades francesi, in contrapposizione con il repertorio di Eduardo Scarpetta, ispirato a quello d’Oltralpe, nel 1905/1906, affida alla compagnia diretta da Gennaro Pantalena la messa in scena del dramma “Casa antica”, rappresentato presso il Teatro Montecalvario, cui segue nel 1907 la commedia “Gente nosta”, scritta con Ernesto Murolo e rappresentata presso il Teatro Sannazaro dallo stesso Scarpetta.

Affermatosi tra le figure di rilievo del teatro partenopeo, fra il 1911 e il 1936, cura la messa in scena di drammi e commedie di ambientazione piccolo-borghese, come: l’atto unico “So’ diece anne”; l’opera “La coda del diavolo”, pubblicata con il titolo “Spirto gentil” e tratta dalla omonima commedia di Giovanni Verga; “Malia”, adattamento in napoletano dell’opera omonima di Luigi Capuana; “Vincenzella”,  ispirata al romanzo “Scènes de la vie de bohème” di H. Murger; “Pulecenella”; ‘O professore” e “ ‘O macchiettista”.

Tuttavia, la vera popolarità arriva soltanto grazie all’attività poetica  e alla canzone napoletana. Realizzato nel 1909 il primo successo, dal titolo:  “Canta pe’ me”, con musica di Ernesto De Curtis,  negli anni della “Grande guerra ” (1915-1918) , ispirato dalla tragedia di Caporetto , Bovio compone la poesia : “Surdate”, poi musicata da Evemero Nardella , il cui successo ne certifica l’approdo alla professione di “autore di canzoni” in dialetto e in lingua  italiana.

Stretto un sodalizio artistico con lo stesso Nardella, dà vita a canzoni-monologo, che richiedono ai cantanti e alle cantanti doti di attore/attrice, quali: “Canto p’ ‘a luna, ‘A serenata”; “Guapparia”, con musica di Rodolfo Falvo, cui seguono canzoni con temi meno realistici e più poetici come la barcarola “ ‘Ncopp’ ‘a llonne” , ispirata a un  repertorio di immagini dell’Ottocento , “ ‘A serenata ‘e Pulecenella”,in cui ricorda maschere e figure tipiche di Napoli e “Zingariello”, musicata da Pasquale Frustaci, ispirata al personaggio del posteggiatore  Giuseppe  Di Francesco.

Entrato a far parte della casa editrice “Polyphon Musikwerke”, fino al 1915 vi pubblica molteplici brani di successo, come: “’A canzone ‘e Napule” e “Napule canta”, finché , scoppiata la Prima guerra mondiale e, separatosi dall’editore tedesco Weber, passa ,dapprima alla casa editrice “La Canzonetta” e poi a quella di Emilio Gennarelli e alla Santa Lucia di Antonio De Martino.

Fra il 1917 e il 1925,  con la collaborazione dei musicisti  Francesco Buongiovanni, Enrico Cannio, Ernesto de Curtis , Rodolfo Falvo,  Gaetano Lama , Nicola Valente, Vincenzo D’Annibale , Ernesto Tagliaferri e  lo stesso Evemero Nardella , scrive i testi di : “Tu ca nu chiagne”, “Passione”, “Silenzio cantatore” , “Reginella” , “Chiove” , “ ‘O paese d’o sole” (quest’ultimo,considerato uno dei suoi capolavori, inno all’amore e alla gioia di vivere nello scenario di una Napoli e di un’Italia arcadiche e ridenti) , “Lacreme napulitane ” , “Cara piccina” , “L’addio” e “Signorinella” (tra i testi scritti in italiano, insieme con “Pallida Mimosa” e  “Cara piccina”, esempio di poesia crepuscolare, piena di echi nostalgici).

In queste canzoni, si  rievocano vicende romantiche , pervase di malinconia e si descrivono scene di vita quotidiana sullo sfondo di una Napoli, ora luminosa e gioiosa, ora  cupa, drammatica e violenta,  in cui i personaggi  vivono vicende attraversate da una struggente nostalgia e dalla solitudine , tratteggiate dalle note di melodie dolci e ariose , ma anche incalzanti e tese, che sposano un testo fatto di un lessico realistico.

Autore capace di dare voce a sentimenti patriottici, Bovio scrive: la  “Canzone garibaldina”, musicata da Rodolfo Falvo ed eseguita dalla cantante ed attrice di varietà ,Elvira Donnarumma, cui nel 1923 affida l’esecuzione di “Chiove”, su musica di Nardella, tra i suoi brani più ispirati e malinconici;  il “Canto del lavoro”, su musiche di Pietro Mascagni , eseguito nel 1928 al Teatro San Carlo e delle “tammurriate”, ovvero canzoni dal ritmo vivace e dalle melodie tamburellanti, d’origine spagnola, come : “Tammurriata d’autunno”.

