Senza lavoro e senza Naspi: rischi anche di rimetterci centinaia di euro | Tutto a causa di un piccolo errore

La verità sulla Naspi - pexel - quotidianoitalia.it
Non solo perdi il lavoro, ma devi anche pagare. Se non fai attenzione ci rimetti molti soldi
La Naspi, acronimo di nuova assicurazione sociale per l’impiego, è l’indennità di disoccupazione introdotta per sostenere chi perde il lavoro in maniera involontaria.
Si tratta di un aiuto economico che viene erogato dall’Inps e che ha l’obiettivo di garantire un reddito temporaneo al lavoratore in attesa di ricollocarsi.
Il meccanismo è relativamente semplice: dopo la cessazione del rapporto, il lavoratore deve presentare domanda e, se in possesso dei requisiti, riceve un importo mensile che decresce gradualmente nel tempo.
La durata della Naspi è pari alla metà delle settimane contributive maturate negli ultimi quattro anni e l’importo viene calcolato sulla base della retribuzione media percepita.
Le difficoltà per i lavoratori
Questo strumento non è universale, ma ha regole precise. Spetta ai dipendenti con contratto subordinato che abbiano versato almeno tredici settimane di contributi negli ultimi quattro anni e che possano contare su almeno trenta giornate di lavoro effettivo nei dodici mesi precedenti la cessazione.
La Naspi è dunque uno strumento fondamentale, ma nella pratica non sempre accessibile a chi ne avrebbe bisogno. Negli ultimi anni è emerso un problema sempre più diffuso. Molti datori di lavoro, per evitare di pagare il contributo previsto in caso di licenziamento, cercano di spingere i dipendenti a dimettersi volontariamente.
È una prassi che non appare nei numeri ufficiali ma che viene segnalata spesso dai sindacati e dai centri di assistenza. Le dimissioni, salvo alcuni casi particolari come quelle per giusta causa, escludono automaticamente l’accesso alla Naspi.

I cavilli che te la fanno perdere
La Naspi rimane comunque un sostegno fondamentale per chi perde il lavoro. Ma basta commettere alcuni errori banali per perdere soldi o vedersi respinta la domanda. Uno dei più comuni è fare richiesta troppo tardi. Il termine massimo è di sessantotto giorni dalla cessazione del rapporto e chi supera questa finestra perde il diritto. Un altro errore frequente è non aggiornare l’Inps sulla propria situazione. Anche un lavoro occasionale o un piccolo incarico retribuito vanno comunicati, altrimenti si rischia la sospensione o l’annullamento dell’indennità.
Infine, è indispensabile controllare con attenzione i requisiti richiesti. Non basta aver perso l’occupazione, serve che i contributi e la tipologia di contratto rientrino nelle condizioni stabilite e che il motivo della cessazione sia idoneo. Molti disoccupati vedono la Naspi sospesa o addirittura annullata per leggerezze che si potevano evitare. Informarsi, rispettare le scadenze e non sottovalutare i dettagli burocratici è quindi essenziale per non compromettere un sostegno che può fare la differenza.