Lun. Giu 5th, 2023

Nessuna guerra può e deve essere giustificata. In nessun modo. Ma non si può fare distinzioni tra conflitti e conflitti, poiché i morti non sono numeri ma persone. Se vogliamo tutelare la persona esse vanno tutelate in tutto il mondo e non a convenienza. Ma la cosa più importante è che le guerre vanno messe al bando ovunque, perché a rimetterci sono sempre e soltanto cittadini inermi. Purtroppo ad ogni evento che si verifica, si scatena la tifoseria che non capisce che ogni cosa nuova che si verifica in un posto, in altri posti si consuma da anni.

Oggi con l’attacco all’Ucraina da parte della Russia, si evidenzia il clamore che suscita una situazione simile in altre parti del mondo. Non solo, altri eventi si sono verificati nel cuore dell’Europa, e sono stati creati da chi oggi contesta l’azione Russa, ma allora andava tutto bene. Il 24 marzo, alle 20.25, il primo bombardamento su Belgrado; il 26 le «operazioni», chiamate interventi umanitari, sono già 500. Dureranno 78 giorni e scaricheranno 2.700 tonnellate di esplosivo. È stata la prima volta che tutti gli stati dell’Alleanza atlantica non si sono limitati a subire l’iniziativa americana ma si sono attivati direttamente mettendo a disposizione uomini, mezzi, basi, spazi aerei. Tra questi l’Italia.

Questo è quello che è successo nel cuore dell’Europa, ma il mondo è pieno di conflitti che uccidono anime innocenti. La morale va bene, ma la falsità no. Le guerre sono una infamia contro i civili non contro chi le causa. Sono sempre i civili che perdono la vita e vivono anni e anni di sofferenze che ledono la vita di uomini, donne e soprattutto bambini.

Ma andiamo con ordine. Tra il 2017 e il 2018 circa 193.000 persone sono morte in Africa, Asia e Medio Oriente, a causa di conflitti a fuoco di diversa natura. Questo il quadro raccontatoci dai dati dell’Armed Conflict Location & Event Data Project. Afghanistan, Siria, Iraq, Yemen e alcune regioni dell’Africa registrano un alto numero di vittime negli ultimi due anni. In particolare, le prime due sono praticamente appaiate con numeri decisamente superiori alle altre nazioni prese in esame. Entrambe contano oltre 71.000 decessi dovuti a conflitti armati, superando di diverse unità Iraq (36.891) e Yemen (33.353). Quasi 47.000 persone hanno perso la vita in Africa tra il 2017 e la prima metà del 2018. Il continente è teatro di un numero crescente di scontri. Da anni la guerra civile infiamma in Somalia. Dal 2008, gli eventi sono stati più di 8.400, ricollegabili a oltre 22.000 morti. In Nigeria continua una guerra decennale violentissima. Sono 8.614 le vittime accertate gennaio 2017 e luglio 2018. Nell’Africa occidentale. Dal 2009, gli eventi che hanno coinvolto il paese sono stati più di 2.350, con oltre 27.000 morti. Gli oltre 70.000 morti registrati in Afghanistan (il doppio dell’Africa) si concentrano prevalentemente nel distretto di Gomal e nell’area attorno a Kabul. La maggior parte dei casi è risultato di conflitti armati tra milizie della sicurezza afghana e i talebani. La crisi siriana inizia nel 2011 e va inserita nel più ampio contesto di quella che è stata giornalisticamente definita primavera araba. Dal 2012 la crisi si trasforma in una vera e propria guerra civile. A giugno 2013, secondo dati in possesso dell’ONU, intorno alle 90.000 persone erano state uccise nel conflitto. Arrivati ad agosto 2014 questa cifra era già più che raddoppiata, fino ad arrivare a 191.000. Le cifre hanno continuato a salire, tanto che nel marzo 2015 si contavano 220.000 vittime. Oltre 30.000 vittime sono state causate da attacchi a distanza. Il numero più alto tra le nazioni analizzate e quasi il doppio rispetto all’Afghanistan. Nel Donbas in 8 anni di guerriglia tra separatisti e ucraini sono morte 14mila persone sotto gli occhi dell’occidente, dell’America e della stessa Russia.

Fermare tutto questo è possibile, basta mettere al bando le armi come strumento di distruzione umana.