Inverno 2008. Milano. In una sala della Galleria Nazionale d’Arte antica e moderna della Pinacoteca di Brera, è in corso un’asta di beneficenza alla quale partecipano alcune personalità rilevanti della cultura, dello spettacolo e dell’imprenditoria, tra le quali la cantante e attrice Milva, in procinto di partecipare in gara al Festival di Sanremo con la canzone “The show must go on“, composta per lei dallo scrittore, attore e paroliere Giorgio Faletti. Chiamata a battere la base d’asta per la vendita di un grammofono, la “cantattrice”, salita su un palchetto, dà inizio alla gara delle offerte, conclusasi con una contesa tra due possibili acquirenti. “Guardi, signora, che c’ero prima io!…Lei ha alzato la mano troppo tardi, quando l’offerta era già stata chiusa …quindi, la prego di non insistere e di tornare al suo posto!…”, esclama il cavaliere Arturo Ambrogetti, appassionato collezionista di oggetti d’epoca. “Scusi, sa,ma non ho mica capito!…ma come si permette, lei, di dirmi di andare a sedermi!…Guardi che lei è proprio un maleducato!…anzi,no, lei è un vero prepotente!…”, lo ammonisce la signora Wanda Cerquetti, ex insegnante di canto lirico al Conservatorio, continuando: “Io ho fatto la mia offerta prima che il battitore chiudesse le offerte, proprio sul filo di lana, ma comunque in tempo e ,siccome la mia offerta era più alta della sua, il grammofono lo acquisto io, che, se permette, ne ho diritto perché sono una soprano e un insegnate del Conservatorio in pensione!…”. “Ah!, e questo cosa centra?…Io non sono un tenore, non insegno canto lirico al Conservatorio, ma sono un collezionista di oggetti d’epoca…e allora?, ma che ragionamenti sono!…Guardi che qui non contano né le professioni né i titoli, ma solo le offerte per alzata di mano, chi fa prima e offre di più si porta a casa il pezzo raro!…”, spiega il cavaliere. “Senta, buon uomo, non c’è bisogno che lei mi spieghi cos’è un’asta, lo so perfettamente: vi partecipo da anni!”, ribatte la soprano ed ex insegnante, cambiando tono per cercare di persudere il cavalier Ambrogetti,”…Senta, io non voglio litigare con lei, non ne ho proprio voglia…e poi questa è anche, anzi, soprattutto un’asta di beneficenza…Il fatto è che quel grammofono per me ha un valore inestimabile…Ora, le racconto perché…Vede, le sembrerà incredibile,ma quel grammofono era del mio bisnonno ,che era un affermato pianista, e suonò con i più grandi musicisti dei primi del Novecento…Poi fu costretto a venderlo per un piccolo debito contratto e da quel momento se ne separò per sempre…Ora capisce, perché ci tengo: è un oggetto di famiglia e vorrei che tornasse al suo posto!…”. “Io capisco, signora, la sua storia è molto commuovente, ma io ho fatto la mia offerta per il grammofono prima di lei, quindi…Però, non si preoccupi le prometto che lo custodirò come se appartenesse alla mia di famiglia…”, promette con tono sarcastico il cavalier Ambrogetti, interrotto da Milva: “Orsù, andiamo!, ma che gentiluomo è lei?…e poi scusi, sa, ma di grammofoni all’asta ne battono tanti, perché non aspetta il prossimo?…Senta, guardi, lasci che glielo dica: la vita è già così dura, perché inasprirla con queste contese?…E poi, più che un grammofono, è importante la musica che trasmette!…Quindi, che ne direbbe di acquistare piuttosto una bella collezione di dischi?…pensi che all’asta ci sono le prime incisioni di Caruso, il tenore,…in una canta “‘O Sole mio”, del repertorio classico napoletano…Allora che ne dice?, perché disputare per un grammofono, quando potrebbe allietare alcune ore della sua giornata con una musica così sublime?…Sa, cosa diceva Goethe?…”Si dovrebbe, almeno ogni giorno, ascoltare qualche canzone, leggere una bella poesia, vedere un bel quadro, e , se possibile, dire qualche parola ragionevole…”. Insomma, si dovrebbe vivere d’arte!…”.
