Sab. Mar 25th, 2023

Inverno 2023. Napoli, via Partenope. In un pomeriggio freddo  di febbraio, Anna e Marco, una coppia di fidanzati poco più che ventenni passeggia per il lungomare quando , d’un tratto, decide di fermarsi per osservare il panorama del Golfo da Castel dell’Ovo.

“Anna, mo’ che ci siamo fermati, me lo spieghi perché da casa tua a qua non hai pronunciato neppure una  parola?…almeno, me lo potresti dire che cosa ti ho fatto!…”.

“Ah, così, adesso, te lo devo pure spiegare?…”, domanda con tono tra l’arrabbiato e l’ironico, Anna, continuando: “Ma tu proprio non ti ricordi, allora?…E dire che pensavo scherzassi  e che mi avessi organizzato una sorpresa!…Che giorno è oggi?…possibile che tu l’abbia dimenticato?…”.

“Eh, Anna , è possibile, certo che è possibile!…me lo dice sempre anche mia mamma: “Marco , tu ti dimentichi tutto, e, prima o poi , ti dimenticherai pure la testa da qualche parte!…”. A parte gli scherzi, Anna, lo sai, non sono buono per queste cose…non riesco a ricordarmi le date, i numeri, gli appuntamenti, le ricorrenze…però, questo, non significa che non ti voglia bene!…Dai, dimmi, amo’, stavolta  che cosa mi sono dimenticato: compleanno od onomastico?…”, chiede Marco, con aria sorniona.

Ah, quindi, mi prendi anche in giro?…Se proprio lo vuoi sapere, oggi sarebbe, oggi è , il nostro anniversario di fidanzamento: sono esattamente  un anno , due ore, cinquantasette minuti e sei secondi  che ci siamo conosciuti!…”, replica Anna, sempre più adirata.

“Uhà, amo’!…che precisione, pure le ore, i minuti e i secondi !…Amo’, scusa,  ma  il tuo calcolo non è esatto, ecco perché non me ne sono ricordato!…Il fatto è che tu calcoli l’anniversario  a partire dal giorno in cui ci siamo conosciuti, mentre io lo calcolo a partire da quando ci siamo messi insieme…Qui, mi sa, che i conti non tornano!…”, dà la sua spiegazione Marco.

“Marco, ma fai sul serio?…quindi, mi vorresti far credere  di esserti dimenticato del nostro anniversario ,perché tu lo conteggi a partire da quando ci siamo messi insieme?…Una cosa è certa: la memoria, non ce l’hai, ma la fantasia, invece, non ti manca, quella  abbonda!…Senti, lo sai che c’è ?, mi sono stufata di te, delle tue amnesia e della tua ironia fuori luogo, perciò me ne torno a casa, ciao!…”, esclama Anna, allontanandosi e fermandosi  più volte, inseguita da Marco, pronto a chiederle scusa, ma respinto ad ogni tentativo, finché, nonostante si trovino a pochi metri l’uno dall’altra, estratto dalla tasca il suo smartphone, Marco  le invia un messaggio per farle sapere quanto sia dispiaciuto per la dimenticanza e quanto non voglia perderla.

Allorché, Anna, attenuata la delusione, inizia a rispondere ai messaggi, avviando con lui una conversazione online, interrotta solo dopo la proposta di una gita presso la località di vacanza dove   si sono conosciuti, seguita da un riavvicinamento e da un abbraccio a siglare la fine del litigio e la riappacificazione.

