Sab. Giu 10th, 2023

Primavera 1977. Roma, stabilimenti cinematografici di Cinecittà. L’attore Paolo Villaggio, impegnato nelle riprese del film “Il secondo tragico Fantozzi, séguito del fortunatissimo “Fantozzi”,approfittando di uno stop lanciato dal regista, Luciano Salce, si reca al bar per un caffé.

Avvicinatosi al bancone, ordina un espresso al cameriere, che, riconoscitolo,  ne approfitta per chiedergli un autografo.

“Anvedi chi c’è , Villaggio!…ma è proprio lei , non ci posso credere!…”, esclama stupito il giovanotto sulla ventina.

“Sì, Villaggio  in carne e ossa…in questo periodo, più in carne, direi…”, risponde sarcastico l’attore, continuando : “Immagino che lei , fra qualche secondo, mi chiederà l’autografo di rito…Che ne direbbe , allora, se io le risparmiassi l’impaccio , accorciando i tempi…Mi dia carta e penna che l’accontento subito!…”.

“Veramente, Sor Villa’, io , più che l’autografo, le vorrei chiede’ ‘n’consiglio…” , confessa tiomoroso il barista, “Io, c’ho vent’anni e me so’ ritirato dalla scola a tredici ;  lavoro qua dentro dalla matina alla sera : sto al bancone, servo ai tavoli e , quando serve, faccio pure il servizio a domicilio…Mò , lei che è colto, intelligente,  lei che ha studiato, ch è ‘n’artista e c’ha ‘na capoccia cossì , me deve spiegà perché il proprietario de’ ‘sta baracca c’è l’ha con me!…Non solo me paga du’ lire…ma c’ha pure er coraggio de’ ‘n’sultarme…Ogni volta che faccio ‘na cosa, è sempre sbajata…e allora giù a di’ che so’ ‘n’incapace, che non so’ fa niente!…’nsomma, ‘n’po’ come succede al suo personaggio de quel film , come se chiama ?…Fantozzi!…Infatti , sa come ha preso a chiamarmi ,il principale ? , “Il secondo tragico Fantozzi”…Me dica lei , come devo fa’ ?…perché , io de ‘sto passo, me sa che me licenzio!…” .

“Senta , vuol sapere la verità ?…io, prima di fare l’attore, ero impiegato alla Cosider…”, rivela Villaggio, “E lì sa quanti come Fantozzi, quanti come lei ho visto?…sì, intendo “perdenti”…che se poi ci riflette su, proprio perdenti non sono!…E’ vero, l’impiegato Fantozzi subisce, sempre e comunque…le prende dai superiori e persino dai pari grado…ma : si è forse licenziato , ha perso forse  il suo lavoro?…No!… Pur umiliato e vessato lui continua ;  nella sua mediocrità non si è arrende…sa perché ?, perché in fondo è felice così…felice del suo piccolo mondo , della sua realtà di sottoposto!…E lei , uno che ,in un mondo di smaniosi e arrampicatori tracotanti , tutti profondamente in crisi , tutti maledettamente frustrati e infelici, sa accontentarsi , me lo chiama “perdente”?…Che fa,allora ?, questo caffé  me lo porta o no ?…” .

“Le nove di sera in bagno. Sto guardando allo specchio Maura, mia moglie, che si pettina. Squilla il telefono, è Frizzi padre della Cineriz. Mi dice : “Paolone, Fantozzi è il più grande successo degli ultimi vent’anni!”. Così , l’attore Paolo Villaggio, rispondeva ,qualche anno fa, a un cronista che gli chiedeva  quale fosse il momento più bello della sua vita.

Nato a Genova il 30 dicembre del 1932 da un ingegnere edile di origini siciliane e da una professoressa di Tedesco, veneziana, cresce con il fratello gemello Piero in un ambiente alto-borghese, subendo ugulamente le privazioni e gli stenti conseguenti alla seconda guerra mondiale.

Diplomatosi presso il liceo classico “Andrea Doria”, nella prima metà degli anni Cinquanta,  intraprende gli studi universitari di Giurisprudenza, che non conclude, preferendo impiegarsi in svariate attività: cameriere , conduttore per la BBC a Londra e , infine, intrattenitore sulle navi da crociera, esperienza quest’ultima condivisa con l’amico Fabrizio De André, futuro astro del cantautorato italiano, insieme con il quale compone le canzoni : “Il fannullone” e “Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers”. Messo fine alla condotta scapigliata di bohémien (per un breve periodo si unisce alla compagnia teatrale di Mario Baistrocchi), anche grazie al matriomonio con Maura Albites, da cui ha i figli Elisabetta e Pierfrancesco, nel 1960 entra come impiegato addetto all’organizzazione di eventi aziendali nell’industria impiantistica della Cosider.

Licenziatosi dopo quattro anni per assecondare il suo estro artistico, si esibisce come comico-cabarettista sul palcoscenico del Teatro di piazza Marsala. Notato nel 1967 dal giornalista e conduttore Maurizio Costanzo, che  gli consiglia di esibirsi presso il locale romano “Sette per otto”, raccoglie un consenso tale da spalancargli le porte del “Derby Club”di Milano, dove conosce altri artisti esordienti come : Renato Pozzetto e Cochi Ponzoni.