“Ritengo che la speciale combinazione di capacità, versatilità e passione sia stato il mio dono più prezioso al pubblico e alla musica e per questo voglio essere ricordata. Oggi, questa magica e difficile combinazione, forse, non mi è più accessibile: perciò, dato qualche sbalzo di pressione, una sciatalgia a volte assai dolorosa, qualche affanno metabolico e soprattutto , dati gli inevitabili veli che l’età dispiega sia sulle corde vocali sia sulla prontezza di riflessi, l’energia e la resistenza, ho deciso di abbandonare definitivamente lo spettacolo e fare un passo indietro in direzione della sala d’incisione, da cui posso continuare a offrire ancora un contributo pregevole e sofisticato”. Così, la cantante e attrice Milva,nel 2010, a La Stampa, in occasione del suo ritiro dalle scene. Nata a Goro il 17 luglio 1939, Maria Ilva Biolcati, questo il vero nome dell’artista, inizia già da adolescente a cantare nelle balere del ferrarese con lo pseudonimo di “Sabrina“, dove mette in luce talento vocale e grinta. Quindi, vinto un concorso canoro, sbaragliando settemila e seicento candidati, con l’interpretazione delle canzoni: “Acque amare” di Carla Boni e “Dicembre m’ha portato una canzone” di Nilla Pizzi, regine della melodia all’italiana, viene notata dalla casa discografica “Cetra”, che le offre un contratto e la possibilità di partecipare alle edizioni 1961 e 1962 del Festival di Sanremo, con i brani: “Il mare nel cassetto” e “Tango italiano“, classificatisi , rispettivamente, al terzo e al secondo posto. Gli album d’esordio, “Flamenco rock” e “Blue spanish eyes” presentano un taglio melodico, che le fa guadagnare la ribalta e le copertine delle riviste come rivale di Mina. Tuttavia, verso la metà degli anni Sessanta, nella carriera della “Pantera di Goro”, arriva una svolta, determinata dall’incontro con il regista Maurizio Corgnati , sposato poi nel 1961 e da cui nel 1963 ha la figlia Martina. Così, dalle “Canzoni del Tabarin” (1963) ai “Canti della libertà” (1965), il suo repertorio si fa via via più ricercato attraverso la scelta di canzoni legate alla cultura e alla tradizione italiane, come “Bella ciao“, canto partigiano che risuona negli studi della celebre trasmissione televisiva “Canzonissima“, la cui eco giunge fino al tempio francese della musica: l’ “Olympia”, dove, invitata dall’impresario Bruno Coquatrix, stupisce la platea con una sofisticata versione del brano “Milord“, cavallo di battaglia della “chanteuse” Edith Piaf di cui,secondo i francesi, è l’erde naturale. Ma gli allori e la gloria raccolti in Francia non la allontanano dalle sue radici popolari, infatti, nel 1968, ritorna a calcare il palcoscenico del “Festival della Riviera“, con il brano “Canzone”, firmato da Don Backy, orfano del clan del “molleggiato” Adriano Celentano ,con il quale si aggiudica ancora un terzo posto. Gli anni Settanta, invece, la vedono alle prese con il teatro e con un debutto da attrice “brillante” a fianco del comico Gino Bramieri. Tuttavia, il sodalizio rivelatosi vincente è quello con il regista del “Piccolo Teatro” milanese, Giorgio Streheler, con il quale nel 1973, dopo l’esecuzione sanremese della canzone (terzo posto): “Da troppo tempo”, allestisce la messa in scena de “L’Opera da tre soldi“, del drammaturgo tedesco Bertolt Brecht, con intermezzi musicali del compositore Kurt Weill. Straordinario successo riscuotono la sua interpretazione della canzonetta “Jenny dei pirati” e i suoi recital “Milva canta Brecht”, “Milva Brecht“, divenuti poi LP. In quegli stessi anni, l’impresario Elio Gigante le propone