Per pensare al bene dell’economia siamo stati ipocriti e superficiali nei confronti del bene più prezioso: la vita. Ma stiamo scherzando. Che ce ne facciamo dell’economia quando la vita è a rischio?
Ieri sera ascoltavo l’inviata della Rai in Cina, che arrabbiata, spiegava che a Wuhan avevano chiuso tutto, proprio tutto: dal primo all’ultimo bene era stato chiuso per fermare il contagio. Hanno lasciato aperto solo i supermercati alimentari e farmacie ed erano super sorvegliati, il resto tutto chiuso. Hanno fermato la più grande metropoli della provincia di Hubei, quasi tre nostre regioni del nord messe insieme. Fino a un mese fa nessuno sapeva dove si trovasse questa città.
I nostri governanti, invece, hanno dato retta all’economia della nazione sottovalutando cosa gli stava succedendo intorno. Vi sembra ragionevole un atteggiamento del genere quando a Codogno iniziava l’inferno? A me no, non mi sembra proprio normale. Ora l’Italia vive ore drammatiche specialmente al nord, dove già prima i governatori lanciavano il grido dall’arme.
Abbiamo messo in campo solo irresponsabilità, ipocrisia, superficialità, mentre era necessario prendere il toro con le corna e dopo i primi cento contagi avvenuti velocemente in poche ore, bisognava fermare tutto. I cittadini hanno seguito la politica ed hanno anch’essi sottovalutato tutto. Hanno continuato ad avere uno stile di vita che non era più concesso. Hanno sottovalutato che le prime vittime del contagio erano proprio loro.
Quello che mi preoccupa maggiormente, è il proseguire su una linea attendista invocando ancora l’economia da salvare, e non fermare tutto come hanno fatto a Wuhan, per non far fermare per sempre l’Italia dopo.