Passato in poco tempo dal cabaret alla radio (scrive e racconta in prima persona le avventure di un tragicomico impiegato, antesignano del “Ragionier Ugo Fantozzi”, nella trasmissione “Il sabato del villaggio”) ,  nel 1968 debutta sul piccolo schermo, conducendo il programma Rai “Quelli della domenica”, ideato da Marcello Marchesi , Enrico Vaime, Italo Terzoli e dallo stesso Costanzo.

Rivoluzionati  per l’occasione i canoni della comicità, dunque, presenta  al pubblico personaggi nuovi , quali il sadico e aggressivo prestigiatore “Professor Kranz” e l’umiliato e sottomesso “Giandomenico Fracchia”.

Poi, nel decennio Settanta, pubblicati sulle pagine della rivista “L’Europeo” i racconti incentrati sulle vicende del “ragionier Ugo Fantozzi”,  impiegato vessato dai superiori e dai colleghi,  presto confluiti nella raccolta “Fantozzi”, edita da Rizzoli,  alterna alle fatiche letterarie, la televisione( “E’ domenica, ma senza impegno”) e la radio(“Gran varietà”).

Legato all’attore Vittorio Gassman da una profonda amicizia, stringe con lui un sodalizio artistico ( recita  al suo fianco ne “L’armata Brancaleone” di Mario Monicelli e nei film “Senza famiglia, nullatenenti cercano affetto”, diretto dallo stesso Gassman e “Che c’entriamo noi con la rivoluzione?” di Sergio Corbucci).

Preso parte a commedie d’autore dirette da registi come Nanni Loy, Pupi Avati , Marco Ferreri e Luigi Comencini, nel 1974 porta per la prima volta  sul grande schermo le vicende di “Fantozzi” , nell’omonima pellicola diretta da Luciano Salce e sceneggiata da Leo Benvenuti e Piero De Bernardi.

Conquistati il pubblico e  i critici, che accostano il suo impiegato medio ai personaggi della letteratura russa di Gogol’ e Cechov e a quelli dei  nostrani Italo Calvino e Luciano Bianciardi, nel 1976 gira , sempre diretto da Salce ,“Il secondo tragico Fantozzi”.

Divenuto ormai una “maschera vivente”, l’attore , tuttavia, riesce ad affrancarsi dal “ragioniere più amato d’Italia”, prendendo parte  nel decennio Ottanta  a pellicole corali leggere , tra le quali : “I pompieri”, “Fracchia contro Dracula” , “Ho vinto la lotteria di Capodanno” e  “Le comiche” di Neri Parenti , “Grandi magazzini”di Castellano e Pipolo , “Roba da ricchi” e “Rimini Rimini” di Sergio Corbucci.

Senza mai smettere i panni dello sfortunato Ugo Fantozzi ( “Fantozzi subisce ancora”, “Superantozzi”, “Fantozzi va in pensione”, “Fantozzi alla riscossa”, film tutti diretti da Neri Parenti), negli anni Novanta ritorna al cinema d’autore, interpretando il film “Cari fottutissimi amici” di Mario Monicelli e  pellicole desunte da successi letterari come “Io speriamo che me la cavo” di Lina Wertmuller, adattamento dell’omonimo libro del maestro Marcello D’Orta, “Il segreto del bosco vecchio” di Ermanno Olmi, desunto dal racconto di Dino Buzzati e “La voce della luna” di Federico Fellini, tratto da “Il poema dei lunatici” di Ermanno Cavazzoni.

Insignito di titoli come “Commendatore al merito della Repubblica italiana ” e vincitore di premi come David di Donatello, Nastri d’Argento , Leone d’Oro  e Pardo d’onore alla carriera, nel 1996 calca il palcoscenico nelle vesti del “L’Avaro” di Molière, spettacolo su testi di Giorgio Strehler e Lamberto Puggelli .

Dal 2000 al 2010 , rallentata l’attività cinematografica in favore di quella di scrittore (vince il Premio letterario Piero Chiara), partecipa a  serie televisive come “Renzo e Lucia” di Francesca Archibugi e porta in teatro il monologo autobiografico i  “Deliri di un povero vecchio”.

Diradate negli ultimi anni anche le sue presenze e interviste  televisive , è  scomparso all’età di ottantaquattro anni ,  lo scorso 3 luglio, nella clinica privata romana Paideia, per via di complicanze legate al diabete da cui era affetto.

Omaggiato dalla gente comune accorsa  alla camera ardente allestita in Campidoglio e da familiari, amici e colleghi nel corso di una cerimonia laica tenutasi alla Casa del Cinema, riguardo la sua morte , sulla quale più volte,  aveva  ironizzato,  aveva  detto : “Vorrei morire come nell’ultima scena di “All that jazz” di Bob Fosse, in un anfiteatro dove sono riuniti gli amici da salutare”.

Il saluto più bello, però, glielo ha riservato la figlia Elisabetta, affidandolo alla rete : “Ciao papà ora sei di nuovo libero di volare”.