tournèe in Francia e in Germania, che, visti gli esiti trionfali, la consacrano definitivamente artista a livello internazionale. Nonostante questo, continua a cantare filastrocche apparentemente disimpegnate come: “Cos’è cos’è che fa andare La filanda è chiara la faccenda son quelle come me…”, inno di protesta operaia portato al successo della cantante portoghese Amàlia Rodrigues, premiato nel 1972, con la “Gondola d’oro“alla Mostra Internazionale di musica leggera di Venezia. Indomita, difende posizioni politiche dichiaratamente “di sinistra”, mostrando nella canzone “La rossa“, scritta dal cantautore Enzo Jannacci , di saper sdrammatizzare il suo piglio serioso e corrucciato di “artista impegnata”. Nel 1982, invece, propone al pubblico l’ascolto del brano “Alexander Platz“, malinconico spaccato di vita berlinese in piena “cortina ferro”, delinato dalla sensibilità narravita e musicale di Franco Battiato, che, per la raffinata cantante, compone anche gli album: “Milva e dintorni” (1982) e “Svegliando l’amante che dorme” (1989). Del resto, nel decennio Ottanta, reiterate sono le collaborazioni con compositori quali: Luciano Berio, per cui interpreta “La vera storia” e, Astor Piazzolla, per cui, nel 1984 è “Maria de Buonos Aires“. Sodalizi artistici di pregio sono stretti anche negli anni Novanta, dando luogo a delicate rappresentazioni di “teatro/canzone”, i cui testi sono realizzati, tra gli altri, dallo scrittore Umberto Eco e dai poeti Andrea Zanzotto e Alda Merini. Compiuti cinquant’anni di carriera, nel 2007 è la protagonista indiscussa e la vincitrice morale del “Festival di Sanremo” con la canzone “The show must go on“, composta ,come l’intero disco intitolato “In territorio nemico“, dallo scrittore, attore, autore, Giorgio Faletti ed eliminata dalla competizione. Pluridecorata con riconoscimenti e onorificenze in Italia e all’estero (Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Federale di Germania, nel 2006; Ufficiale dell’Ordre des Arts et des Letters,nel 1995; Cavaliere della Legion d’onore della Repubblica Francesce,nel 2009; Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, nel 2010), nel 2010 annuncia il suo ritiro dalle scene ,ma fra la primavera e l’inverno del 2011, incanta nuovamente gli spettatori, recitando e cantando ne: “La variante di Luneburg“, spettacolo trattato dal libro di Paolo Maurensing, con parti musicali curate da Valter Silvilotti. Insignita, su proposta del cantautore Cristiano Malgioglio ,del Premio alla carriera nel corso del sessantasettesima edizione del Festival di Sanremo, condotta e diretta artisticamente da Claudio Baglioni, nel luglio 2019, in occasione del suo ottantesimo compleanno, rilascia un’intervista a Il Corriere della Sera. Apparsa per l’ultima volta nel maggio 2020, nel video musicale della canzone “Domani è primavera” del cantautore Dario Gray, incisa con altri artisti per l’emergenza da Covid19, si è spenta il 23 aprile scorso, all’età di ottantuno anni, nella sua casa milanese, circondata dall’affetto della figlia Martina e dell’assistente Edith. Salutata da familiari e colleghi presso il “Piccolo Teatro” di Milano, di sé ha detto: “Trovo delle emozioni nella musica, in un’opera d’arte, nell’affetto profondo dei miei familiari e nelle persone che mi sono vicine, nei tortellini come li faceva mia madre…e nel dormire bene. Sono lusingata d’aver collaborato con grandi personaggi e uomini di cultura come Strehler o Werner Herzog…però io ho sempre fatto quello che mi piaceva, che mi sembrava importante e, comunque , del mio gusto. La buona musica mi ha sempre raggiunta nel più profondo dell’anima e ho cercato di renderle giustizia con la mia voce. Interpretare è amare”.