Il Recovery Fund da 750 miliardi di euro plasmato dalla Commissione europea ha già un caposaldo scolpito nella pietra: se vuoi i quattrini, devi fare le riforme. Siamo alle solite in una unione europea che continua a deviare mettendo al centro di tutto l’austerità come fonte di benessere di un Europa che, ormai, non piace più a nessuno.
Dopo l’esultanza delle scorse ore sul Recovery Fund, ora il discorso cambia. Come ha spiegato il vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis, Bruxelles verserà i fondi a tranche, erogando le rate successive in base agli obiettivi raggiunti. Qualora ci fossero ritardi o cedimenti non saranno ammessi, pena la chiusura del rubinetto degli aiuti. Gli Stati membri avranno l’obbligo di rispettare le regole imposte, qualora non rispettano “le priorità stabilite dall’Ue” e “non implementano gli obiettivi, perdono i soldi di una rata”. Anche il commissario all’Economia Paolo Gentiloni interviene escludendo una modalità con possibili condizionamenti nelle scelte nazionali. “Non si tratta – spiega Gentiloni – di uno strumento di salvataggio con le condizionalità connesse: vi si accede su base volontaria, a disposizione di tutti, gli Stati possono presentare i loro programmi di cui sono responsabili e il sostegno Ue è legato all’attuazione degli impegni”. La marcia consigliata dalla Commissione prevede la presentazione di un piano nazionale di investimenti ad aprile, o al più tardi a ottobre con la bozza del programma di stabilità.
Altro nodo da sciogliere sono i tempi di erogazione dei fondi che, attualmente, ancora non sono stati scritti.
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