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Rifiuti in Campania: 1994-2018 ancora chiacchiere e nessuno racconta mai la verità

In Campania ci sono tanti bravi attori dei rifiuti, tutti pronti a scendere in campo con la ricetta giusta, che è esclusivamente espressione della propria ideologia, ma non rispecchia in verità i bisogni dei cittadini sulla triste realtà dei rifiuti in Campania.
Ognuno si fa una politica a se per coltivare quel piccolo orticello buono per ottenere consensi, ma mai si discute su come eliminare definitivamente il problema in tempi brevi, e nello stesso momento far pagare ai cittadini somme eque e non esagerate come quelle che si pagano attualmente. Al nord pagano 115 euro di spazzatura l’anno, in Campania si paga dai 300-1000 euro. Per le attività commerciali è un vero e proprio salasso, che spesso porta a ingenti debiti nei confronti delle amministrazioni comunali. Insomma, è un inferno nell’inferno.
Ai giovani va detto la verità. E questo la politica non lo fa mai, anzi, continua a usare i rifiuti per raccogliere i voti, tutti, nessuno escluso, vecchi e nuovi. Diciamo che in Campania da sempre i rifiuti si sono seppelliti. Le cave più appetitose erano quelle di tufo, dove prima venivano lavorate le pietre per le costruzione delle case, e poi quei fossi di dimensioni gigantesche venivano riempiti di rifiuti. Una prassi andata avanti per anni e anni, ed essendo noi una zona con vaste aree di tufo, il problema non è mai emerso. Quello che ci finiva dentro i controlli non ci sono mai stati. Bastava recarsi in quei depositi di rifiuti, dare una mancia a chi ci lavorava, e ci scaricavi dentro tutto. Erano molte le imprese dell’edilizia che scaricavano i loro materiali di risulta nelle cave. Altre cave, invece, erano scavate per il movimento terra e poi riempite con i rifiuti. Insomma, in Campania si sotterrava di tutto, perché il sistema era quello. Mentre noi campani sotterravamo, in altre parti d’Italia le regioni si adeguavano ai nuovi sistemi di riciclo e iniziavano a costruire la filiera dei rifiuti. Lì costruivano inceneritori, aprivano isole ecologiche, distruggevano i rifiuti, noi invece sotterravamo con passione. Il primo a Lanciare l’allarme fu l’allora governatore Rastrelli che in una conferenza stampa disse che non era più pensabile continuare a sotterrare i rifiuti, poiché una volta sature le cave, la Campania entrava in un’emergenza senza via d’uscita, e bisognava trovare vie alternative come quelle che costruivano al nord.
Non l’avesse mai detto. Ed ecco che la Campania piomba nel periodo più brutto della sua storia, che macchia di molto l’immagine di molte città campane. L’emergenza rifiuti in Campania è convenzionalmente iniziata con deliberazione del Consiglio dei Ministri l’11 febbraio 1994, a firma di Carlo Azeglio Ciampi, allora Presidente del Consiglio dei Ministri. In effetti, quell’atto era già un’evidente presa d’atto della situazione che si era venuta a verificare in Campania a causa della saturazione delle discariche disponibili e, quindi, dell’impossibilità di versare giornalmente i rifiuti solidi urbani. Quello che aveva previsto Rastrelli si era verificato. Gli atti posti immediatamente in attuazione furono, sostanzialmente, quelli di aumentare, in deroga, la capacità di invaso delle discariche in via di definitiva saturazione durò fino al 1996. Nel marzo del 1996 subentra il governo Dini, il quale, con ulteriore atto, assegna al Prefetto commissario di Governo per l’emergenza rifiuti il potere di gestire la raccolta degli RSU, mentre riaffida al Presidente della Regione in carica, il compito di predisporre il Piano Regionale Rifiuti. Nel 1997 la Giunta Regionale della Campania pubblica sul BURC il nuovo Piano Regionale Rifiuti che prevede, sostanzialmente, la realizzazione di due termovaloriz- zatori e di sette impianti di produzione di “combustibile derivato dai rifiuti ”denominati CDR. Da quel momento si inizia, dunque, a produrre CDR presso gli impianti campani di lavorazione dei RSU. È l’epoca della formazione delle “ecoballe”, cioè dei rotorifiuti lavorati e compressi, in carenza di ossigeno, che sono cellofanati per poter essere,infine, utilizzati nei termovalorizzatori per la produzione di energia.
Tali ecoballe vengono via via prodotte e accantonate in siti appositamente individuati. Esse non saranno mai destinate all’abbruciamento nei termovalorizzatori e tuttora sono depositati a cielo aperto in ragione di 6 milioni di tonnellate circa. Siamo ancora ad inizio anni novanta quando succedeva tutto questo, tanto che nel 1998 il Presidente della Giunta Regionale della Campania – Antonio Rastrelli – indice una gara pubblica per l’affidamento della gestione del sistema rifiuti in Campania, secondo i presupposti di cui al Piano Regionale Rifiuti. Nel 2000 la gara è assegnata, mentre, nel frattempo, è eletto il nuovo Presidente della Giunta Regionale della Campania – Antonio Bassolino – che, ovviamente, mantiene anche l’incarico di Commissario straordinario per l’emergenza rifiuti.
Con l’era Bassolino si vive la peggiore annata per quanto riguarda l’annoso problema dei rifiuti che si era venuto a creare nel momento in cui le discariche erano diventate sature. Si vivono molteplici emergenze che inguaiano definitivamente l’immagine della regione. Si susseguirono tanti governi, tutti promettono la costruzione dei termovalorizzatori in ogni provincia, e l’attuazione dell’intera filiera dei rifiuti in Campania, ma questi mai sono stati realizzati. Mentre da noi si discuteva, al nord si continuava a costruire. Ad inserirsi in questa brutta situazione ci sono i tanti veti dei NO che impedivano di costruire il dovuto per evitare che i rifiuti continuassero ad essere impacchettati e spediti fuori regione, oppure depositarli in vaste aree terriere sottratte agli agricoltori, perché da noi non c’era dove bruciarli e nemmeno sotterrarli. Ma quella che era la filiera intera dei rifiuti non partiva mai, e non è mai partita. Molti No piovevano dai partiti di sinistra di espressione ecologista. Tutti partiti poi spariti dalla scena politica sia locale sia nazionale. Ma oggi molti dei No arrivano anche dal M5S, che ormai sembra andato a coprire il ruolo di chi nel passato ha detto No.
Nel frattempo il problema in Campania rimane, e i rifiuti sono tuttora un problema irrisolto, poiché quella filiera dei rifiuti non è mai partita, e oggi si continua a navigare nel buio su come risolvere il problema. In tutto questo finimondo si è inserita la camorra, i colletti bianchi, la politica, creando quel meccanismo perverso che ha portato alla distruzione di vaste aree della Campania. Continuano a nascere nuovi profeti dei rifiuti, che si inseriscono nel contesto e lanciano ricette inattuabili, e che mai, sottolineo mai, daranno i frutti che si spera. La Campania è questa, e finche i rifiuti non li distruggiamo, il nostro problema rimarrà in eterno. Pertanto quello che si racconta e si sente in giro dagli attori dei rifiuti sono le solite chiacchiere che sono partite nel 1994 e, oggi nel 2018, sono sempre le stesse.

Redazione

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