Ven. Giu 9th, 2023

Primavera 1990. Roma, Stabilimenti cinematografici di Cinecittà. All’interno di un teatro di posa, la regista, sceneggiatrice e autrice Lina Wertmuller, sta girando l’adattamento televisivo della commedia “Sabato, domenica e lunedì” di Eduardo De Filippo.

Seduti intorno a una tavola imbandita, gli attori: Sophia Loren, Luca De Filippo e Luciano De Crescenzo, provano una scena, sotto l’attenta  direzione della prima cineasta ad essere stata  candidata al Premio Oscar.

“E no, scusa, Luca, ma secondo me, non dovresti iniziare già così arrabbiato!…secondo me, ti dovresti arrabbiare gradualmente , in modo da far salire la tensione nello spettatore…Su, riproviamo ancora, così poi giriamo!…”,spiega la Wertmuller, esortando l’attore Luca De Filippo, figlio di Eduardo, che nella commedia interpreta il protagonista ,Don “Peppino Priore”.

“Tu dici, eh, Lina?…mi sa che hai ragione …anche perché ,così posso mostrare tutte le sfumature di un’arrabbiatura!…Che genio!, che grande regista sei, Lina!…”, esclama De Filippo.

“Eh, genio, mo’,  non esageriamo!…Su su,sbrighiamoci!,  torniamo tutti in posizione per il quadro della scenata di gelosia che Don Peppino fa alla moglie, Donna Rosina…”, dà le sue indicazioni la regista, schermendosi.

Quindi, girato il quadro della scenata di gelosia,la Wertmuller si concentra su De Crescenzo,che interpreta “Janiello”, vicino di casa della famiglia “Priore”, sospettato da Don Peppino  di essere l’amante della moglie.

“Nooo, Lucia’, così, non va bene!…”, urla la Wertmuller, rivolgendosi a Luciano De Crescenzo, colto di sorpresa.

“Uh, ho detto male la battuta?…Scusa tanto, Lina, non me ne sono proprio accorto, me dispiace!…Forse, dovevo essere più ironico?…che dici?…”, domanda l’attore, scrittore e regista.

“No, Lucia’!…non dovevi usare il dito!…”, spiega la regista, incalzata da De Crescenzo, desideroso di apprendere come pronunciare la sua battuta: “Come, il dito?…”.

“Eh, hai capito proprio bene, il dito, il dito, il tuo dito!…l’indice, per l’esattezza…in questa scena, non c’è bisogno di gesticolare, di indicare, basta scandire bene la battuta!…Avanti, rigiriamo!…”,esclama perentoria la Wertmuller, voltandosi e, lanciando uno sguardo d’intesa al suo aiuto.

“Stooooop!…”, grida a squarciagola , nuovamente,la regista,  prima ancora che la scena sia ultimata.

“E mo’, che è successo?…io, l’indice, me lo sono tenuto in tasca, come mi hai detto di fare tu!…”, si giustifica De Crescenzo, cui la Wertmuller obbietta: “In tasca?…ma che fai, Lucia’, mi prendi in giro?…la scena era tutta un agitare di mani, tutta un gesticolare…per non parlare dell’indice…se ne andava per i fatti suoi!…Lucia’, facciamo una cosa, noi, adesso, la scena la ripetiamo per la terza volta , dopodiché , se vedo ancora quell’indice, ce ne andiamo tutti a casa, ok?…”.

Quindi, ripetuto per l’ennesima volta il quadro, interrotto nuovamente per il gesticolare nervoso di De Crescenzo, la regista, senza dire nulla, si avvicina all’artista, mordendogli letteralmente il dito.

Scusami tanto, Lucia’, ma non potevo fare altrimenti…Adesso, ripetiamo la scena e voglio proprio vedere se ancora gesticoli!…”, spiega, stizzita ,la Wertmuller.

“Scusami, Lina, ma me lo potevi dire!…Se avessi saputo che ti infastidiva così tanto che gesticolassi, la mano, me la sarei legata!…Ad ogni modo, ti prometto che non gesticolerò più e non indicherò…Su, giriamo quest’ultimo ciak, perché mo’ è una sfida tra me e questo dito!…”, esorta la regista, De Crescenzo, che poi, portata a termine la scena senza agitare la mano , riceve i complimenti di quest’ultima.

