Da giorni non si fa altro che parlare della proroga dello stato di emergenza fino a marzo 2022. L’attuale stato di emergenza lo fece il governo Conte II proclamando lo stato di emergenza con delibera del Consiglio dei ministri il 31 gennaio 2020, per la durata di 6 mesi. A seguito di molteplici proroghe, fatte anche dal nuovo Governo Draghi, si è arrivati alla data del 31 dicembre 2021. Lo stato di emergenza consente ai ministeri e ai loro uffici periferici di agire senza rispettare le norme ordinarie in materia, ad esempio, di appalti, di acquisti materiali, di assunzioni, di nomine e quant’altro.
Nel 1992 il Legislatore ritiene opportuno disciplinare, con legge ordinaria, lo “stato di emergenza”, ed approva la Legge n. 225/1992, sostituita successivamente dal D.Lgs. n. 1/2018 per ragioni di riordino della protezione civile. All’art. 7 il D.Lgs. stabilisce i casi in cui è possibile – con delibera del Consiglio dei ministri – dichiarare lo stato di emergenza per “limitati e predefiniti periodi di tempo”. Il successivo art. 24 prevede infatti che la durata non sia superiore a dodici mesi, prorogabile per altri dodici, per un totale di ventiquattro mesi. In buona sostanza lo stato di emergenza consiste nell’attribuire al governo un potere di ordinanza che superi, solo per far fronte all’emergenza, le regole ordinarie. Mezzi straordinari al posto di quelli ordinari.
L’Italia vive in emergenza da gennaio 2020, da quel momento, per 24 mesi, non è più uscita dallo stato di emergenza. Allo studio c’è una proroga dello stato di emergenza. Cosa accade se l’eventuale proroga che il governo adottasse a fine anno superasse il limite dei due anni, dunque una proroga, ad esempio, fino al 31 marzo 2022? In tal caso – spiega il blog Nicola Porro – il limite temporale stabilito dalla legge sarebbe superato per effetto di una prosecuzione del vecchio stato di emergenza; pertanto, si tratterebbe di una proroga illegittima, un “abuso di potere” da parte dell’esecutivo. Ma chi controlla? Se il governo adottasse una proroga del genere con atto avente forza di legge (decreto-legge ad esempio), vi sarebbe un controllo da parte del Parlamento nel percorso di conversione in legge del decreto, seguito dalla promulga del Capo dello Stato. Successivamente, trattandosi di atto avente forza di legge, vi potrebbe essere un vaglio da parte della Corte costituzionale. Ma se il governo adottasse lo strumento della delibera del Consiglio dei ministri, né Parlamento né Corte costituzionale potrebbero intervenire (neanche il Capo dello Stato), dunque l’unico rimedio sarebbe quello della tutela giurisdizionale in sede amministrativa (Tar e Consiglio di Stato). Chissà come andrà a finire la lunga telenovela del coronavirus.