Siamo cresciuti in altri tempi. Tempi diversi da questa società che pretende cambiamenti a tutti i costi, senza guardare, però, allo spirito pulito di regole che hanno fatto grande questa nazione. I nostri avi hanno ricostruito l’Italia, inizio ad avere forti dubbi che il futuro possa essere migliore di quello che hanno costruito i nostri nonni e padri. In tutto questo disordine non può mancare la scuola. Già di per se è diventata l’ammortizzatore sociale del bel paese. Ormai sembra che l’unico lavoro possibile sia quello dentro la scuola.
Ciò detto, porta alla consapevolezza che bisogna capire che l’insegnamento è un compito difficile e richiede grande preparazione. Al Liceo Righi di Roma è stata organizzata una protesta contro le parole pronunciate da una professoressa nei confronti di una studentessa che si è presentata a scuola con la pancia scoperta dicendole: “Ma che stai sulla Salaria?”. Ecco, l’accostamento alla Salaria, via di Roma frequentata maggiormente da ragazze dell’est dedite alla prostituzione, è del tutto avventato. La professoressa ha sbagliato con un riferimento non consono al ruolo di un’insegnante, c’è modo e modo di riprendere uno studente e quello utilizzato è senza dubbio fuori luogo.
Detto ciò, la protesta degli studenti che si sono presentati al Liceo romano con ombelico e gambe scoperte per protestare “contro ogni forma di sessismo” è ridicola. A scuola, come in ogni luogo di lavoro, c’è un decoro e una forma che va rispettata, un liceo non è una spiaggia in cui ci si veste “in top, canottiera, pantaloncini”.
La scuola è sacra e deve rimanere tale. Bisogna fare capire ai giovani che vogliono cambiare il mondo, che andare a scuola vestiti in modo inappropriato non è un diritto per cui lottare ma è mancanza di educazione. Sarebbe come presentarsi in un cantiere edile o in una fabbrica con le ciabatte ai piedi. Non si può fare, e se non si può fare in un cantiere edile o in una fabbrica, oppure in un ufficio pubblico, non si può fare nemmeno in una scuola. Non siamo di fronte a nessuna eroica battaglia per i diritti o di civiltà bensì a una rivendicazione sbagliata del modello scuola che i giovani vogliono costruirsi a loro piacimento.
La mia generazione quando andava a scuola seguiva regole dettate dal decoro scolastico. Oltre alle regole, la buona educazione era la prima materia che si studiava per presentarsi alla società come persone rispettose degli altri. Guai a sgarrare, gli insegnanti non facevano nulla, riferivano, poi erano i nostri genitori facevano il resto. Per noi non era pensabile rispondere in maniera scorretta un’insegnante o avere atteggiamenti che andavano oltre le regole della scuola, il ritorno a casa non era piacevole. La scuola ci insegnava, ma le regole ce le facevano rispettare i nostri genitori, che pretendevano figli rispettosi delle regole scolastiche oltre al rispetto per tutti e tutto.