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Lo stato continua a non pagare le imprese che vantano un credito di 65 miliardi

ROMA- Per la CGIA questo interrogativo è diventato un’ossessione che non ha trovato ancora una risposta, sebbene siano trascorsi quasi due anni dall’applicazione della fatturazione elettronica che, secondo le promesse del ministero dell’Economia, doveva consentire alla Pa di quantificare con precisione lo stock del debito. In mancanza di dati ufficiali, l’unico istituto che stima da alcuni anni l’ammontare complessivo del debito è la Banca d’Italia. Premesso che gli stessi ricercatori di via Nazionale affermano che il grado di incertezza del risultato a cui sono giunti non è per niente trascurabile, le aziende private – a fronte di forniture, manutenzioni o lavori fatturati alla Pa – vanterebbero crediti per 65 miliardi di euro. Di questi, 31 sarebbero di natura fisiologica e 34 da imputare ai ritardi nei pagamenti.
Dati sicuramente sottodimensionati e riferiti ancora al 2015. Importi non ancora liquidati perché dalla data di emissione della fattura non sono ancora trascorsi 30-60 giorni stabiliti dalla Direttiva 2011/7/UE sui tempi di pagamento nelle transazioni commerciali tra privati e Pubblica amministrazione. Importi non ancora liquidati nonostante siano trascorsi i 30-60 giorni dall’emissione fattura. Accentuatosi durante la crisi, va comunque ricordato che da un punto di vista dimensionale il fenomeno si è ridotto negli ultimi anni, grazie agli interventi messi in campo nel biennio 2013-14. In questo periodo, infatti, sono stati stanziati 56,2 miliardi di euro: agli enti debitori sono stati messi a disposizione 44,6 miliardi di euro (pari al 79 per cento del totale) in quanto alcuni enti non ne hanno fatto richiesta.
L’ultimo aggiornamento disponibile (fermo ancora al 20 luglio 2015) ci evidenzia che i pagamenti hanno toccato quota 38,6 miliardi, pari a quasi l’86 per cento delle risorse messe a disposizione. Seppure in diminuzione, l’importo del debito rimane ancora spaventoso e non ha eguali nel resto d’Europa. “Nonostante i fornitori abbiano l’obbligo dall’inizio di aprile del 2015 di emettere alla Pa le fatture in via informatica – segnala il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo – lo Stato non ha ancora una mappatura certa dei debiti a cui deve fare fronte. Certo, la lentezza nei pagamenti è dovuta in particolar modo a problemi di liquidità, ma quanti ne hanno le circa 873.000 imprese che lavorano per il pubblico che dopo aver eseguito una fornitura o una manutenzione devono aspettare anche 6 mesi prima di essere saldate ?” E a conferma delle difficoltà con cui lo Stato gestisce i rapporti commerciali con i propri fornitori Zabeo ricorda che: “La Commissione Ue non ha ancora archiviato la procedura di infrazione avviata nel giugno del 2014 nei confronti dell’Italia a seguito della non corretta applicazione della direttiva Ue. La nostra Pa, infatti, è accusata di saldare i conti in ritardo e non come previsto dalle regole Ue entro 30-60 giorni dall’emissione della fattura”.
Oltre a non pagare entro i termini stabiliti dalla direttiva Ue, Bruxelles ci ha comminato questa infrazione anche per altre due ragioni: “Molti enti pubblici – conclude Zabeo – utilizzavano dei contratti dove venivano applicati degli importi dovuti agli interessi legali di mora per il ritardo nei pagamenti significativamente inferiori al limite imposto dalla direttiva europea: ovvero il tasso di riferimento Bce aumentato dell’8 per cento. Inoltre, c’era il malcostume, spesso utilizzato ancora adesso da molte amministrazioni pubbliche, di posticipare i report che descrivevano lo stato di avanzamento dei lavori, allungando così in misura del tutto ingiustificata i tempi di pagamento”.
Secondo il Segretario della CGIA Renato Mason, invece: “Le lungaggini burocratiche, il cattivo funzionamento degli uffici pubblici, i vincoli di bilancio imposti da Bruxelles, l’abuso di posizione dominante del committente e la mancanza di liquidità sono le motivazioni che consegnano al nostro Paese la maglia nera in Ue della correttezza nei pagamenti. Nonostante dal 1° gennaio 2013 la legge stabilisca che il pubblico debba pagare entro 30 giorni, salvo non sia un’azienda sanitaria che allora lo può fare entro 60, queste disposizioni continuano a essere spesso disattese, con ricadute molto pesanti soprattutto per le piccole imprese che dispongono di un potere negoziale molto limitato nei confronti degli enti pubblici. Un problema, è bene sottolinearlo, che, purtroppo, non riguarda solo le transazioni commerciali con il pubblico, ma anche tra aziende private. Un malcostume generalizzato che non ha pari nel resto dell’Ue”. Nel confronto internazionale la nostra Pa presenta un livello di debiti commerciali nettamente superiore. Dai dati forniti dall’Eurostat lo stock di debiti commerciali al 31-12-2015 era in Italia di 48,9 miliardi di euro (pari al 3 per cento del Pil). Va sottolineato che questi dati non includono i debiti ceduti con la clausola pro soluto a intermediari finanziari e della quasi totalità dei debiti riconducibili alla spesa. In Spagna, invece, lo stock ammontava a 14,5 miliardi (1,3 per cento del Pil), in Germania a 37,4 miliardi (1,2 per cento di Pil) e in Francia a 26,4 miliardi (1,2 per cento di Pil).

Redazione

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