Gio. Mar 30th, 2023

Estate 1961. Recco, Comune alle porte di  Genova. L’aspirante cantautore e musicista Luigi Tenco rientra a notte fonda nella sua abitazione dopo aver preso parte a una gara canora, la Sei giorni della canzone, svoltasi a Milano. Ad attenderlo, in salotto, seduta su una sedia, intenta a cucire, la madre Teresa, che, preoccupata fino a quel momento, sentitolo entrare, si tranquillizza. “Ciao, Luigi, bentornato!…Ma lo sai che ore sono?…Sono  le quattro di notte!…”, rimprovera  il figlio, la signora Teresa, continuando: “Ma insomma, ti sembra questa l’ora di tornare?…E poi, scommetto che anche stavolta… non è andata, vero?…Non guardarmi con quegli occhi e rispondi,piuttosto!…”.  “Eh, sì, mamma…in effetti…”, balbetta Luigi, trovando poi il coraggio per rivelare l’esito della gara, “Sì, è vero!…non è andata bene neppure stavolta…la mia canzone non si è qualificata per la fase finale…Però, stavolta, ci sono andato vicino…Vedrai, la prossima…”. “La prossima volta?…Ah, perché tu vorresti continuare?…”, domanda perplessa la madre, aggiungendo: “Io non posso crederci…è sempre la stessa storia!, ma è mai possibile che non ti capaciti?…No, adesso basta,Luigi!…adesso devo dirtelo…La musica è una bella cosa, ma non dà da vivere, non è un mestiere…Luigi, dammi ascolto: continua a studiare, tu devi laurearti in Ingegneria, devi realizzarti…così, avrai un lavoro…altrimenti, che vita farai?…”. “Tu hai ragione, mamma!…ma io non posso rinunciare alla musica, non posso proprio…è la mia vita!…”, sentenzia Luigi,spiegando: “Vedi, mamma, io non voglio avere successo, denaro…io vorrei solo scrivere e cantare le mie canzoni…io vorrei solo suonare la mia musica…come facevo da bambino…te lo ricordi, mamma?…allora, ci tenevi così tanto che io imparassi a suonare il pianoforte…La musica ha scandito tutta la mia esistenza  fino ad oggi: l’infanzia, l’adolescenza…trascorrevo le ore a suonare!…gli amici, mi chiedevano di unirmi a loro per giocare a calcio, ma io rifutavo, perché per me esisteva, esiste, solo il pianoforte, con i suoi tasti che, se sfiorati, si trasformano in note e le note in melodie…e allora loro sai cosa facevano ?, si prendevano gioco di me, chiamandomi  : “Il cantante solitario” …Mamma, lo so, lo so che per te suonare, cantare non sono un lavoro!…ma io ti prometto che per me lo saranno!… Vedrai che, prima o poi, farò ascoltare le mie canzoni a tanta gente, che mi apprezzerà….vedrai  che accadrà…non so dirti come  e quando, ma vedrai che un giorno cambierà!…”.

“Non si vive per riuscire simpatici agli altri. A me, i soldi, il successo, non interessano, li lascio a quelli più furbi di me in questo genere di cose. La mia più grande ambizione, invece, è quella di fare in modo che la gente possa capire chi sono io attraverso le mie canzoni”. Così, il cantautore e musicista Luigi Tenco in un’intervista del 1962, rilasciata al giornalista Sandro Ciotti. Nato a Cassine, il 21 marzo 1938, dalla relazione extraconiugale della madre, Teresa, cameriera presso una famiglia di notabili torinesi, con un uomo dall’identità misteriosa, prende il cognome del marito di quest’ultima, Giuseppe Tenco, morto prima della sua nascita per via di un incidente sul lavoro, e cresce insieme con il fratello maggiore Valentino, trascorrendo l’infanzia tra Cassine, Maranzana e Ricaldone,paesi d’origene della madre e dei nonni, dai quali si distacca quando, appena adolescente, scopre la verità sul padre. Quindi, nel 1948, si trasferisce con madre e fratello a Genova, dapprima, nel quartiere residenziale di Nervi,dove la donna avvia un’attività legata al commercio di vini tipici piemontesi, e poi nei quartieri di Albaro e Genova-San Martino. Quindi, terminate le scuole Medie nel 1951, si iscrive al liceo Classico “Andrea Doria“, che frequenta solo per un anno , per poi passare al Liceo Scientifico “Galileo Galilei“, presso cui nel 1956 consegue la Maturità. Nello stesso periodo, iniziato lo studio de pianoforte grazie all’insegnante che gli impartiva lezioni private, mostra attitudine anche per la chitarra, il clarinetto e il  sassofono. Tuttavia, per accontentare la famiglia, che non ritene un mestiere cantare e suonare, decide di proseguire gli studi,iscrivendosi  alla facoltà di Ingegneria Elettrotecnica, per poi passare, dopo aver superato un solo esame, alla facoltà di Scienze Politiche mai portata a termine. In quegli stessi anni, fondato il gruppo “Jelly Roll Jazz band“, composto da Danilo Dégipo alla batteria, Bruno Lauzi al banjo, Alfred Gerard alla chitarra, esegue brani di Nat Kin Cole e Kid Ory e suona anche il sassofono  nella formazione “Modern Jazz Group“, del pianista Mario De Sanctis, che annovera tra i suoi componenti, come chitarrista, Fabrizio De André . Nel 1957 , chiamato da Marcello Minerbi (fondatore dei Los Marcellos Ferial e arrangiatore per il cantautore Claudio Lolli dell’album “Aspettando Godot“)nel Trio Garibaldi, scrive la sua prima canzone e, trascorso solo un anno, fonda il gruppo “I Diavoli