Mar. Mar 19th, 2024

Ottobre 1972. Cernobbio. “Su un ramo del lago di Como” si erge magnifica : “Villa Erba”, proprietà dell’ordine monastico benedettino ,  espropriata durante l’Ancient Regime dagli Asburgo d’Austria e acquistata come residenza privata dall’altolocata famiglia Peluso ed infine venduta  nel 1882 dagli stessi membri all’industriale farmaceutico Luigi Erba , che , fino al 1920, anno della sua morte, insieme con la consorte Anna Brivio, ne fece un salotto culturale , ritrovo d’intellettuali , scrittori e artisti e un  luogo di ristoro.

Ereditata da Carlo , il fratello minore , la residenza fu annoverata tra il complesso dei beni assegnati in dote alla figlia Carla , all’atto dell’unione in matrimonio  con il duca , visconte , Giuseppe di Modrone .

Dapprima disabitata , poiché  le fu preferita la dimora milanese, fu poi riattata come residenza estiva, che vide crescere, all’ombra del suo giardino all’ inglese, puntellato da filari di querce e di platani, Luchino, destinato a una fulgida carriera di regista cinematografico e teatrale  e  gli altri  sei figli della coppia : Guido , Luigi, Edoardo, Giovanna , Nora e Uberta.

E proprio il cineasta del Neorealismo , fautore di pellicole passate alla storia come : “Ossessione”, “La terra trema” , “Senso” , “Rocco e i suoi fratelli” e “Il Gattopardo” è tornato ad abitarvi , dopo anni di assenza, per rimettersi da un ictus che lo ha colpito mentre si accingeva a completare  le riprese di “Ludwig” , terzo film della “serie tedesca ” (“Il crepuscolo degli dei” , “Morte a Venezia”).

Caparbio, seppur costretto alla sedia a rotelle , per via della compromessa mobilità del lato sinistro del corpo, lavora quotidianamente, come se nulla fosse accaduto, al montaggio delle scene girate fino al giorno del malore. Eccolo , durante un momento di pausa , ripararsi dai raggi di un sole autunnale pallido , ma incandescente e meditare assorto all’ombra di un albero sempreverde , dai cui rami , giù a penzoloni , precipita una scaletta di corda . E lì che lo raggiunge  l’attrice Maria Denis , arrivata all’ingresso della sontuosa villa a bordo di un motoscafo  ormeggiato da un esperto timoniere, in un attracco adiacente . Preceduta da un maggiordomo e dal compagno del regista , l’attore austriaco Helmut Berger , la sua visita è annunciata al cineasta.

“Il maestro Visconti ha accettato di riceverla!” , esclama impettito il capo della servitù ; “Mi raccomando, non lo affatichi , ha bisogno di tranquillità e di assoluto riposo!” , gli fa eco l’attore . “Come sta ? …è grave ? ” , chiede turbata la Denis ; “Valuti lei , signora !” , replica con tono infastidito  Berger, allontanandosi.

 La Denis , rinserrata in un trench-coat beige , nascosti gli occhi dietro un paio di lenti da sole e, raccolti i capelli grigi in un foulard , avanza esitante verso Visconti. Percorsi pochi metri , riconosce il profilo aquilino del regista e un’inaspettata commozione ne arresta il passo. Fattasi coraggio , riprende l’incedere e si avvicina ; l’emozione si tramuta in pianto nel constatare l’inedia e l’indebolimento di un uomo volitivo , capace di dirigere con autorevolezza e cordiale bonomia primi attori e comparse .

Ora , in luogo di quel vigoroso , scattante e infaticabile operatore, vi è un attempato signore in sedia a rotelle  che , assopito, china la nuca imbiancata sul petto  e si lascia avvolgere le spalle , come fosse una coperta , da una sciarpa rossa di lana .

L’attrice , temendo di non essere riconosciuta , gli si para innanzi e gli sussurra : “Luchino !, sono Maria , Maria Ester , la Denis …” .Visconti , destatosi , solleva il mento e fissa lo sguardo sul volto della donna , che gli sorride . “Quanti anni , eh Luchino! ; quanti anni sono trascorsi da quel 1943… quanti anni sono trascorsi dall’ultima volta che ci siamo visti? …Sono venuta appena ho saputo della malattia …che cosa sciocca , eh? …trascorriamo degli anni ad arrovellarci  nel  desiderio di rivedere qualcuno e ci decidiamo a farlo quando sta male o , peggio ancora, quando muore ! . Ricordi ,Luchino, il giorno in cui ci conoscemmo ? ” .

 Il regista accenna un sì , scrollando il capo.

