SALERNO- Speculare sulla salute di chi soffre è la cosa più meschina che si possa fare. Se i fatti saranno confermati nella sua pienezza per chi ha commesso il danno va irradiato a vita e condannato all’ergastolo senza se e senza ma.
Mazzette sulle liste di attesa che interessavano soprattutto malati terminali, è questo quello che ha scoperto una inchiesta della procura di Salerno e condotta dal nucleo investigativo del Reparto operativo dei carabinieri di Salerno, che ha portato a tre arresti per concussione con il beneficio dei domiciliari, di cui uno a carico del primario di Neurochirurgia all’ospedale San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona, il cinquantenne irpino Luciano Brigante, e una sospensione dall’esercizio di pubblico servizio per il direttore del reparto di Neuroscienze, Renato Saponiero, che deve rispondere di omessa denuncia e abuso d’ufficio.
Le liste di attesa potevano essere aggirate, anticipando la propria operazione. Bastava che il paziente pagasse, da 1500 fino a 6000 euro, denaro che finiva direttamente nelle tasche del primario e dei suoi complici. Indagato, e non destinatario di misura cautelare, poiché cittadino americano, il neurochirugo Takaori Fukushima, 73 anni, direttore del Brain Institute che porta il suo nome di San Rossore, a Pisa, già destinatario il 14 maggio dello scorso anno di un’informazione di garanzia. sono 9 i casi accertati, in due dei quali secondo gli inquirenti non ci fu pagamento solo perché per raccomandare i malati ci furono contatti di altri medici con Brigante.
Le indagini dei militari dell’Arma hanno riguardato un sistema concussivo che sarebbe stato messo in piedi nel reparto di Neurochirurgia del nosocomio salernitano e nella clinica privata toscana, una prassi diffusa di cui erano vittime i pazienti con patologie molto gravi (meningiomi, neoplasie cerebrali, problemi spinali, metastasi al cervello, neurinoma dell’acustico).
Gli interventi chirurgici che i neurochirurghi prospettavano come urgenti e che eseguivano convincendo i malati a pagare per saltare la lista di attesa erano formalmente prenotati come intramoenia, ma del previsto versamento del 5 per cento della prestazione le casse del Ruggi d’Aragona non hanno mai beneficiato. I costi dell’operazione, del ricovero e della degenza erano invece regolarmente imputati al Servizio sanitario nazionale.