ROMA- Ed ora credo che anche quei sindaci che erano orientati a votare sì volteranno le spalle a Renzi, perché risulta che le prefetture, a soli tre giorni dal referendum, stanno rendicontando il costo delle spese referendarie inviando ai comuni le lettere dove spiegano i costi attribuiti a loro. Ed è tosta.
Basti considerare che il gettito fiscale versato dai cittadini, il 70% va nelle casse dello stato centrale, un po’ l’effetto di quello che succederà dopo il referendum, dove la centralità dello stato decide su tutti. Ormai di quanto versato dai contribuenti ben poco viene trasferito ai Comuni, resta tutto al governo centrale, che dovrebbe trasferire anche agli enti locali, ma di questi soldi arriva ben poco.
Ma il peggio arriva proprio nel riparto tra i Comuni per quanto riguarda i costi da sostenere per il referendum voluto dal governo Renzi a guida PD, e questi costi sono stati drasticamente ridotti, passando da € 796,8960 ad € 334,268 per sezione e da € 1,5884 ad € 0.6065 per elettore. Non conosciamo tutti i dati delle altre province, ma questo sta accadendo in provincia di Caserta, dove i sindaci stanno ricevendo la nota a distanza di soli tre giorni dallo svolgimento del Referendum e, di conseguenza, non ci sia possibilità per i Comuni di riparametrare la previsione delle spese dato che molte attività sono già state espletate ed alcune spese già sostenute. Da quanto ci risulta, sembra che l’orientamento sia uguale in tutte le altre province italiane.
È proprio questo il nodo cruciale di questo referendum: la centralità dello stato, che lede la democrazia e da mandato allo stato di decidere su tutto e su tutti. Ma non è tanto una decisione interna, ma proprio lo stile che si è prefissato l’unione europea per avere in mano le decisioni e non trovarsi tra i piedi altre istituzioni nei paesi membri che possono decidere autonomamente, quindi il referendum costituzionale che il 4 dicembre andiamo a votare, serve a togliere dalla costituzione vincoli che danno mandato al popolo di decidere. In effetti lo scopo è di arrivare in pochi anni alla demolizione totale della sovranità popolare attraverso altri strumenti previsti all’interno delle modifiche costituzionali dei paesi membri.
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