“Cherubi’, ma tu hai visto che è successo a quella coppia di fidanzati?…Cioè, quei due stavano a pochi passi l’uno dall’altra e si sono parlati tramite il telefono per mezz’ora!…Cherubi’, ma questa che epoca è?…Io stavo tutto contento che Lui, per il mio settantesimo compleanno, mi avesse fatto il regalo di tornare per un giorno sulla Terra,ma vedere  questa scena mi ha fatto impressione e mi ha fatto passare tutta la gioia!…Cherubi’, ma dove sono finiti i rapporti umani?…possibile mai che ci si riesca a parlare solo tramite un telefono e non guardandosi negli occhi, pure stando vicini?…Cherubi’, ma che è successo  da che me ne sono andato nell’aldilà ?…”, domanda l’attore, regista e sceneggiatore all’ angelo custode che lo  accompagna per il suo ritorno sulla Terra, in occasione dei suoi settant’anni.

“Massimi’, è il progresso tecnologico e come tutte le cose ha i suoi pro e i suoi contro, i vantaggi e gli svantaggi, gli aspetti positivi e quelli negativi!…E poi, suvvia!, non essere così severo…in fondo, anche tu ,nei tuoi film, quarant’anni fa, lo dicevi che le relazioni umane sono complicate…Dai, adesso, non ci rattristiamo e godiamoci questo panorama, che è meraviglioso pure d’inverno!…”, esorta il cherubino, rincuorando Troisi.

“Sì, sì, cherubi’,  la vista del Golfo è sempre bellissima come me la ricordavo, almeno quella  non è cambiata!…Forse, sai qual è il fatto, cherubi’ ?: è che tengo settant’anni e sto invecchiando e, allora, mi sembra diverso tutto!…”, sentenzia l’attore e regista, subito incalzato dall’angelo custode: “Ma quale vecchia e vecchiaia , Massimi’!…I tuoi sono settant’anni di spirito e lo spirito non invecchia mai!…Parafrasando il titolo di una commedia dei  De Filippo, si potrebbe dire: Massimi’, “Settanta, ma non li dimostra”!…”.

“Comm’aggio accuminciato? Ecco…io ero ‘nu guaglione …ero andato a vedere un grande film. Si trattava di “Roma città aperta”, chillu grande lavoro di Rossellini. Me n’ero uscito r’o cinema con tutte quelle immagini rint’ a capa e tutte quante le emozioni dentro. Mi sono fermato ‘nu mumento e m’aggio ritto… “Massimo, da grande tu devi fa ‘o geometra”. Così, l’attore ,regista e sceneggiatore Massimo Troisi, raccontava con ironia dei suoi inizi ,ai microfoni di Gianni Minà nella trasmissione di Rai Due “Blitz”.

Nato a San Giorgio a Cremano, il 19 febbraio 1953, da Alfredo, ferroviere e da Elena Andinolfi, casalinga,  cresce in un’abitazione condivisa con due fratelli e tre sorelle,  i nonni materni, gli zii e cinque cugini e muove i primi passi nel mondo dello spettacolo da neonato, poiché una nota azienda alimentare lo sceglie come testimonial per una campagna pubblicitaria del latte in polvere.

Sviluppata da bambino una cardiopatia, affronta con forza i suoi problemi di salute anche grazie alla passione per l’Arte e per la Poesia, sviluppata sin dall’adolescenza, che trascorre componendo versi e, dedicandosi al Teatro.

Vinto un premio locale di poesia, dedicato allo scrittore, regista, sceneggiatore e drammaturgo Pier Paolo Pasolini, tra i suoi autori preferiti, a quindici anni,  studente dell’Istituto Tecnico per Geometri, debutta sul palcoscenico del teatro parrocchiale della chiesa  di Sant’Anna insieme con gli amici d’infanzia Lello Arena, Nico Mucci e Valeria Pezza, in quanto chiamato improvvisamente a sostituire uno degli attori protagonisti assentatosi.

Inizialmente timido e impacciato, esibizione dopo esibizione ,prende confidenza con il palcoscenico  e oltre ad interpretare degli sketch, scrive anche brevi atti unici, avvicinandosi alla Commedia dell’Arte.

