Categories: Cronaca

Ora la buonuscita da 26 milioni per liquidare i parlamentari usciti dal parlamento

ROMA – La casta della politica in tutti questi anni si è fatta leggi che tutelassero il loro benessere, mentre per i cittadini italiani hanno fatto leggi per spingerli al suicidio. Sono persone che rappresentano il marcio della nazione che, per fortuna, sono incominciati ad uscire dal parlamento.
Anche farli andare via, sempre grazie alle leggi che si sono votati a loro favore, ci costa veramente tantissimo. La legislatura appena passata, e con l’inizio della nuova, ci costa bei soldoni per liquidare chi ha rovinato il paese.
Già, non poteva essere diversamente: ora per pagare le buonuscite, Camera e Senato stanno per staccare bonifici che sfiorano circa, secondo le stime, i 26 milioni di euro. È la liquidazione che spetta ai parlamentari non eletti o che non si sono candidati. Una sorta di tfr ma esentasse, che spetta di diritto ai parlamentari uscenti non rieletti: entro trenta giorni dalla proclamazione dei nuovi inquilini di Montecitorio e Palazzo Madama, è previsto, per loro, un assegno di fine mandato per chi se ne torna a casa. Quando si votarono la legge la chiamarono “assegno per il reinserimento nella vita lavorativa” del parlamentare. Che bella legge.
Va detto che si tratta di denaro trattenuto ogni mese dalla busta paga di 10.400 euro lordi dei parlamentari: 780 euro che finiscono nel fondo di solidarietà autonomo, gestito dalle tesorerie delle camere. Denaro che può essere reclamato in anticipo, alla fine di ogni mandato o accumulato. In ogni caso, la cifra viene finanziata dagli stessi contributi dei parlamentari senza veri oneri a carico del bilancio dei due rami del Parlamento. Ma ciò non è una scusante perché si tratta sempre di soldi pubblici. Il premio di consolazione arriverà per Pasqua al 65% (dato rilevato da Openpolis) dei parlamentari della scorsa legislatura che non sono stati rieletti il 4 marzo: numeri alla mano, dunque, a 567 deputati e senatori che hanno detto addio, volontariamente senza ricandidarsi, o costretti dal verdetto delle urne, al loro scranno. Ognuno di loro intascherà 45mila euro per i cinque anni appena trascorsi in Parlamento, per un conto totale che si aggira sui 26 milioni di euro.

Redazione

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