“Era il 1940, eravamo a Cinecittà …fu quel regista tuo amico a presentarci : Ferdinando Maria Poggioli …eh , quanti film ho girato con lui! …forse è proprio a lui che devo tutto …tutto? , sarebbe meglio dicessi quel poco di buono che ho fatto ! . Eh , me lo ripetevi spesso quanto fossi pigra!…infatti, mi sono arresa ! ; ho smesso con il Cinema ; non ho curato per niente il Teatro , che pure era una mia passione e mi sono sposata …ho interpretato altri ruoli : quelli di moglie e di madre…ma questa è un’altra storia !…. . Sai ? è scolpito nella memoria, il giorno in cui t’incontrai  per la prima volta ; mi colpirono di te l’eleganza e i tuoi modi gentili . Mi desti la mano, sobrio e galante, non ti lanciasti in un invadente e maldestro baciamano , cosa che erano soliti fare i ricchi bellimbusti della Capitale quando incontravano un ‘attrice . Fosti discreto e io capii subito ch’ eri un nobile , per lo meno ero sicura che lo fossi d’animo! . Eri un uomo buono, onesto nell’Arte e nella vita e , a me , questo bastava !. Nello stesso periodo in cui diventammo amici,   persi il mio grande amore : un ufficiale di marina ;  i suoi superiori lo avevano costretto a partire per il fronte non appena Benito Mussolini annunciò che l’Italia sarebbe entrata in guerra a fianco della Germania…passarono alcuni mesi  senza che di lui sapessi più nulla …e poi giunse la notizia ch’era morto nel corso di una manovra militare . Eravamo fidanzati soltanto da un anno …quello fu l’anno più felice della mia intera esistenza !.  Così , quando feci la tua conoscenza , pensai : “E’ un segno del destino! ” ; non so se lo capisti subito , non so se tu l’abbia mai capito , ma da quell’istante ho cominciato a nutrire per te un sentimento . Poi , quell’8 settembre del 1943 , spazzò via ogni cosa!…tu eri sempre più invischiato nelle faccende della Resistenza e del PCI e io pur di starti accanto avrei imbracciato anche un fucile ! …fino a che i nazifascisti non scoprirono la nostra militanza, le armi detenute clandestinamente in casa tua , i falsi documenti a nome di Alfredo Guidi …per un soffio non fummo arrestati ! ; l’unico dei nostri a essere catturato fu Mario Chiari , un regista …lo trascinarono a Regina Coeli mentre piangeva come un vitellino! . Due o tre settimane dopo fosti arrestato in quell’appartamento di viale Eritrea e condotto alla pensione Jaccarino, da Pietro Koch , “il tenente” squadrista, lo spietato “torturatore dei partigiani” .  Alla notizia della tua cattura,   il cuore mi balzò in gola , furono ore di apprensione ; temevo ti fucilassero subito e ,a dire il vero, che uccidessero anche me ! . Infatti , ben presto,  i fascisti scoprirono del mio coinvolgimento nel traffico d’armi e vennero a prelevarmi mentre mi trovavo su un set …non ricordo di quale film ….mi portarono, come di rito, alla “pensione degli orrori” e lì mi trovai di fronte quella belva di Koch . Notai subito che aveva nei miei riguardi una strana simpatia , tanto che i colloqui con lui assomigliavano  più a una chiacchierata confidenziale , condita da avances da Casanova, che a spietati e feroci interrogatori. La paura che ammazzassero entrambi svanì rapidamente  quando mi mostrai disponibile a ricambiare le sue lusinghe ; approfittai del suo punto debole per salvarti…non mi vergogno né mi pento di averlo fatto, come si dice : “In amore e in guerra tutto è lecito!” e , se vuoi proprio saperlo:  tutt’oggi, gli sono grata per averti risparmiato e non smetterò mai di esserlo! . Le ferite vere sono quelle che mi hai inferto tu …dopo !; sei stato liberato , hai riscattato la cinepresa che i nazifascisti ti avevano sequestrato , hai girato un documentario , testimonianza della Liberazione ; il 5 giugno del 1945 hai filmato l’esecuzione del tuo, del nostro , aguzzino , avvenuta nel forte Bravetta …eppure, non sentisti l’esigenza di cercarmi  per esprimermi la tua gratitudine o almeno per interessarti della mia condizione! ” .