Nel 1970, infatti, insieme con Peppe Borrelli, Lello Arena e Costantino Punzo, porta in scena  una farsa di Antonio Petito , “’E spirete dint’ ‘a casa ‘e Pulcinella” e fonda con questi ultimi il gruppo “Rh-Negativo”, al quale presto si aggiunge Enzo Decaro, con cui realizza gli spettacoli “Crocifissioni  d’oggi”, sua prima prova da autore e regista, in collaborazione con Beppe Borrelli, nella quale racconta di tematiche sociali e di attualità e “Si chiama Stellina”, commedia in due atti.

Trasferitosi dal teatro parrocchiale a un garage, dove viene fondato il “Centro Teatro Spazio”, il gruppo di attori propone agli spettatori rappresentazioni in cui la tradizionale drammaturgia partenopea si fonde con la modernità del cabaret, raccogliendo un largo consenso di pubblico.

Poi, Troisi, sottopostosi  a un intervento cardiochirurgico,  dopo essersi rimesso, insieme con Lello Arena ed Enzo Decaro, riorganizza l’attività del suo gruppo teatrale, rinominato “I saraceni”,  con cui si presenta al Teatro Sancarluccio di Napoli  dove la formazione porta in scena uno spettacolo, il primo di una serie, che riscuote un largo consenso specie tra i  giovani.

Quindi,  il trio, cambiato nuovamente il nome  ne “La Smorfia”, nome che ricorda la tradizione napoletana in cui ogni sogno interpretato corrisponde a un numero da giocare al lotto, grazie al successo riscosso presso il Teatro partenopeo, si trasferisce nella Capitale, dove si esibisce presso il cabaret La Chanson, prima tappa di un tour che lo porta in giro per i teatri di tutta Italia, alternando alle tavole del palcoscenico gli studi radiofonici, nei quali anima con i suoi  sketch la trasmissione  “Cordialmente insieme”.

Notato dal Enzo Trapani e da Giancarlo Magalli, l’uno regista e l’altro autore del programma Rai “Non stop”, il trio de “La Smorfia”, esordisce in televisione, affermandosi anche a livello nazionale, risultato che fa approdare Troisi, Arena e Decaro al varietà del sabato sera della Rai, condotto da Pippo Baudo, “Luna Park”. Tra gli sketch destinati ad entrare nella memoria collettiva, messi in scena in questi anni: quello dell’ “Annunciazione”, in cui Troisi impersona la moglie di un pescatore scambiato dall’Arcangelo Gabriele (Lello Arena) per la Vergine Maria, e quello di “Noè”, in cui Troisi cerca di ottenere dal Patriarca (Arena) e dal suo aiutate Cam (Decaro) il permesso di salire sull’Arca, fingendosi un animale : il “minollo”.

Nel 1981, sciolta “La Smorfia”, Troisi decide di passare dal piccolo al grande schermo,scritturato dai produttori Fulvio Lucisano e Mauro Berardi per il film di Luigi Magni ,ispirato  alla storia di re Franceschiello, progetto cinematografico poi non realizzato, cui segue la proposta di Berardi di scrivere, interpretare e dirigere una commedia da solo.

Così, il 12 marzo dello stesso anno , esce nelle sale  “Ricomincio da tre”, film sceneggiato da Troisi, insieme con Anna Pavignano , con le musiche dall’amico cantautore Pino Daniele, in cui interpreta “Gaetano” , un ragazzo napoletano che decide di trasferirsi a Firenze per entrare in contatto con una realtà diversa e fare nuove esperienze.

La pellicola, girata in sei settimane, conquista il pubblico al punto da rimanere in cartellone per più di seicento giorni e vince numerosi premi per la regia  e l’interpretazione, quali: due David di Donatello, tre Nastri d’Argento e due Globi d’oro.

