Categories: Cronaca

L’Italia rischia di non avere più olio nazionale

Con una produzione praticamente dimezzata è l’olio extravergine di oliva Made in Italy a subire quest’anno gli effetti più pesanti del cambiamento climatico con una strage che lo scorso inverno ha compromesso 25 milioni di ulivi in zone particolarmente vocate e fatto crollare il raccolto che quest’anno si aggira attorno ai 200 milioni di chili, un valore vicino ai minimi storici per la pianta simbolo della dieta mediterranea.
E’ la situazione drammatica che emerge dallo studio “Salvaolio” della Coldiretti presentato in occasione della manifestazione degli agricoltori scesi in piazza a Roma per denunciare gli errori regionali e l’assenza nella manovra approvata delle misure necessarie a garantire adeguate risorse al Fondo di Solidarietà Nazionale per far fronte alle pesanti calamità che hanno colpito importanti aree del Paese, a partire dalla Puglia dove si realizza la maggioranza dell’olio italiano e si contano 90mila ettari di uliveti senza produzione, un taglio di circa 2/3 del raccolto e un equivalente di 1 milione di giornate lavorative perse.
Per la prima volta nella storia – sottolinea la Coldiretti – la produzione spagnola stimata quest’anno in 1,6 miliardi di chili è superiore di oltre sei volte quella nazionale che potrebbe essere addirittura sorpassata da quella della Grecia e del Marocco. Senza interventi strutturali l’Italia – precisa la Coldiretti – rischia di perdere per sempre la possibilità di consumare extravergine nazionale con effetti disastrosi sull’economia, il lavoro, la salute e sul paesaggio.
“Per affrontare l’emergenza serve la dichiarazione di calamità naturale con lo stanziamento di risorse adeguate per consentire ai produttori duramente colpiti di ripartire in situazioni drammatiche come quella pugliese dove si è verificato un drastico calo del 65% dei raccolti” ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel chiedere “un adeguato coordinamento istituzionale tra il livello regionale e quello nazionale”. Sul piano strutturale – ha continuato Prandini – vanno affrontate le molteplici criticità, dalla inarrestabile strage provocata dalla Xylella alle contraffazioni, dall’invasione di olio straniero a dazio zero al falso Made in Italy per salvare un settore strategico per la salute dei cittadini, il presidio del territorio, l’economia e l’occupazione.
In questo scenario – ha precisato Prandini – per rimanere competitivi e non essere condannati all’irrilevanza in un settore fondamentale per il Made in Italy deve partire al più presto il Piano olivicolo nazionale 2.0 per rilanciare il settore con una strategia nazionale e investimenti adeguati, anche per realizzare nuovi impianti, così come è stato fatto da altri Paesi nostri concorrenti. Un’esigenza per recuperare il pesante deficit italiano potenziando una filiera che coinvolge oltre 400 mila aziende agricole specializzate in Italia e che – conclude la Coldiretti – può contare sul maggior numero di olio extravergine a denominazione in Europa (43 DOP e 4 IGP) con un patrimonio di 250 milioni di piante e 533 varietà di olive, il più vasto tesoro di biodiversità del mondo.

Redazione

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