Visconti , di colpo ,  sposta lo sguardo e prende a fissare la scaletta pendente dall’albero vicino e l’attrice , intuendone il disagio , l’ammonisce : “Cos’è  , cerchi una via di fuga ?, vorresti salire là in cima per sottrarti a questo confronto?” ; poi estrae dalla borsa un’agendina , ne strappa un foglio, vi scrive sopra qualcosa e sentenzia : “Questa  domanda  avrei voluto fartela trent’anni fa …” . Quindi ,appoggiato il pezzetto di carta  sul palmo della  mano destra del regista, aggiunge : E’ per te , è tuo ! , guardalo ogni tanto e prova a cercare la risposta dentro di te ! …Addio, Luchino! “ . Mentre la Denis , voltatasi di spalle , imbocca un viale lambito da siepi di arbusti ,  Visconti, provato dalle parole dell’attrice , decide di leggere il biglietto  sul quale campeggia a chiare lettere il quesito: “Dobbiamo ancora giocare al gioco della verità?… ” .

“Maria Denis? …è una ragazza semplice e graziosa ; bellissima , eppure poco avvezza alle pose sofisticate delle dive di Hollywood ….E’ un’attrice vera, che sa sorridere tra le lacrime ”. Così, descrisse l’attrice  il critico cinematografico Diego Calcagna , il 30 gennaio del 1943, sulle pagine de “Il Messaggero” .

Nata a Buenos Aires il 22 novembre del 1916, da una coppia di immigrati italiani, Maria Ester Beomonte , questo il suo vero nome , alla morte del padre si trasferì a Roma , insieme con la sorella Michela e la madre , la quale ,presto , si risposò .

Era ancora una studentessa ginnasiale , quando nel 1932 il regista Pietro Francisci , la notò per le strade del centro e ,invitatola a sostenere un provino, la scelse per interpretare il cortometraggio amatoriale : “Arcobaleno”.

Fu l’inizio di una carriera di attrice cinematografica a lungo osteggiata dalla madre e dal patrigno , poiché ritenuta poco seria e aleatoria . Tra diatribe e contese familiari , però, nell’anno 1932-1933 , Maria ottenne ingaggi per piccoli ruoli e partecipazioni a film quali : “Non c’è bisogno di denaro” del regista Amleto Palermi , “Treno popolare ” di Raffaello Materazzo , “L’impiegata di papà” di Alessandro Blasetti , fino alla grande occasione da protagonista , offertale dal regista Goffredo Alessandrini, nella pellicola : “Seconda B”, commedia sentimentale dai toni leggeri , in cui impersonò “Marta Renzi” , studentessa dispettosa che ordisce un inganno ai danni del maturo “professor Monti ” (Sergio Tofano) .

Sottovalutata dai critici , che la  definivano : “Una bella presenza con limitati mezzi espressivi” ,fra il 1937 e il 1938,  si riscattò, rivelando  in film realizzati nei neonati stabilimenti di “Cinecittà”, “Napoli d’altri tempi” di Amleto Palermi e “Hanno rapito un uomo” di Gennaro Righelli, doti sia comiche che drammatiche.

Interprete amata anche dal pubblico femminile per il volto angelico e il piglio dolce ,che le fece guadagnare  l’appellativo di “Ingenua di Cinecittà”, dimostrò il suo temperamento drammatico nella pellicola del regista Ferdinando Maria Poggioli : “Addio Giovinezza!” (1940), storia dalle tinte crepuscolari di un amore platonico tra lo studente universitario “Mario” e la sarta “Dorina” , ambientata nella Torino dei primi del Novecento. Il critico Aldo Franci , visionato il film , il 2 febbraio del 1941 , sulle pagine della rivista “L’illustrazione italiana”, scrisse : “Maria Denis è un’attrice compiuta e armata di sì limpida grazia, di sì meritevole bravura che non so chi le possa stare a paro oggi in Italia . Tuttavia, la pellicola  , con tanti meriti di regia e d’interpretazione , non ha trovato l’accoglienza che immaginavano i nostalgici e i sentimentali”.

Reduce dal successo della “commedia popolare” , nello stesso anno , fu scelta dal regista Augusto Genina come cooprotagonista del kolossal storico : “L’assedio dell’Alcazar”, ricostruzione cinematografica filo-fascista dello scontro occorso tra le camice nere iberiche , guidate dal colonnello Francisco Franco, e i socialisti e i comunisti del governo repubblicano, durante la guerra civile spagnola del 1936.

Beniamina della “commedia pre-neorealista” , interpretò nell’anno d’oro del 1942 i film : “Sissignora” del regista Ferdinando Maria Poggioli, amara denuncia dei soprusi inflitti dalla borghesia  ai lavoratori delle classi umili, “Le due orfanelle” di Carmine Gallone , drammatica vicenda di due sorelle rimaste orfane : “Luisa” , non vedente dalla nascita ed “Enrichetta” (  l’attrice Alida Valli) e “La maestrina”di Giorgio Bianchi , nella quale vestì i panni di “Maria Bini”, insegnante elementare sedotta e abbandonata nella metropoli corrotta ,  rifugiatasi in un paesino di montagna per schermirsi dalla vergogna e dal pregiudizio.

