Primavera 1981. Asti. Nella sua abitazione, il cantautore e musicista, nonché avvocato, Paolo Conte, seduto al pianoforte, posto in un angolo del salotto, sta componendo le musiche e il testo di una canzone, quando viene interrotto dal trillo del campanello. Levatosi per andare ad aprire la porta, accoglie in casa il compositore Vito Pallavicini, paroliere, autore con cui ha ralizzato brani celebri come: “Azzurro“,cantato da Adriano Celentano. “Uhè, buongiorno!, ce ne hai messo di tempo per aprire, eh!?, ma che stavi facendo?…scommetto che stavi lavorando a qualcosa…”, indaga Pallavicini. “Caro Vito, come hai fatto a capirlo?…”, domanda il cantautore, prontamente incalzato dal paroliere: “Uhè, Paolo, mi meraviglio di te…dopo tanti anni, ancora queste domande!…Il fatto è che ti conosco troppo bene…ti conosco come le mie tasche!…Conosco quell’espressione, quello sguardo a metà tra il trasognato e il vago…E dimmi, dimmi un po’: stavolta si tratta di musiche per una tua canzone o la canzone è per altri?…Io te l’ho sempre detto che dovresti scrivere per te e cantare tu le tue canzoni, ma tu niente,eh!…”. “Vito, Vito…è tu come fai a sapere che proprio stavolta non mi sia deciso?…Magari, mi sono convinto e sono a lavoro su un brano mio, che voglio cantare io, intendo!…”, allude Conte, interrotto dalla domanda concitata di Pallavicini: “Una canzone tua ?…questa ,sì, che è una notizia!…Adesso, però, caro Paolo, devi dirmi tutto…di che canzone si tratta?…qual è il testo?…e la musica, che genere è?…scommetto Jazz o Swing, i tuoi preferiti!…Sì, ma io sono curioso del testo…Cosa devo aspettarmi: un quadro come “Azzurro”?…Ti ricordi che successo fu per Celentano , nel ’68 ?…”. “Be’, non posso dire molto, perché sono solo all’inizio…posso dirti che è un’istantanea, come un fermo immagine, una suggestione!…C’è dentro un po’ di surrealismo, quel misto di sogno e realtà che piace a me…”, rivela Conte. “Ah, ho capito!, la tua canzone deve essere come un quadro di Chagall…sì, un quadro di note!…Ma, almeno l’argomento puoi dirmelo: che so, amore , avventura, disimpegno, realismo?…”, continua a indagare Pallavicini, fino a ottenere la risposta agognata: “Caro Vito, diciamo che è la fotografia musicale di un innamoramento…si intitola “Via con me”…Un uomo , un giorno, per caso, vede una donna e…taaaac!, se ne invaghisce e le chiede di andare via con lui!…Il tutto avvolto nel fumo di un locale!…”. “Eh, Paolo, lo sapevo!…lo so dai tempi di “Azzurro” che non mi avresti deluso!…”, esclama Pallavicini, chiosando: “Ora, dimmi, pensi ancora di essere un avvocato prestato alla musica o finalmente lo hai capito di essere un musicista, un cantautore, un artista prestato all’avvocatura?…”.
“Le mie canzoni nascono da immagini, vengono al volo, scrivendo in fretta. Vengono bene, se danno subito il piacere che ti dà un bel lampo. Di canzoni, nel cassetto, ne ho tantissime, lasciate lì, in “attesa di venire capite”. Così, il cantautore, musicista, pittore e avvocato Paolo Conte, in un’intervista rilasciata qualche tempo fa a Il Corriere della Sera, in occasione di un concerto tenuto a Genova. Nato ad Asti il 6 gennaio 1937 da Carlotta, borghese, figlia di propritaria di terreni e da Luigi, notaio, con la passione per la musica, trascorre gli anni della Seconda Guerra Mondiale nella fattoria del nonno materno, alternando alla vita rurale lo studio del pianoforte. Avviato dal padre al Jazz, nonostante i veti del fascismo che proibisce la diffusione della musica e della letteratura straniera, si diploma presso il Liceo Classico “Vittorio Alfieri”. Quindi, iscrittosi alla facoltà di Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Parma, inizia a svolgere l’attività di assistente presso lo studio legale del padre, senza però tralasciare lo studio della musica. Verso la metà degli anni Cinquanta, infatti, impara a suonare il trombone e il vibrafono, prendendo parte ad alcuni complessi Swing della città, quali: “Barrelhouse Jazz Band”, “Taxi for Five”e “The Lazy River Brand Society”.Proprio con la Barrelhouse Jazz Band fonda l’USMA, l'”Unione Studenti Medi Astigiani”, con cui dà vita a un circolo musicale presso l’Associazione Alpini della città , dove si esibisce nei fine settimana, proponendo ai coetanei il repertorio di