“Hai visto?, hai visto Lucia’ che il mio metodo, anche se brusco, ha funzionato?…”, constata la Wertmuller, chiosando: “Lucia’, ero sicura che non avresti più gesticolato…serviva qualcosa di forte che ti facesse ricordare di non muovere il dito, che cosa, più del dolore per un morso?… Lucia’, ma tu lo sai come mi chiamano ?: “la burbera anarchica”!”,sì,  perché sul set comando , mi impongo, faccio di testa mia, sempre, ma non mi sbaglio mai o almeno, quasi mai!…”.

“Non si può fare questo lavoro, perché si è uomo o perché si è donna. Lo si fa, perché si ha talento. Questa è l’unica cosa che conta per me e dovrebbe essere l’unico parametro con cui valutare a chi assegnare la regia di un film. Ho avuto difficoltà in quanto donna dietro la macchina da presa, ma me ne sono infischiata. Sono andata dritta per la mia strada, scegliendo sempre di fare quello che mi piaceva. Ho avuto un carattere forte, fin da piccola. Sono stata addirittura cacciata da undici scuole. Sul set comandavo io. Sul set, devi importi. Io gridavo e picchiavo. Ne sa qualcosa Luciano De Crescenzo,  durante le riprese di “Sabato, domenica e lunedì” con Sophia Loren. Non faceva altro che gesticolare con l’indice di una mano e, per farlo smettere, gli “azzannai” il dito”. Così, la regista,sceneggiatrice e autrice Lina Wertmuller, in un’intervista rilasciata qualche anno fa al settimanale “Io Donna”.

Nata a Roma, il 14 agosto 1928 da Federico, un avvocato lucano di nobili natali svizzero-partenopei, e da Maria Santamaria Maurizio, borghese di origini romane, “Arcangela Felice Assunta Wertmuller Von Elgg Spanol von Braueich”, questo il vero nome della regista,instaura sin da bambina un legame d’amicizia con Flora Carabella, futura attrice e moglie di Marcello Mastroianni, determinante per la scelta di quest’ultima di intraprendere la carriera di regista e di autrice ,dapprima teatrale e ,poi, televisivo-cinematografica.

Infatti, iscrittasi a soli diciassette anni, in piena Seconda Guerra Mondiale, all’Accademia Teatrale di Pietro Sharoff , conseguito il diploma, dirige per un periodo gli spettacoli dei burattini di Maria Signorelli.

Aiuto di celebri registi, come: Guido Salvini, Giorgio De Lullo e Garinei e Giovannini, fra gli anni Cinquanta e Sessanta, lavora in radio e in televisione in veste di autrice e regista della trasmissione Rai, “Canzonissima”, non trascurando però la famiglia : si sposa infatti con lo scenografo Enrico Job, diventando, in seguito, madre  di  Maria Zulima.

Quindi, avvicinatasi progressivamente al mondo del Cinema, lavora prima come segretaria di edizione per la pellicola di Armando Grottini, “…e Napoli canta!”, e , poi come assistente alla regia e attrice nei film di Federico Fellini “La dolce vita” e 8½”.

Esordito come regista  nel 1963, gira la pellicola “I basilischi”, racconto con echi neorealisti di un Meridione indolente, grazie a cui ottiene il Premio “Vela d’Argento” al Locarno Festival.

Negli stessi anni, ottenuta un largo consenso con la regia dello sceneggiato televisivo Rai “Il giornalino di Gian Burrasca”, adattamento dell’omonimo romanzo di Vamba, interpretato dalla cantante Rita Pavone, si cimenta nel genere “Western all’italiana”, firmando con lo pseudonimo di “Nathan Witch” , il film “The belle Starr Story” e, nella composizione di canzoni, scrivendo  per Mina il testo del brano “Mi sei scoppiato dentro al cuore”.

Tuttavia, la svolta arriva solo nel decennio Settanta, grazie alle pellicole: “Mimì metallurgico ferito nell’onore”, “Film d’amore e d’anarchia-Ovvero “Stamattina alle 10 in via dei Fiori nella nota casa di tolleranza”, Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto”, “Pasqualino Settebellezze” (quest’ultima, si aggiudica ben quattro candidature al Premio Oscar), “La fine del mondo nel nostro solito letto in una notte piena di pioggia” e “Fatto di sangue fra due uomini per causa di una vedova. Si sospettano moventi politici”,  interpretate perlopiù dalla coppia Mariangela Melato-Giancarlo Giannini.