Nel 1934, insieme con i compositori Gaetano Lama, Nicola Valente ed Ernesto Tagliaferri, fonda la casa editrice “La bottega dei quattro”, scioltasi ,però, con la loro scomparsa.

Sposatosi nel 1919 con Maria Di Furia , madre dei suoi due figli , nel 1941 , dopo aver pubblicato la raccolta di versi “Io  e i napoletani”, ironica e arguta descrizione della vita quotidiana di personaggi schietti e vivaci, e la raccolta di novelle dal tono satirico e umoristico “Don Liberato si spassa”, in cui emergono richiami alla canzone napoletana antica,   si manifestano  le avvisaglie della malattia che lo conduce alla morte il 26 maggio del 1942.

Nel suo studio , sullo scrittoio in noce , rivestito di un centrino di merletto, lascia un quaderno sui cui fogli , qualche ora prima di morire, aveva appuntato i versi di un ‘ultima poesia , indirizzata alla moglie, poi musicata da Vincenzo D’Annibale :  “Addio Marì / Canzona d’ ‘e ccanzone / Luce e compagna ‘e tutt’ ‘a vita mia./ “Addio” te dico senza cante e suone / Sulo cu ll’uocchie d’ ‘a malincunia . / I’ lasso ‘o mare , tu ce pienze ? , ‘O mare / ‘O mare d’oro nun ‘o veco cchiù ./ E cchiù nun veco ll’albe chiare chiare / Ch’erano fresche comm’a giuventù./ Addio Marì ,Maria salutammella Napule pe’ mme. / Dille ch’è stata a passione mia! ./ Dille ca ll’aggio amata quant’ a te! ./ Maria , sì stata ‘a vita d’ ‘e ccanzone , e mò sì ‘a vita ‘e chi non ce sta cchiù./ I’ moro ‘mbracci’ a te / nun te n’adduone? Ca i’ canto e moro sott’ ‘o cielo blu. / E moro e canto: “Napule, sì bella! / e ‘o popolo sultanto è degno ‘e te ./ Napule , sì ‘na rosa , sì ‘ na stella ca luce comm’a cche ./ Addio Marì ,Maria, salutammelle Napule pe’ mme!. / Dille ch’è stata ‘a passiona mia! ./ Dille ca ll’aggio amata quant’ a te! ” .

N.B. Si precisa che i fatti raccontati sono frutto di una ricostruzione fantasiosa della giornalista , pur traendo spunto da dati biografici reali.

Per la biografia, citazioni e fonti: Enciclopedia Treccani-Dizionario Biografico degli italiani-Vol.13(1971), di Raoul Meloncelli. Bibl.: Necrologio, in Il Giornale d’Italia, 27 maggio 1942; F. Dell’Erba, Cordoglio di Napoli per la morte di L. B.,ibid. 28 maggio 1942; E. P., La morte di L. B., in Il Corriere della Sera, 27 maggio 1942; V. Talarico, Ricordando L. B., in Il Secolo XIX, 29 maggio 1943; G. Villaroel, L. B. il generoso diffidente, in Il Giornale d’Italia, 1º febbr. 1951;G. Marotta, Don Liberato, in Il Corriere della Sera, 26 maggio 1952; C. Costagliola, pref. all’ed. di Mala nova!, Napoli 1903; A. Tilgher, La poesia dialettale napoletana (1880-1930), Roma 1930, pp. 51-59; G. Somma, L. B., in La Lettura, sett. 1942; F. Flora, Storia della letteratura italiana, III, 2, Il Novecento, a cura di L. Nicastro, Milano 1947, pp. 745, 818; F. Petriccione, Piccola storia della canzone napoletana, Milano 1959, ad Indicem;S. Di Massa, Storia della canzone napol. dal 400 al 900, Napoli 1961, ad Indicem; V. Paliotti, Storia della canzone napoletana, Milano 1962, ad Indicem; P. Mascagni, a cura di M. Morini, II, Milano 1964, p. 205; E. De Mura, Enc. della canzone napoletana, I, Napoli 1969, pp. 18 ss.; Encicl. dello Spett., II, coll. 940 s.; Enciclopedia della Musica Ricordi, I, Milano 1963, p. 308