Primavera 2019. Firenze. All’interno del Teatro La Pergola, il regista e drammaturgo Maurizio Scaparro, in scena da alcuni giorni con lo spettacolo “Memorie di Adriano“ di Marguerite Yourcenar, sta presiedendo i provini per sostituire un attore ammalatosi improvvisamente, quando da una delle porte laterali di accesso al palcoscenico fa il suo ingresso sulla scena un ragazzo, che, vestito da antico romano, incomincia a recitare un monologo. “Stoooop!,ma da dove è sbucato questo!…”,risuona una voce dal buio della platea. “Giovanotto, ma lei che ci fa qui?, chi l’ha fatta entrare?…noi, qui, abbiamo un elenco di attori che si sono iscritti ai nostri provini…Io, non so se lei sia nella lista…Ad ogni modo, dovrebbe aspettare la nostra chiamata!…”, spiega l’assistente del regista, prontamente interrotto dal maestro Scaparro, che ,seduto in platea, fa cenno al tecnico di accendere le luci,ammonendo il collaboratore: “Aspetta, aspetta un momento, vediamo il ragazzo dove vuole arrivare!…”. “Buongiorno, maestro!… Il mio nome è Battistoni Giuseppe e vengo dal profondo Sud, esattamente dalla provincia di Barletta”, prende la parola l’aspirante attore,facendosi coraggio, “…Maestro, lei mi deve scusare se ho fatto irruzione così, sul palcoscenico, senza rispettare l’ordine di ingresso, ma il fatto è che io ventisette anni e da cinque lotto per imporre in Teatro un mio discorso…un certo stile, che, secondo il mio modesto parere, è originale, unico, inimitabile, insomma!…Perciò, maestro, se mi dà il permesso, io le proporrei la mia personalissima versione del “Giulio Cesare” di Shakespeare!…”. ” “Giulio Cesare”, perbacco, giovanotto!…lei si cimenenta con un testo monumentale del Teatro!…Bene, e che le devo dire?, se è sicuro dei suoi mezzi, vada vada, proceda pure…noi siamo qui ad ascoltarla!…”, dà il suo benestare all’interpretazione, il regista Scaparro, che, ascoltato il monologo del ragazzo fino alla fine, con gli occhi ancora chiusi per concentrarsi meglio, principia il suo giudizio: “Giovanotto, cosa vuole che le dica?…tecnicamente ,lei, è credibile…ma la sua interpretazione non mi è sembrata né”originale” né”unica” come l’aveva definita lei!…”, constata il regista in maniera diretta e senza infingimenti, “Ragazzo mio, lo sa qual è il suo problema?…lei è troppo sicuro di sé…lei, si prende troppo sul serio…e questo non è un bene!…Vede , lei è talmente convinto di sé che ,invece di recitare per gli spettatori e per chi l’ascolta, recita per se stesso o meglio per complimentarsi con se stesso!…anzi, le dirò, dalla sua recitazione ho dedotto che lei è proprio innamorato di se stesso!…questo, non va bene, no no!…Guardi, io ho lavorato con i più grandi tra attori e registi: Albertazzi, Ronconi, Strehler e tutti si detestavano, si trovavano dei difetti…altro che compiacimento!…Sa cosa c’è?… lei , come molti dei suoi colleghi, ha fatto l’errore di prendere troppo sul serio il Teatro…come se fosse una questione di vita o di morte e invece, il Teatro è un filo sospeso nel vuoto su cui passeggia il funambolo che è l’attore e ai due estremi oscillano il rigore della disciplina e il gioco della leggerezza…Perciò, ragazzo mio, mi ascolti : giochi, giochi con le parole, giochi con il suo personaggio, con la sua interpretazione, giochi con il pubblico, ma sempre rispettandolo e rispettando se stesso!…Non si atteggi a vate , ma neppure a buffone!…lasci parlare in modo spontaneo il suo talento e vedrà che, così, praticherà il vero Teatro, quello della leggerezza!, quello che si fa per il pubblico e non per sé o per i critici!…Ah, dimenticavo, la prossima volta, al prossimo provino, sempre per non prendersi troppo sul serio, rispetti il suo turno!…”.