del Rock“, con Graziano Grassi, detto “Roy”, alla batteria e il cantautore e musicista Gino Paoli alla chitarra. Poi, trasferitosi  a Milano fra il 1958 e il 1959 , grazie al cantautore e poeta Piero Ciampi e al  compositore e musicista Reverberi, lavora come arrangiatore presso la Dischi Ricordi, registrando i brani di Gino Paoli “La tua mano” e “Se qualcuno ti dirà” , quest’ultimo, cantato da Ornella Vanoni. Partecipato a diversi spettacoli presso il locale “Santa Tecla Club“, con Gino Paoli, Sergio Endrigo, Bruno Lauzi  e altri,destinati a diventare i padri della “scuola cantautorale genovese”,nel 1959, firmato un contratto con la stessa Dischi Ricordi, entra nel gruppo “I Cavalieri“, costiuito da Gian Franco Reverberi, Enzo Jannacci, Paolo Tomelleri e Nando de Luca. Quindi, inciso un Extended play (EP) con le canzoni: “Mai/Giurami tu/Mi chiedi solo amore/Senza parole”), pubblicate anche in 45 giri,  per riservatezza e, per non turbare la sua vita da studente, con l’ssenso della Ricordi, adotta gli pseudonimi di “Gigi Mai”, “Dick Ventuno” e “Gordon Cliff“. Nel 1961, non qualificatosi alla fase finale della Sei giorni della canzone, con il brano “Una vita inutile“, parte per la sua prima tournée in Germania, in compagnia di Paolo Tomelleri, Gian Franco Reverberi, Giorgio Gaber  e Adriano Celentano, per poi incidere il suo primo 45 giri da solista “I miei giorni perduti”. Cimentatosi per un breve periodo nella recitazione, gira la pellicola “La cuccagna” di Luciano Salce, nella quale canta il brano “La ballata dell’eroe” di Fabrizio De André e nel 1963 pubblica il primo 33 giri, contenente le canzoni: “Mi sono innamorato di te”, “Angela” e “Cara maestra“, quest’ultima censurata dalla Rai. Stretta amicizia con il poeta Riccardo Mannerini, abbandona la Ricordi per la casa discografica Jolly e nel 1965 gira il secondo film “008: Operazione ritmo” di Tullio Piacentini. In seguito, svolto il servizio militare, rinviato più volte per motivi di studio, nei Lupi di Toscana di Scandicci, si congeda nel 1966. Partito per Roma, sigla un contratto con la RCA italiana e incide il brano “Un giorno dopo l’altro“, che diventa la sigla dello sceneggiato televisivo Rai “Il commissario Maigret“, cui seguono i successi: “Lontano, lontano“, in gara nel 1966  a Un disco per l’estate, “Uno di questi giorni ti sposerò“, “E se ci diranno” e “Ognuno è libero“. Nel 1967, conosciuta la cantante e attrice Dalida, divenuta la sua compagna, collabora  con il gruppo beat “The Primitives”, guidato da Mal, per il quale scrive , insieme con il paroliere Sergio Bardotti, il testo italiano di “I ain’t gonna eat my heart out anymore”,tradotto in “Yeeeeeeh!”, e di “Thunder’n’Lightnin“, tradotto in “Johnny no!.  Nel 1967,presentatosi in gara  al Festival di Sanremo con la canzone “Ciao amore ciao”, cantanta da lui e da Dalida, secondo il regolamento dell’epoca che prevedeva due cantanti per la stessa canzone, racconta il dramma dell’Italia contadina  costretta a urbanizzarsi e a industrializzarsi, sebbene in origine fosse stata concepita come brano anti-militarista. Il brano, però, incontrato il giudizio negativo delle giurie del Festival, non viene ammessa alla serata finale, classificandosi al dodicesimo posto, e neppure ripescata: gli viene preferita, infatti , la canzone “La rivoluzione” di Gianni Pettenati. Quindi, saputo dell’eliminazione definitiva del brano, preso dallo sconforto, si uccide nella stanza d’albergo in  cui risiede con un colpo di pistola alla tempia,lasciando un biglietto nel quale spiega di aver compiuto l’atroce gesto come  forma di protesta  contro “un pubblico che manda “Io tu  e le rose” in finale e ad una Commissione che selezione “La rivoluzione“, sebbene questa versione dei fatti non abbia mai convinto del tutto gli  inquirenti e i familiari,dando luogo negli anni a una serie di indagini, che,però non hanno mai accertato in maniera compiuta i fatti. Trovato privo di vita da Dalida , le sue spoglie  vengono portate a Recco, in Liguria, dai familiari e da lì a Ricaldone, in Piemonte, dove viene sepolto. Ricordato dall’amico Fabrizo De André con la canzone “Preghiera in gennaio“, di sé aveva detto: “Mi accusano di posare da antipersonaggio , ma l’antipersonaggio, come il personaggio, sono qualcosa di costruito, uno stereotipo fatto in serie. E io invece voglio essere una figura vera, con le sue idee, sbagliate o giuste che possono apparire. E con quale metro giudicarle, con quello del conto in banca?. Bene, lascio volentieri ad altri questo sistema metrico. A me non importa nulla di essere “integrato” nel sistema organizzativo. Canterò finché avrò qualcosa da dire , sapendo che c’è qualcuno che mi sta a sentire e applaude non soltanto perché gli piace la mia voce ,ma perché è d’accordo con il contenuto delle mie canzoni. E quando nessuno vorrà più stare ad ascoltarmi, bene!, canterò soltanto facendomi la barba . Ma potrò continuare a guardarmi nello specchio senza avevrtire disprezzo per quello che vedo”.