Ricevuti gli elogi dalla critica, che lo considera l’erede dei grandi maestri della comicità e del Teatro partenopeo come Totò ed Eduardo De Filippo, nel 1982, Troisi,  per la serie curata da Rai Tre “Che fai…ridi?!”, realizza con Anna Pavignano il film “Morto Troisi , viva Troisi!”, in cui , attraverso una narrazione ironica  e grottesca, inscena la sua morte prematura e  racconta la sua carriera, attraverso  spezzoni televisivi delle sue pellicole e dei suoi spettacoli in teatro, e, successivamente,  partecipa in qualità di soggettista e attore al film diretto da Ludovico Gasparini “No grazie, il caffè mi rende nervoso”, in cui recita sé stesso , atteso come ospite al Primo Festival Nuova Napoli, obiettivo principale del personaggio di un maniaco interpretato da Lello Arena, intenzionato a uccidere chiunque partecipi alla rinomata manifestazione e, infine, ucciso da quest’ultimo.

Nel 1983,invece ,scrive, sempre insieme con Anna Pavignano, e gira la sua seconda pellicola  “Scusate il ritardo”, uscita nelle sale il 7 marzo 1983, a due anni di distanza dalla prima, in cui interpreta  “Vincenzo”, uomo timido e impacciato, timoroso nel vivere il suo rapporto d’amore con “Anna”(Giuliana De Sio).

Tutt’altre atmosfere, invece, quelle ricostruite nel film “Non ci resta che piangere”, sceneggiato, diretto e interpretato da Troisi,  insieme con il coprotagonista Roberto Benigni e con la collaborazione del regista e sceneggiatore, Giuseppe Bertolucci, incentrato sulla vicenda di due amici ritrovatisi d’un tratto nell’epoca storica del Quattrocento, nell’anno della scoperta dell’America da parte di Cristoforo Colombo, di cui ,tra avventure e scambi di battute esilaranti, frutto di una brillante improvvisazione,  cercheranno di impedire la partenza e la colonizzazione delle Americhe.

La coppia Troisi-Benigni funziona e la pellicola segna il record d’incassi, consacrando gli attori a novelli Totò e Peppino, anche grazie alla evocazione nel corso della commedia della famosa scena della lettera presente nel film di Camillo Mastrocinque Totò, Peppino e la… malafemmina”.

Tornato nelle vesti di attore, abbandonando momentaneamente quelle di regista e sceneggiatore, Troisi, nel 1986 , recita nella pellicola diretta da Cinzia TH Torrini, “Hotel Colonial”, ambientata in Colombia, in cui interpreta “Werner”, un traghettatore emigrato in Sudamerica che aiuta il protagonista ,“Marco Venieri”, (John Savage) a trovare il fratello scomparso, ma la svolta che segna la sua evoluzione artistica arriva l’anno successivo, nel 1987, quando scrive  con Anna Pavignano, dirige e interpreta  “Le vie del Signore sono finite”, film premiato con un Nastro d’Argento per la “migliore sceneggiatura”, in cui impersona “Camillo Pianese”, barbiere affetto da una malattia psicosomatica.

Mancato Pulcinella in uno spettacolo di Roberto De Simone, fra il 1987 e il 1989, si fa dirigere da Ettore Scola  in tre  pellicole , in due delle quali vi è un coprotagonista d’eccezione, Marcello Mastroianni: Splendor”, in cui riveste il ruolo di  “Luigi”, proiezionista sensibile che si interroga sulla crisi del Cinema, e “Che ora è”, vicenda incentrata  sul rapporto conflittuale tra un padre e un figlio, con cui si aggiudicano entrambi , ex aequo, il premio Coppia Volpi per la “migliore interpretazione” alla Mostra del Cinema di Venezia.

Collaborato un’ultima volta con Scola  per la realizzazione del film  “Il viaggio di Capitan Fracassa”, nel quale impersona la maschera di Pulcinella, in una trama desunta dalla Commedia dell’Arte, nel 1991, scrive con Anna Pavignano, dirige e interpreta “Pensavo fosse amore…invece era un calesse”, pellicola, scandita nuovamente da una colonna sonora realizzata da Pino Daniele, nella  quale, accanto a Francesca Neri, affronta il tema dell’amore e della difficoltà di una coppia , “Tommaso e Cecilia”, a relazionarsi.

