Licenziati per lo sciopero per Gaza: nessuna rivalsa dai dipendenti | Te ne devi andare senza lamentarti

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Gli scioperi in Italia - quotidianoitalia.it

Se scioperi ti licenziano, parola di imprenditore. Il tuo impegno e solidarietà per Gaza non viene ripagato, sta accadendo a tutti

La tensione tra Israele e Palestina continua a scuotere non solo il Medio Oriente, ma anche l’opinione pubblica internazionale. Le ultime settimane sono state segnate da un crescendo di scontri e bombardamenti che hanno lasciato dietro di sé distruzione e disperazione, ma anche una scia di indignazione globale.

In Italia, dove la questione mediorientale sembrava lontana, la miccia si è accesa improvvisamente, portando nelle piazze migliaia di persone determinate a farsi sentire.

Le prime manifestazioni spontanee sono nate come appelli alla pace, ma presto si sono trasformate in veri e propri scioperi diffusi.

Dalle università ai porti, fino ai sindacati di base, la protesta si è estesa a macchia d’olio. Bloccati treni, cancellate consegne, interrotte alcune attività produttive per ore: un gesto di solidarietà che ha attraversato l’intero Paese, nonostante le perplessità e in certi casi la netta contrarietà del governo italiano.

Solidarietà nazionale

Molti ministri hanno definito gli scioperi “strumentalizzazioni politiche”, ma la gente comune sembra non essersi lasciata intimidire. A Roma, Milano, Napoli, Bologna e Palermo si sono visti cortei colorati, cartelli improvvisati, bandiere palestinesi accanto a striscioni con la scritta “Stop al massacro”. Gli organizzatori parlano di una partecipazione “mai vista negli ultimi anni”, con presenze eterogenee: studenti, lavoratori, famiglie, perfino piccoli imprenditori.

A far esplodere definitivamente la protesta è stata la notizia della presa della Global Sumud Flotilla, la nave simbolo della solidarietà internazionale diretta verso Gaza. L’azione, condotta da Israele nelle acque internazionali, ha suscitato indignazione e rabbia.

Da quel momento, in Italia e in molti Paesi europei si è moltiplicato il numero delle manifestazioni. La gente è scesa in strada non solo per condannare l’intervento militare, ma per denunciare quella che viene percepita come un’ingiustizia sistemica, un silenzio imposto.

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Le conseguenze – quotidianoitalia.it

Le ripercussioni sul lavoro

Negli ultimi giorni, però, sono emerse alcune testimonianze che gettano ombre inquietanti sul clima post-protesta. Alcuni lavoratori che avevano partecipato alle manifestazioni sono stati licenziati o sospesi. In particolare, alcuni professionisti privati hanno raccontato ai giornali locali di essere stati avvisati “all’ultimo momento” dai loro dipendenti della partecipazione agli scioperi, decidendo di interrompere il rapporto di lavoro “per motivi organizzativi”.

Una scelta che molti considerano una punizione mascherata. “Non me l’aspettavo, racconta una giovane impiegata di Bologna, ho marciato per la pace, non contro qualcuno. Il giorno dopo mi hanno chiamata e mi hanno detto che non c’era più bisogno di me”. Si parla ora di reticenza e timore diffuso. Alcuni manifestanti preferiscono non farsi più vedere in piazza, altri si limitano a condividere post anonimi. È come se, dopo l’esplosione di solidarietà, fosse calato un velo di silenzio. Ma, come ricorda un sindacalista romano: “Non si può licenziare la coscienza. E quando la gente inizia a parlare, prima o poi qualcuno ascolta”.