Sab. Apr 1st, 2023

Primavera 2001. Roma, Villa Borghese, ingresso su piazzale Flaminio. Su una panchina dello storico parco di Roma, l’attore, doppiatore, regista e cantante Nino Manfredi, sta leggendo un quotidiano, quando viene distratto dalle urla  di un gruppo di ragazzi, intenti a giocare a calcio. Interrotta più volte la lettura di una pagina di cronaca, per la mancanza di concentrazione,decide di riprendere gli adolescenti irrequieti ,proprio quando uno di questi, colpisce il pallone in rovesciata scagliandolo con violenza contro il giornale. “‘A ragazzi’, ma…ve pare questo er modo?…”, domanda con tono irritato l’attore, continuando “…guardate che io potrei essere vostro nonno!…e poi, se al mio posto ci fosse stata, che ne so: una mamma con un neonato o un bambino che cosa gli sarebbe accaduto?…una bella pallonata in testa e zaaac!…al traumatologico!…Eh, no, non si fa così…voi dovete stare attenti mentre giocate, guardare chi c’è intorno, rendervi conto dei danni che potreste arrecare!…Che c’è, non parlate?…avete perso la lingua?…fino a qualche istante fa urlavate come Tarzan nella giungla…Ma poi, voi, a quest’ora, non dovreste sta’ a scuola?…Non mi dite che l’avete marinata?…”. “Mariiiii che?…oh, ma che stai a di’, ‘a nonne’?…”, chiede uno dei ragazzi, che non lo ha riconosciuto, incalzato da Manfredi, che risponde: “Intanto, moderiamo i toni…e poi ho soltanto chiesto se non foste andati a scuola!…”. “Ahhhh!, mo’ ho capito!…Sì, a scuola ce dovevamo anda’, ma poi…il fatto è che stamattina c’era er compito de Trigonometria e noi non siamo preparati!…”, rivela il ragazzo. “Eh, ma così non va bene!…voi dovete studiare: è importante, per il vostro futuro…e poi, perché scappare?, i problemi non si risolvono così, i problemi si affrontano…si va dall’insegnante e si dice: “Sono impreparato, perché non ho studiato. E’ colpa mia e recupererò!…”, spiega Manfredi, subito canzonato dal ragazzo: “Seeee!…così prima ancora di fini’ il discorso c’ha già messo 2 e c’ha mandato a posto!…”,esclama il ragazzo. “‘A ragazzi’, sentitemi bene tutti…quando c’avevo la vostra età, lo sapete dov’è che stavo?…Stavo in sanatorio…cos’è?…è un ospedale per gli ammalati di tubercolosi…lo sapete quanti amici, quanti compagni di stanza ho visto mori’  là dentro?, inizia a raccontare, l’attore,”…Io, ogni giorno l’affrontavo la realtà…ogni giorno ero costretto ad affronta’ i miei problemi di salute e pure quelli degli altri e mica potevo scappa’!…Una sola cosa me rincuorava, ‘na sola cosa era la mia consolazione: canta’…e cantavo sempre una canzone che mi suonava da piccolo mio zio,  una canzone antica, che cantava un attore degli anni Venti: Ettore Petrolini, e sapete come fa il ritornello?: “Tanto pe’ canta’ perché me sento un friccico ner core…”…ditemi ‘n’po’ lo sapete voi  cos’è ‘sto “friccico ner core”?…era la sua malattia: l’angina pectoris…eppure Petrolini l’affrontava, tutti i giorni, tutte le sere, ridendo in scena…E allora se ce l’ha fatta lui, se ce l’ho fatta io, perché non dovreste farcela pure voi ad affrontare la vita?…Comunque,adesso ve saluto che me ne devo anna’, a  casa m’aspettano, che oggi compio ottant’anni…e quello dell’età, come potete immaginare,  è un altro bel problema da affrontare!…Ciao, ni’, ve saluto!…”, si congeda Manfredi, allontanandosi. “‘A Ce’, ‘a Cesare…ma che hai fatto?…ma ce lo sai con chi hai parlato?…”, domanda un amico al ragazzo, riavvicinatosi alla comitiva, che, con un cenno del capo, fa segno di non saperlo. “‘A Ce’: “Tanto pe’ canta'”, er “Friccico ner core”, non te dicono niente?…hai parlato co’ Manfredi, Nino Manfredi, l’attore!…”.