Rodgers e Hammerstein, di George Gershwin, di Cole Porter e Jerome Kern. Fondato all’inizio degli anni Sessanta, insieme con il fratello Giorgio, un nuovo gruppo, il “Paul Conte Quartet”, pubblica l’EP “The Italian Way to Swing”, iniziando a scrivere le musiche di canzoni interpretate da altri, tra cui: “Ed ora te ne vai”, cantata da Vanna Brosio, e “L’ultimo giorno“, interpretata da Carla Boni. Affermatosi come autore di brani musicali, raccoglie un largo consenso con le canzoni: “Insieme a te non ci sto più” , cantata da Caterina Caselli”, “Tripoli 1969”, interpretata da Patty Pravo, “Chi era lui“, “La coppia più bella del mondo” e “Azzurro”, cantate da Adriano Celentano, su testi di Mogol, Miki Del Prete, Luciano Beretta e Vito Pallavicini, paroliere quest’ultimo ,con cui avvia una proficua collaborazione, componendo brani come: “No amore“, cantato dall’esordiente Giusy Romeo, futura “Giuni Russo“, “La speranza è una stanza“, cantato da Dalida e “Santo Antonio Santo Francisco”, presentato in gara al Festival di Sanremo 1971 da Piero Focaccia e Mungo Jerry. Deciso a svolgere la professione di avvocato, viene convinto dal produttore Italo Greco a cantare lui stesso le proprie canzoni, pubblicando per l’RCA il suo primo 33 giri dal titolo “Paolo Conte”, giudicato dalla critica ancora “incerto”, ma contenete brani destinati a diventare tra i più noti dell’artista, quali: “La ragazza fisarmonica”, “Una giornata al mare”, “La fisarmonica di Stradella” , “La Topolino amaranto” e “Onda su onda”, scritta con Bruno Lauzi. Iniziato con il brano “Sono qui con te sempre più solo”, la saga musicale dedicata all’ “Uomo del Mocambo”, proprietario di un “bar immaginario”, nel quale si consumano storie impersonate da curatori fallimentari, raccontate nelle canzoni: “La ricostruzione del Mocambo”, “Gli impermeabili” e “La nostalgia del Mocambo“, si afferma definitivamente come cantautore. Nel 1979, bissato il successo con l’album “Un gelato al limon“, dedicato alla moglie Egle , sposata nel 1975, e contenente tra le altre, le canzoni: “Bartali”, dedicata al noto ciclista , “Dal loggione”, “Rebus”, “Angiolino”, “Sudamerica” e “Bue tangos“,introduce nei brani lo “scat”, l’imitazione vocale di strumenti musicali, e il “kazoo”, strumento di origine africana. Inaugurati gli anni Ottanta con il disco “Paris milonga“, in cui spicca la sempreverde “Via con me“, nello stesso periodo collabora con l’attrice e cantante Gabriella Ferri scrivendo le canzoni: “Sola contro un record“, “Vamp” e “Non ridere“, per poi iniziare la composizione di un un nuovo disco: “Appunti di viaggio“, in cui a distinguersi è il brano “Hemingway”, ritratto del celebre scrittore. Poi, inaugurata la collaborazione con Renzo Fantini, dà alle stampe un altro album dal titolo “Paolo Conte“, cui segue una produzione ispirata che caratterizzerà tutto il decennio dei Novanta(in particolare, i dischi: “Parole d’amore scritte a macchina“,la cui copertina è disegnata dal fumettista Hugo Pratt, “900″, “Una faccia in prestito” ed “Elisir“). Ancora sulla scena nel nuovo Millennio, incide gli album : “Razmataz“, “Psiche”, “Nelson“, “Snob”, “Elegia” e il disco strumentale “Amazing game“. Insignito della laurea honoris causa in Lettere Moderne dall’Università degli Studi di Macerata, di recente, è stato scelto dal Ministero degli Esteri per diffondere un video-messaggio di promozione della Cultura italiana nel mondo, insieme con Andrea Bocelli, Renato Zero, Alberto Angela, Tiziano Ferro, Massimo Ranieri, Mario Biondo, Gilberto Gil, Noa e Uto Ughi. Di sé e della suo rapporto con la critica ha detto: “Mi fa piacere quando i critici e gli studiosi di quello che ho scritto mi fanno i complimenti “intellettuali”, facendo critiche sulle mie tecniche di scrittura , su certe trovate poetiche o di altro tipo. Però il tipo di applauso che io desidero è un applauso di stampo circense. Lavoro con lo spirito di un acrobata che in equilibrio cammina sul filo teso e riesce ad arrivare dall’altra parte. Se arrivo dall’altra parte e vengo accolto da un bell’applauso sono consolato e sorretto dopo questa fatica in una maniera molto antica . A me piace vedere il piede che si muove e che batte il ritmo; è il più bel tipo di riconoscimento che mi può venire dal pubblico”.