Quest’ultima pellicola, non convinse del tutto i  critici visto che  il giornalista Giuseppe De Santis , vergando una caustica recensione, dichiarò : “Il regista è  dotato di scarsa fantasia tecnica e il suo linguaggio risulta impacciato continuamente da un’esasperante monotonia . Gli attori sono fermi a recitare le loro battute secondo schemi già previsti . Comunque, i suoi scopi commerciali sono stati raggiunti in pieno. Il pubblico si commuove e si diverte . Lo spirito umano non ha fatto dei grandi passi !” .

Delusa , la Denis trovò conforto tra le braccia del fidanzato, un ufficiale di Marina , ma l’idillio fu di breve durata . Impegnato al fronte , a seguito della partecipazione dell’Italia  , alleata della Germania, alla Seconda guerra mondiale , trovò la morte nel corso di una un’operazione bellica .

L’attrice , preda dello sconforto , in una Roma assediata dai nazifascisti e dai bombardamenti anglo-americani , poté contare sul sostegno e l’amicizia sincera del regista Luchino Visconti, cineasta in ascesa ,grazie al felice esordio nel film : “Senso” , presentatole dal regista- pigmalione Poggioli.

Visconti ,  militante del PCI sin dal tempo del suo apprendistato parigino al soldo del regista e scrittore Jean Cocteau ,impegnato attivamente nella Resistenza  a partire dall’ 8 settembre del 1943, data che ratificò l’Armistizio e la caduta del fascismo ,  non sospettò dell’amore che l’attrice iniziò a nutrire nei suoi confronti e che la spinse ad arruolarsi nelle armate partigiane . Denunciati da un delatore anonimo, furono arrestati entrambi  dai nazifascisti e condotti presso la pensione Jaccarino , quartier generale del  gerarca Pietro Koch , spietato boia di partigiani.

La Denis, accortasi di esercitare un discreto fascino  sul  tenente , che le confessò  durante un interrogatorio di essere un suo ammiratore , si dimostrò disponibile a cedere alla sua corte serrata ,se avesse salvato la vita di Visconti, già condannato alla fucilazione.

Il regista , grazie all’intercessione della Denis fu liberato e, riappropriatosi della sua macchina da presa ,decise di filmare, a scopo documentaristico, i giorni della Liberazione . L’attrice , invece , fu nuovamente arrestata nel 1946 , mentre si trovava sul set della pellicola del regista Giorgio Bianchi: “Cronaca nera”, questa volta con l’accusa di “collaborazionismo con le forze nazifasciste” e trattenuta presso la questura capitolina.

Fugati i sospetti e gli indizi  di una presunta complicità con l’efferato Koch, tentò di proseguire la sua carriera cinematografica in Francia , girando il film del regista Marcel L’Herbier : “Le vie de Bohème” , ma profonda fu la delusione e l’amarezza per l’indifferenza dimostratale dal Visconti, che dagli eventi del 1943 rifiutò sempre d’incontrarla .

Rientrata in Italia  nel 1952 , tornò sul set per una fugace apparizione nella pellicola a episodi del regista Alessandro Blasetti : “Tempi nostri (Zibaldone 2) . Nel 1959, sposatasi con l’avvocato Roberto Guerino , si ritirò dalle scene . Divenuta madre di un bambino affetto da cardiopatia congenita , abbandonata dal marito dopo pochi anni di matrimonio ,  rimase sola ad affrontare la malattia del figlio .

Alla morte del bambino, rinchiusasi nel  dolore, trascorse il resto dell’esistenza in modo solitario , all’interno di una villa sulla Via Appia . Al centro delle polemiche per via del libro autobiografico : “Il gioco della verità”, pubblicato nel 1995  dalla casa editrice Baldini e Castoldi , in cui accusava pubblicamente il regista Luchino Visconti , ( già deceduto nel 1976),  di aver approfittato del suo coinvolgimento sentimentale per avere salva la vita , ricambiandola  con una sprezzante irriconoscenza,  le furono dedicate nell’ ottobre del 2000 ,una mostra e una rassegna cinematografica tenutesi presso il “Museo Internazionale del cinema e dello spettacolo” di Ostia.

Prima di morire  nella sua villa romana ,la mattina del 15 aprile del 2004, nel corso di un’intervista telefonica rilasciata al redattore di una rivista cinematografica , disse : “Nella vita sono sempre stata sola ; nessuno mi ha aiutato veramente ! . Anche Visconti , per il quale, negli anni della Resistenza, rischiai la vita , non fece mai minimamente cenno al fatto che io lo avessi salvato da morte sicura . La sua ingratitudine è stata la mia delusione più grande!” .