“Io scelgo sempre film difficili,se non sono difficili non mi stimolano. Non ho interesse a stabilire record, nel senso di poter dire , vantandomi: “Rieco a fare tanti film l’anno”. Basti pensare che io, in tutto, cioè in trent’anna di attività, ho interpretato solo una sessantina di film…Il mio ideale sarebbe quello di farne uno solo all’anno, ma di ottima qualità. Troppo spesso, nel nostro mestiere si trascura la qualità pur di arraffare un lavoro o per rivalità verso un collega: “Ah,  tu hai fatto questo?”, “Be’, allora io faccio quest’altro!”. Così, l’attore, doppiatore, regista e cantante Nino Manfredi, in un’intervista del 2001, rilasciata alla vigilia dell’ottantesimo compleanno. Nato a Castro dei Volsci, paesino della Ciociaria, il 22 marzo 1921, primogenito di Romeo, agente e poi maresciallo di pubblica sicurezza, e di Antonina Perfili,casalinga, entrambi di origini contadine, cresce con il fratello minore Dante a Roma, dove il padre viene trasferito  per lavoro. Dopo le scuole Medie, iscrittosi presso il Collegio Santa Maria, si allontana dall’istituto varie volte per poi terminare gli studi da privatista. Nel 1937, a sedici anni, si ammala di tubercolosi e resta per lungo periodo in un sanatorio. Qui, impara a suonare il banjo ed entra a far parte del gruppo musicale dell’ospedale, e assistito a uno spettacolo della compagnia teatrale di Vittorio De Sica, scopre di avre un’inclinazione per la recitazione. Studente della facoltà di Giuisprudenza per accontentare la famiglia, esordisce nel 1941 come attore e presentatore presso il teatro della parrocchia della Natività. Tuttavia, dopo l’Armistizoo dell’8 settembre 1943, per evitare l’arruolamento, si rifugia per un anno con il fratello sulle  montagne di Cassino. Poi, ritornato a Roma nel 1944, riprende gli studi universitari,momentaneamente abbandonati,e si iscrive all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico”. Laureatosi nel 1945, con una tesi di diritto penale, dopo due anni si diploma in recitazione e debutta al Teatro Piccolo della Capitale, nella compagnia Maltagliati-Gassman, diretto dal suo maestro Orazio Costa insieme all’amico Tino Buazzelli, in testi drammatici come:  “Liliom” di Ferenc Molnàr, L’aquila a due teste” di Jean Cocteau, Casa Monestier di Denis Amiel, “Erano tutti  miei figli” di Arthur Miller e”Scontro nella notte” di Eugene Gladstone O’Neill. Nel 1948/1949 porta in scena presso il teatro “Il Piccolo” di Milano, diretto da Giorgio Strehler, le opere di William Shakespeare: “Romeo e Giulietta“, “La Tempesta” e “Riccardo II” e, prescelto dal drammaturgo partenopeo Eduardo De Filippo, è protagonista degli atti unici “Amicizia“, “I morti non fanno paura” e “Il successo del giorno“. Nello stesso periodo debutta nel Cinema, vestendo i panni del “giovane innamorato” nelle commedie sentimentali “Torna a Napoli” di Domenico Gambino, “Monastero di Santa Chiara” di Mario Sequi e “Anema e core” di Mario Mattòli. Intrattenitore in varietà radiofonici Rai, forma insieme con i colleghi Paolo Ferrari e Gianni Bonagura un terzetto e, dal 1951 al 1956, recita in spettacoli di rivista ideati da Marcello Marchesi, Age e Scarpelli, Dino Verde, Billi e Riva, tra i quali: “Tre per tre…Nava“, “Festival” e “Gli italiani sono fatti così“. Sposatosi  con l’indossatrice Erminia Ferrari, da cui ha i figli: Roberta, Luca e Giovanna, nel 1958 figura tra gli interpreti del film  “Totò, Peppino…e la malafemmina”, diretto da Camillo Mastrocinque. Approdato sul piccolo schermo nel 1956 come coprotagonista dello sceneggiato di Anton Giulio Majano L’Alfiere”, nel 1959, accanto alla soubrette Delia Scala e ai caratteristi Bice Valori e Paolo Panelli, si cimenta nella conduzione televisiva del varietà Rai di Antonello Falqui, “Canzonissima”, proponendo il personaggio del “barista di Ceccano”, di cui celeberrima  diventa la battuta: “Fusse che fusse la vorta bbona!