ROMA- Quello che avviene in queste ore nella capitale per la costituzione della nuova giunta capitolina, lascia l’amor in bocca e fa riflettere sul M5S. Il movimento è nato sulla scia di un cambiamento che deve andare oltre i partiti tradizionali. Improntato sulla legalità e distante dai vizi di potere delle vecchie logiche partitiche. Fin qui tutto bene, salvo poi verificare che all’interno del movimento alla fine le vecchie logiche di partito sono messe in atto da chi già ha fatto parte dei vecchi partiti e nel movimento fa quello che faceva con i vecchi partiti.
Questa tesi non si può smentire, poiché nelle piccole realtà i personalismi sono alla portata di tutti i giorni, e sono lo strumento di rottura del movimento. Quello che avviene a Roma, dove le correnti interne capeggiate dai massimi vertici del direttorio, sono la risposta alle mie affermazioni. La Raggi è in difficoltà per via di queste prese di posizione. Ha addirittura minacciato di essere pronta a dimettersi.
Il comune di Roma è l’unico che ancora oggi è senza giunta. A Torino è andata meglio, a Roma non si capisce perché si sono intromessi gli uomini e donne del direttorio. È vero che la capitale è completamente diversa da altri comuni, ma è anche vero che una linea imposta al movimento deve essere uguale dappertutto, possa essere un piccolo comune o una grande città. Il 7 Luglio la Raggi deve presentare al sua squadra, di sicuro ci riuscirà, ma si spera che chi entri a far parte faccia lavorare in pace il nuovo sindaco, altrimenti la guerra per vincere si rivelerà una battaglia persa.
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