Affermatasi a livello internazionale, nel 1972, collabora alla stesura della sceneggiatura di “Fratello Sole, Fratello Luna”, film di Franco Zeffirelli, mentre, in seguito, affronta con leggerezza e coraggio il tema del terrorismo nella pellicola “Scherzo del destino in agguato dietro l’angolo come un brigante da strada”.

Poi, verso la fine degli anni Ottanta e la prima metà dei Novanta, si dedica alla sua passione per la Lirica , dirigendo opere quali: “Carmen” di Georges Bizet e “Bohème” di Giacomo Puccini, con le quali inaugura le stagioni teatrali del Teatro San Carlo di Napoli e il Teatro dell’Opera di Atene.

Alternata la denuncia della controversa realtà della periferia napoletana  (“Io speriamo che me la cavo”, film del 1992, tratto dall’omonimo best seller del maestro Marcello D’Orta) , alla ricostruzione storica in chiave di commedia ( “Ferdinando e Carolina”), fra il 2001 e il 2008, torna in TV , dirigendo Sophia Loren e Claudia Gerini nella miniserie in costume, in onda sulle reti Mediaset,Francesca e Nunziata” e Gabriella Pession e Sergio Assisi in “Mannaggia la miseria”, fiction trasmessa da Rai Uno. 

Insignita nel 2010 di un Premio David di Donatello alla carriera, il 22 dicembre del 2015 , riceve   dal sindaco di Napoli , Luigi de Magistris, la cittadinanza onoraria  , per via della sua sintonia  con la città , a proposito della quale, qualche tempo prima, aveva detto : “Io , con Napol,i ho un legame forte e incessante. Ricordo la canzone intonata da mio padre Federico. Quando ero bambina , alla mattina , dal bagno arrivava la sua voce che cantava “Scetateve guagliun ‘e malavita!”, poi c’è stato Enrico Job, mio marito, l’uomo più importante ,che mi sia capitato di incontrare, che era nato in Via Chiatamone . Andando più indietro, ritrovo mio nonno , il cavaliere Arcangelo Santamaria Maurizio, che era napoletano…Napoli è un serbatoio inesauribile di idee, spunti, un vivaio di straorinari caratteristi. Il genio è insito nel napoletano. Esce a guizzi, da ogni parte. Lo spettacolo è nel suo essere . E recitare è un talento naturale e come si fa a non amare Napoli?” .

Investita nel 2018 dal Capo dello Stato , Sergio Mattarella, dell’onorificenza di “Cavaliere di gran croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana” e, ricevuto nel 2019, dall’Academy di Los Angeles, un Premio Oscar alla carriera, consegnatole da Sophia Loren, sua amatissima attrice, nel corso della cerimonia tenutasi  nel 2020, sorta di risarcimento per la mancata vittoria del 1975 con la pellicola “Pasqualino Settebellezze”, per “ aver scardinato con coraggio le regole politiche e sociali, attraverso la sua arma preferita: la cinepresa”, si è spenta il 9 dicembre scorso ,all’età di novantatré anni, nella sua abitazione romana.

Salutata da familiari, amici e dalla gente comune, alla camera ardente allestita in Campidoglio e, nel corso delle esequie svoltesi nella basilica di Santa Maria in Montesanto, in piazza del Popolo, meglio nota come “chiesa degli Artisti”,è stata ricordata dalla cantante e attrice Rita Pavone e  dall’attore, Giancarlo Giannini, che da lei e dalla sua regia fu valorizzato al punto da diventare una icona del cinema, con i versi di una poesia: Che piccola cosa, una vita!

La mia, come tutte, è una goccia.

Voglio si perda in un mare d’amore,

perché è l’unica via, altrimenti

è una goccia sprecata: troppo piccola

per essere felice da sola, e troppo grande

per accontentarsi del nulla”.

Della Wertmuller ,poi, sempre Giannini, ha detto: “E’ stata la persona più importante che abbia incontrato nella mia vita. Senza di lei avrei fatto poco. All’Accademia Silvio D’Amico avevo il grande Orazio Costa come insegnante. Ma Lina Wertmüller è stata la mia vera maestra, sul campo. Venne a vedere un mio spettacolo all’Accademia. Conosceva il mondo dello spettacolo a 360 gradi. Mi ha aperto la mente e mi ha fatto capire cos’è la fantasia. Ci siamo visti anche di recente, l’ho accompagnata a Cannes. Credo che il fatto che a Hollywood io sia il solo attore maschio italiano ad avere la stella alla Walk of Fame, dopo Rodolfo Valentino, lo debba molto a Lina”.