…”. Doppiatore dell’attore hollywoodiano Robert Mitchum, nella pellicola di Joe May “Sette settimane di guai” e di Marcello Mastroianni, nel film di Luigi Comencini “Parigi è sempre Parigi”, verso la fine degli anni Cinquanta si afferma come icona della “commedia all’italiana”. Ufficiale di Marina, pretendente alla mano della procace “Nina”(Marisa Allasio), promessa al gondoliere fedifrago “Bepi” (Alberto Sordi), nella farsa di ambientazione lagunare, diretta da Dino Risi, “Venezia, la luna e tu“, è “Ugo”, detto “Piede Amaro”, meccanico con il pallino dei furti all'”Arsenio Lupin”, ne “L’audace colpo dei soliti ignoti“, pellicola di Nanni Loy, seguito de “I soliti ignoti”, diretta da Mario Monicelli. Poi, inaugurato il decennio del boom economico impersonando il cameriere di un ambasciatore nel  film corale di Vittorio De Sica e di Cesare Zavattini Il Giudizio Universale”, in seguito,  interpreta  “Omero Bettiferri”, assicuratore scambiato dagli abitanti di un paese di provincia per un gerarca- ispettore  nella pellicola di Luigi Zampa, “Anni ruggenti“. Tralasciato momentaneamente il set, calca il palcoscenico del teatro Sistina, interpretando la commedia musicale di Garinei e Giovannini Rugantino“, incentrata sull’omonima maschera romana di perdigiorno e sulla storia d’amore con la seducente  “Rosetta” (Ornella Vanoni),il cui successo induce produttori americani a scritturare la compagnia per una serie di repliche nei teatri statunitensi. Rientrato dagli Stati Uniti, ad attendere l’attore, vi sono proposte cinematografiche, formulate da molteplici registi: così, nel 1965/1966 impersona nelle pellicole di Dino Risi “I complessi” e “Operazione San Gennaro“, rispettivamente, il ragioniere “Quirino Raganelli”,indeciso corteggiatore della collega “Gabriella” (Ilaria Occhini) e il ladruncolo partenopeo “Armanduccio Girasole”. Quest’ultima interpretazione,è il preludio alla realizzazione del film di Ettore Scola “Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico scomparso in Africa?”, vicenda di “Oreste Sabatini”, alto-borghese fuggito per scampare al grigiore della routine  familiare e rintracciato  dal cognato editore, “Fausto Di Salvio” (Alberto Sordi) e dal suo ragioniere “Ubaldo Palmarini” (Bernard Billier). Interprete maturo nel ruolo di “Cornacchia/Pasquino”, ciabattino dalla duplice identità di poeta anticlericale, nella Roma di Papa Leone XII, nel film di Luigi Magni Nell’anno del Signore“, ottiene i premi Nastro d’Argento e David di Donatello. Cantante dall’atteggiamento ironico e sornione, nel 1971 ripropone al Festival di Sanremo la spensierata “canzonetta” di Ettore Petrolini “Tanto pe’ cantà” e, nel 1972 commuove il pubblico di Rai Uno , impersonando “Mastro Geppetto” nella trasposizione televisiva, diretta da Luigi Comencini ,della favola di Carlo Collodi “Le avventure di Pinocchio”. Premiato con la Palma d’Argento al Festival di Cannes e con un Nastro d’Argento per la regia del film “Per grazia ricevuta“,storia di “Benedetto Parisi”,giovane uomo miracolato da Dio disposto, in segno di riconoscenza, a votarsi alla vita religiosa , pur tra dubbi e tentazioni, nel 1973 racconta le disavventure di “Giovanni”, “Nino Garofoli”, italiano emigrato in Svizzera, nella pellicola di Franco Brusati  “Pane e cioccolata”, ruolo per il quale si aggiudica un premio David di Donatello. Diretto dal regista Ettore Scola, nel 1974 è “Antonio”, portatino d’ospedale dagli accesi ideali comunisti, la cui amicizia, nata ai tempi della Resistenza, con “Nicola” (Stefano Satta Flores), insegnante di Lettere e critico cinematografico e con “Gianni Perego” (Vittorio Gassmann“), avvocato rampante, viene messa a repentaglio dall’avvento del consumismo , e, nel 1976, “Giacinto