“La vanità crea un difficile rapporto con se stessi. Fino a un certo punto protegge la creatività, ma quando va oltre, la distrugge. A Teatro preferisco il rigore e la leggerezza. Il vero attore è un incontro di leggerezza e potenza. E’ come un funambolo che si muove sulla corda tesa. Questa per me, è l’immagine che spiega cos’è il Teatro”. Così, il regista teatrale, critico e docente Maurizio Scaparro, a proposito del Teatro, in un’intervista a La Repubblica. Nato a Roma il 2 settembre 1932 , in una famiglia della media borghesia, ancora giovanissimo alterna agli studi il lavoro come magazziniere, cui segue quello di venditore di macchine da scrivere e , infine, di dirigente.Poi,avvicinatosi al Teatro grazie alla frequentazione dei registi Luca Ronconi, Giorgio Strehler,Luchino Visconti e Peter Brooks, e dell’attore Mario Scaccia , si dedica alla recitazione, non senza destare preoccupazione nella madre, contaria alla sua scelta. In seguito, interrotta l’eperienza di attore, scrive recensioni di spettacoli, entrando nel 1956 come critico teatrale all’”Avanti”, dove conosce il drammaturgo, sceneggiatore e critico Gigo De Chiara, con il quale, nel 1961, fonda la rivista “Teatro Nuovo“. Quindi, divenuto direttore artistico del Tearto Stabile di Bologna, rimedia alla defezione di un regista dirigendo una pièce, raccogliendo un tale consenso di pubblico da decidere di cimentarsi nella regia. Infatti, nel 1964 debutta portando in palcoscenico, in occasione dei vent’anni della Resistenza, lo spettacolo “Festa grande“, con cui si impone all’attenzione della critica. Nel 1965, invece, dirige “La Venexiana”, commedia di un anonimo cinquecentesco, incentrata sulla figura di una cortigiana, di cui negli anni realizza tre versioni: la prima, interpretata da Laura Adani e le altre da Valeria Moriconi e da Claudia Cardinale. Designato direttore del Festival Internazionale di Teatro, nell’ambito della Biennale di Venezia, che presiede dal 1979 al 1982, nel 1983 cura la regia televisiva di “Don Chisciotte“, tratto dall’omonimo romanzo di Cervantes,con protagonisti gli attori Pino Micol e Peppe Barra. Tornato al Teatro, dopo la breve parentesi televisiva, con lo spettacolo “Vita di Galileo“, nel ventennio Ottanta/Novanta alterna le regie teatrali (“Memorie di Adriano“, di Marguerite Yourcenar, con Giorgio Albertazzi, “Excelsior” e “Le mille e una notte. Frammenti di un sogno mediterraneo”,con Massimo Ranieri, “La coscienza di Zeno”, dall’omonimo romanzo di Italo Svevo, con Giuseppe Pambieri, “Caligola” di Albert Camus, “Il fu Mattia Pascal di Luigi Pirandello, “Il teatro comico” di Goldoni, “Il giovane Faust”, di Johann Wolfgang Goethe, “Amleto“, “Riccardo II“, “Giulio Cesare” di William Shakespeare) a quelle di sceneggiati Tv (“Rocco Scotellaro“, “Pulcinella” e “Liolà” di Luigi Pirandello, con Massimo Ranieri) e prose televisive Rai (“La casa sulla frontiera“, con,tra gli altri, Renato Rascel e “L’uomo dal fiore in bocca” di Luigi Pirandello, con Vittorio Gassmann, “Il candidato” di Gustave Flaubert, con Gigi Reder e Silvana Pampanini, “Scontro di notte” di Clifford Odets, “Gastone” di Ettore Petrolini ,con Miranda Martino e Mario Scaccia). Docente di Storia del Teatro per l’Università Telematica Internazionale dei canali di Rai Nettuno Sat e direttore di diversi teatri (Teatro di Bolzano, Teatro di Roma, Teatro Eliseo e Theatre des Italiens di Parigi), fra il 2000 e il 2019 dirige gli spettacoli: “Amerika” di Franz Kafka, “La pianista perfetta” di Giuseppe Manfridi, con Guenda Goria , “Aspettando Godot” di Samuel Beckett, con Edoardo Siravo e Antonio Salines e la riedizione di “Memorie di Adriano” , con Pino Micol. Di recente, in occasione dell’ottantasettesimo compleanno, ha dichiarato: “Non credo si possa essere ottimisti nel vivere in questo periodo , però sono positivo per quanto riguarda la forza del Teatro. Malgrado quel che accade in Italia, in Europa e nel mondo, il Teatro resta parola, pensiero, libertà, è ricordarsi ogni volta che siamo stati , siamo e saremo. Il Teatro di cui parliamo oggi è contro il nemico che ci aspetta, la stupidità. Oggi, ce n’è tanta, tanta, tanta, troppa e può farci del male. Penso che il Teatro sia anche un manifesto contro la stupidità”.
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