E vedi se non sono sempre gli stessi a dire di no quando si tratta di dare ossigeno a chi lavora: le grandi lobby industriali, politici, sindacati, confindustria, tutti uniti contro il salario minimo. La proposta di legge prevede un salario minimo di nove euro lordi. Già il lordo non piace, perché a conti fatti si arriverebbe comunque ad un netto di cinque-sei euro. Ancora molto pochi per vivere oggi con l’euro. Con la lire andava benissimo, ma con l’euro rimane povertà.
Solo il fatto che si stabilisce un paletto al salario di chi lavora, è cosa positiva. Oggi i giovani devono accettare di tutto pur di lavorare. Le paghe partono da 15 euro al giorno e arrivano ad un massimo di 30-40 euro. Siamo sempre lontani dalla sopravvivenza. Oggi uno stipendio parte da 600 euro e arriva a 1300 euro, nel privato. Nel pubblico, dove i privilegiati sono sostenuti e garantiti dai sindacati, le cose cambiano e si può arrivare anche a 2500 euro mensili.
Il problema è il privato, lì dove i controlli sono meno incisivi sulle retribuzioni. È proprio in questo versante che è indirizzato il salario minimo, poiché mentre il settore pubblico è regolarizzato dai vari contratti di lavoro, nel privato non vige la stessa regola. Ed è qui che va a intervenire il salario minimo: mette in chiaro una regola che vale poi per tutti. Allora la domanda è perché proprio i sindacati sono contrari?
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