Mazzatella”, anziano contadino pugliese, avaro e misantropo in “Brutti, sporchi e cattivi“. Ottenuti  i premi “David di Donatello” e “Nastro d’Argento“,  per l’interpretazione del personaggio di “Mons Colombo da Priverno”, nella pellicola di Luigi Magni In nome del Papa Re”, vicenda di intrighi e cospirazioni patriottiche, alla vigilia dell’Unità d’Italia, commenta così gli ambiti riconoscimenti:  Nel costruire un personaggio mi ispiro alla realtà delle cose, anche se i gesti non vanno riprodotti in modo meccanico, ma riventati e poi espressi in un linguaggio che tutti possano comprendere. Cioè trasporto i gesti, i movimenti, i tic, che sono un patrimonio di esprienze comuni a tutti, alla mie corde interpretative. Conta più la mimica che le parole: questo non lo insegna più nessuno. Il mio modello è sempre stato Chaplin: Charlot è di tutto il mondo”.  Struggente, nel ruolo di “Michele Abbagnano”,il venditore abusivo di caffè  a bordo del treno in partenza da Napoli, di “Café Express”,diretto da Nanni Loy, vince poi un Nastro d’Argento. Negli anni Ottanta, considerato ancora “mattatore”del Cinema e del Teatro, gira le pellicole “Spaghetti  House” di Giuliano Paradisi, la cui trama, desunta da un fatto di cronaca nera, ruota intorno a “Domenico Ceccacci”, un emigrato italiano a Londra, cameriere in un ristorante, tenuto in ostaggio per alcuni giorni, insieme con il resto del personale, da una banda di malviventi e “Secondo Ponzio Pilato” di Luigi Magni, ricostruzione cinematografica della vicenda del prefetto romano responsabile, suo malgrado, della condanna a morte di Gesù, che il critico Morando Morandini, nel suo “Dizionario del Cinema“, giudica: “Interpretazione seria, interessante e persino coraggiosa”. Già attore di “Carosello“, cattura l’attenzione degli spettatori , in un reclame in cui consiglia con sorriso e voce suadente, la consumazione di una nota marca caffè, esclamando: “Più lo mandi giù, più ti tira su!“, per poi calarsi nel ruolo di “Ciceruacchio”, alias “Angelo Brunetti”, anticlericale nella Roma invasa dai francesi di Napoleone III, in “In nome del popolo sovrano” di Luigi Magni. Fra gli anni Novanta e Duemila, recitato in serie televisive dirette da Alberto Simoni e dal figlio Luca, divenuto nel frattempo regista, quali: “Un commissario a Roma” e “Linda e il brigadiere“, viene  Insignito dal Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, del titolo di Cavaliere, per poi tornare nel 2003 al Cinema “impegnato”, impersonando “Umberto Galapago”, soldato impegnato nella Guerra Civile spagnola del 1936 , alter ego del poeta Garcia Lorca, nel film di Miguel Hermoso “La fine di un mistero”. Quindi, effettuate in Spagna le riprese di diverse scene della pellicola , fa ritorno nella sua abitazione romana dove la mattina del 7 luglio viene colto da un infarto cerebrale. Trasportato d’urgenza all’Ospedale Santo Spirito, dopo un ricovero prolungato, viene dimesso nel mese di settembre , ma colpito nuovamente da un’emorragia cerebrale, muore all’età di ottanatré anni, il 4 giugno del 2004. Ai funerali, celebrati da padre Antonio Lombardi, nella chiesa degli Artisti in Piazza del Popolo, accorrono romani e non, ammiratori, colleghi e maestranze del Cinema. Tra gli attori presenti, Massimo Ghini sentenzia: “Con la sua morte è finita un’epoca di grandi interpreti della commedia italiana. A noi non resta altro che seguire i loro insegnamenti, sperando di essere all’altezza!”. Di recente, in occasione del centenario dalla nascita, il figlio Luca, regista, ha dichiarato: “Se qualcuno mi chiedesse a bruciapelo chi era mio padre , non saprei come rispondere. E sono convinto che non saprebbe rispondere nemmeno lui; Nino si racconta solo attraverso i suoi film, i suoi personaggi, le sue storie. Nino era così. Per dirlo con una parola: “Nino era un attore!”.