Categories: Cronaca

Quei beni confiscati che ai comuni costano

ROMA- Ieri alla camera è passato il nuovo Codice antimafia. Con 259 voti a favore la Camera ha approvato la riforma che punta a velocizzare le misure di prevenzione patrimoniale; rende più trasparente la scelta degli amministratori giudiziari; ridisegna l’Agenzia per i beni sequestrati; include corrotti, stalker e terroristi tra i possibili destinatari dei provvedimenti. Il sequestro di partecipazioni sociali ‘totalitarie’ si estende a tutti i beni aziendali. A provvedere materialmente al sequestro sarà ora la polizia giudiziaria (non più l’ufficiale giudiziario). Se il bene immobile e’ occupato senza titolo, il giudice delegato ordina lo sgombero. Gli immobili, tra l’altro, potranno anche essere concessi in locazione alle forze di polizia o alle forze armate e ai vigili del fuoco.
Ciò detto è quello che è stato deciso ieri alla camera. La legge non piace a tutti, infatti il governo, in un emendamento approvato, si impegna ad apportare le dovute modifiche. Ma va detto che il neo maggiore è che le confische attualmente stanno dando solo problemi alle amministrazioni comunali che li ricevono. Infatti non sempre le strutture confiscate sono efficienti, quindi i comuni dovrebbero intervenire per rimetterle a posto per poi dargli una destinazione d’uso. Cosa non sempre facile, quindi il tutto rimane per anni e anni senza interventi.
Oggi in Italia sono quasi 20mila i beni confiscati alle mafie, tramite sequestro preventivo, a cui si aggiungono 2.876 aziende. Altri 20mila i beni confiscati (tra terreni, aziende e immobili) con procedimenti di natura penale. Immenso il valore: quasi 30 miliardi, ma oltre il 90% oggi fallisce. Il punto è proprio questo, fallisce perché la procedura è molto lunga, oltre al fatto, come detto, che è difficile poterli usare quando vengono assegnati ai comuni.

Redazione

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