Trascorsi tre anni, Troisi torna sul set dopo aver letto il romanzo di  Antonio Skarmeta  “Il postino di Neruda”, per dirigere il film tratto da quest’ultimo, “Il postino”, sceneggiato con il regista Michael Radford, incontrato già  anni prima, con Anna Pavignano e con Furio e Giacomo Scarpelli, la cui trama, incentrata sull’amicizia tra un postino e il poeta cileno Pablo Neruda,  viene ultimata a Los Angeles, negli Stati Uniti, dove l’attore, sceneggiatore e regista partenopeo, a fronte di un controllo medico , scopre di doversi operare d’urgenza, circostanza che avrebbe determinato un ritardo nell’avvio delle riprese.

Tuttavia, Troisi , decide di posticipare  l’intervento e di farsi sostituire da una controfigura (Gerardo Ferrara) nelle scene più faticose in bicicletta, pur di girare la pellicola (valsagli poi una candidatura all’Oscar come miglior attore e la vittoria dello stesso premio per la miglior colonna sonora curata da Luis Bakalov), interpretata accanto a Philippe Noiret, nei panni del “poeta Neruda”, e a Maria Grazia Cucinotta, nel ruolo di “Beatrice”, l’amata dal postino-poeta “Mario”,  le cui riprese, realizzate tra Cinecittà e le isole di Salina e Procida, iniziano nel marzo del 1994 per terminare nel giugno dello stesso anno, qualche giorno prima della sua morte , avvenuta  nel sonno, il 4 giugno, per via di un attacco cardiaco, all’età di quarantuno anni,  presso l’abitazione di famiglia sul litorale romano.

Salutato da familiari e amici nel corso delle esequie svoltesi il 6 giugno, presso la chiesa di San Giorgio a Cremano, di lui, durante l’omelia, il parroco dice: “Massimo era un lettore attento delle vicende della quotidianità , un  interprete intelligente dei bisogni della gente comune, portavoce delle ansie di solidarietà, onestà e fraternità”.

Per rendere omaggio all’amico e collega, a pochi giorni dalla sua scomparsa, l’attore e regista  Roberto Benigni, compone per lui una poesia:

Non so cosa teneva dint’a capa;

intelligente, generoso, scaltro,

per lui non vale il detto che è del Papa,

morto un Troisi non se ne fa un altro.

Morto Troisi muore la segreta

arte di quella dolce tarantella,

ciò che Moravia disse del Poeta

io lo ridico per un Pulcinella.

La gioia di bagnarsi in quel diluvio

di jamm, o’ saccio, ‘naggia, oilloc, azz!;

era come parlare col Vesuvio, era come ascoltare del buon Jazz.

“Non si capisce”, urlavano sicuri,

“questo Troisi se ne resti al Sud!”

Adesso lo capiscono i canguri,

gli Indiani e i miliardari di Hollywood!

Con lui ho capito tutta la bellezza

di Napoli, la gente, il suo destino,

e non m’ha mai parlato della pizza,

e non m’ha mai suonato il mandolino.

O Massimino io ti tengo in serbo

fra ciò che il mondo dona di più caro,

ha fatto più miracoli il tuo verbo

di quello dell’amato San Gennaro”.

N.B. Si precisa che i fatti raccontati sono frutto di una ricostruzione fantasiosa della giornalista , pur traendo spunto da dati biografici reali.

Per la biografia, citazioni e fonti: sito ufficiale dell’artista: Wikipedia, articolo di Ottavio Ragone del 6 giugno 1994 per La Repubblica (“Tutta S.Giorgio in strada per l’ultimo saluto a Massimo”).