Categories: Cronaca

I sindaci non vogliono più fare gli sceriffi del fisco

ROMA- Per la prima volta i sindaci si sentono responsabili della mattanza che vivono i cittadini. Per la prima volta si fanno da parte e non seguono più uno stato che ha messo a tappato la stabilità dei cittadini. È quanto ha rilevato la Cgia di Mestre sottolineando inoltre che i pochi municipi collaborativi hanno diminuito il numero degli accertamenti: rispetto al picco del 2012 (3.455 accertamenti), nel 2013 il dato è sceso a 2.916, nel 2014 a 2.701 e l’anno scorso a 1.970. L’aspetto più singolare è che la ferma opposizione a svolgere il ruolo di esattori comporta una penalizzazione in termini di minori entrate. Ai Comuni è infatti riconosciuto un incentivo. «La quota riconosciuta ai sindaci era del 30%, nel 2010 è stata innalzata al 33% e nel 2011 al 50. Infine, per gli anni dal 2012 al 2017 è stata elevata al 100 per cento», ricorda Paolo Zabeo, coordinatore dell’ufficio studi della Cgia. La crescita degli introiti è stata significativa, ma solo in virtù della maggiore compartecipazione: si è passati infatti dai 2,9 milioni del 2011 agli 11 milioni del 2012, mentre nel 2014 (ultimo dato disponibile) si è toccata quota 21,7 milioni. Anche se la collaborazione Fisco-Comuni sulla lotta all’evasione era una delle architravi del federalismo fiscale, i sindaci non hanno mai voluto dare corpo a operazioni che avrebbero potuto comportare un vistoso calo di popolarità. Fatto comprensibile guardando solo all’immagine non certo positiva dell’Agenzia delle Entrate presso i contribuenti. Tale comportamento, però, ha anche un risvolto negativo come segnala Zabeo. «In Molise, Campania e Calabria, secondo l’Istat, il numero degli edifici costruiti illegalmente nel triennio 2012-2014 è stimato in proporzioni variabili fra il 45 e il 60% di quelli autorizzati», ha ricordato aggiungendo che «in queste tre Regioni solo 27 sindaci, su un totale di 1.095 amministrazioni comunali, hanno segnalato al fisco situazioni di illegalità». Va anche detto che uno Stato con una pressione fiscale media al 43% circa (che sale a oltre il 60 per le imprese) non incoraggia i contribuenti a tenere comportamenti irreprensibili.Tra i Comuni capoluogo di provincia del Sud solo Reggio Calabria, Vibo Valentia, Pescara, Teramo, Salerno, Lecce e Benevento hanno avviato delle segnalazioni agli uomini del fisco. Tutte gli altri – in particolar modo Napoli, Bari, Caserta, Taranto e Cosenza sono rimasti inattivi. Zero accertamenti al Centro-Nord pure per Lodi, Sondrio, Vercelli, Pisa, Siena, Belluno e Treviso.

Redazione

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