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M5S 1, M5S 2…quale dei due è quello vero

ROMA – Tutti hanno iniziato a guardare con attenzione al M5S da quando a Bologna Beppe Grillo lanciò il suo prima vaffa day. Erano gli anni d’oro di Silvio Berlusconi, ed era l’obiettivo principale da abbattere. Quel giorno a Bologna sul palco salirono molti radical chic di sinistra. Antonio Di Pietro, a quel tempo sembrava essere ormai al fianco di Grillo e lanciò i suoi anatemi. Quel vaffa day fu un successo, molte persone iniziarono a credere alle parole di Grillo, che dal palco attaccò tutti, capo dello stato in testa.
Sono passati tanti anni da quel giorno. Prese corpo il movimento di Grillo, tanto che pochi anni dopo il M5S diventava una spina nel fianco della politica italiana. Tutto ruotava intorno alla trasparenza politica e all’onestà. Poi arriva il primo ingresso nel parlamento italiano. Grillo promette di aprire il parlamento come una scatoletta. Ma l’inizio non è del tutto promettente, troppi divieti per i parlamentari eletti. Le epurazioni per chi va in TV diventano sistematiche, nessuno può parlare con i giornali, salvo poi ricredersi e concedere il diritto solo a pochi di andare in TV. Così nascono i personaggi politici come Di Maio, Di Battista, Toninelli, ed altri pochi intimi che oggi ricoprono i ruoli verticistici del partito.
I giornalisti sono i nemici del movimento. Azioni contro di loro si susseguono a cadenza giornaliera, salvo poi ritrovarsi ad entrare in qualche consiglio regionale e comunale, e i giornali locali diventano bersaglio dei comunicati stampa degli attivisti del movimento. Tutto strano se si considera che i giornali e i giornalisti erano dei nemici.
Ma oggi sta uscendo fuori la vera natura del movimento. Sono alla guida del paese, e poco è cambiato rispetto alla metodologia dei vecchi partiti per quanto riguarda incarichi dirigenziali d’affiancare ai parlamentari e ministri. Tutti sono pescati tra quei pochi intimi, familiari e amici stretti come avviene nei sacramenti dei partiti. Mentre loro fanno politica dall’alto, chi fa politica nei territori viene completamente abbandonato dai vertici del movimento.
Molte persone ci credono e si battono per la causa del movimento. Perdono ore della loro vita a disposizione del movimento. Spendono soldi propri per manifesti e manifestazioni politiche, ma dall’alto non arriva nessun aiuto. Sono isolati. Ormai sembra che il movimento sia diviso tra il nazionale e il locale. Due movimenti in uno che seguono due strade diverse. C’è chi può usufruire del potere verticistico chi, invece, di quel potere conosce solo i nomi. È la stessa scena di un film visto e rivisto tante volte quando a governare c’erano i vecchi partiti.
Altro aspetto fondamentale da evidenziare è l’affanno con cui stanno affrontando i primi mesi di governo. L’Italia ha un solo problema e si chiama lavoro. La mancanza di lavoro sta facendo scivolare nella povertà milioni di italiani, al sud ancora peggio poiché a scivolare verso la povertà è la metà della popolazione meridionale. Invece di costruire provvedimenti che contrastano il costo del lavoro e sburocratizzare tutti i procedimenti che bloccano la nascita e la crescita di imprese, il ministro del lavoro sta facendo l’opposto. Al momento non ci sono provvedimenti efficaci che possono far presagire a un cambiamento nell’immediato. Tutto ruota intorno a dubbi sull’efficacia delle cose promesse.
Tutta l’attività politica è concentrata sui due rami del potere politico, sia quello nazionale, con il parlamento, sia quello europeo, dentro il parlamento europeo. Purtroppo in Italia sono le realtà locali che formano l’Italia, ed è lì che i problemi sono percepiti. Sarebbe opportuno, da parte del movimento, di iniziare a fare una politica territoriale diversa, perché nei territori il movimento è perdente. Il movimento vince le nazionali ma perde tutte le competizioni territoriali. Evidentemente la protesta del vaffa day di Bologna deve durare a vita per vincere solo le elezioni politiche, poi tutto il resto è noia.

Redazione

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