Inverno 2019. Milano. Al Piccolo Teatro, l’attore Toni Servillo ha appena concluso l’ultima rappresentazione del suo spettacolo “Eternapoli”, un melologo di Fabio Vacchi , tratto da un romanzo di Giuseppe Montesano. Quindi, presi gli applausi e, ringraziato il pubblico, raggiuge il camerino per ristorarsi. Ma proprio quando sta per cambiarsi d’abito, riceve la visita di un noto critico teatrale. “Oh, buonasera, Servillo!…stava andando via,non è vero?…Be’, vorrà dire che dovrà trattenersi ancora un po’ per ascoltare ciò che ho da dirle!.. Molto piacere di conoscerla , mi chiamo Alessando Alessandroni e sono un docente e critico dell’Accademia dei Filodrammatici!…Innanzitutto, complimenti per la formidabile prova d’attore!…ma che lei sia un bravo interprete non è più un mistero per nessuno!….”, constata l’esperto, continuando: “Il mio compito, però,in quanto critico, è di rilevare anche… ,anzi, soprattutto, le imperfezioni…Quindi, le dirò la verità, la mia verità, naturalmente!…la messa in scena di stasera era più che buona…ottima,direi!…niente a che vedere con le sue interpretazioni cinematografiche!…”. “Che intende dire, scusi?…”, domanda Servillo, al critico, che risponde, incalzando: “Quello che ha capito!…Io non comprendo perché gli attori teatrali debbano necessariamente prestarsi a quel circo che è il cinematografo!…Voi siete dei veri e propri mattatori della scena…eppure , non si sa perché, a un certo punto, vi sentite in dovere, quasi in obbligo , di fare del Cinema…mortificando il vostro talento!…E anche lei, anche lei Servillo…passi per “Il divo” , in cui ha interpretato Giulio Andreotti,…ma la “Grande bellezza”!…quel ruolo così macchiettistico…una caricatura, proprio!…”. “Scusi sa, Professore, ma quello era volutamente un personaggio caricaturale…una persona che la smania di gloria corrompe fino a trasformarla in una maschera, una maschera grottesca e dolente!…”,spiega l’attore, con tono concitato: “Mi meraviglio di lei che è un docente, un esperto…non mi dirà che non lo aveva compreso?…Senta , lei ,prima , ha parlato di verità…ecco, allora anch’io voglio essere altrettanto sincero con lei… Io non capisco perché alcuni critici teatrali , i “puristi”, come lei, intendo,debbano avere questo pregiudizio nei confronti del Cinema, considerandolo di serie B!…Eppure lei dovrebbe saperlo meglio di me, non dovrei essere io a spiegarle che non è così…Ma lei lo sa cos’è il Cinema?…A me piace rispondere a chiunque mi ponga questa domanda, usando un’antica immagine della mia terra, la Campania…Il Cinema è : ‘o ‘mbruoglio into ‘o lenzuolo”!…Ovvero un “imbroglio nel lenzuolo”, l’espressione usata dagli spettatori partenopei ,all’inizio del Novecento, per dire che non era un cosa vera,ma che sembrava tale…Ecco,per me, il Cinema , è questo: un imbroglio…e il regista n’è l’autore !…”.
“A me piace sempre quella vecchissima immagine napoletana che avrebbe fatto la felicità del semiologo Roland Barthes : “‘O Cinema è ‘o ‘mbruoglio into ‘o lenzuolo”. Un’immagine che riporta ai primordi, quando il Cinema era un lenzuolo steso in piazza, gli spettatori si portavano le sedie da casa e parlavano di imbroglio nel lenzuolo per dire che non era una cosa vera. Il Cinema, per me, resta questo. E l’autore dell’imbroglio è sempre il regista”. Così, l’attore e regista Toni Servillo parlava del cinema in un’intervista rilasciata qualche tempo fa. Nato ad Afragola (comune in provincia di Napoli) il 25 gennaio 1959,Marco Antonio, questo il vero nome dell’artista, trascorsi i primi anni di vita in Piemonte, cresce con il fratello Peppe tra Napoli e Caserta, dove, da adolescente ,inizia a recitare in un oratorio salesiano e ,negli anni della contestazione studentesca, collabora insieme con Matteo De Simone alla fondazione del Teatro Studio. Poi, trasferitosi a Roma dopo la licenza liceale per studiare Psicologia all‘Università La Sapienza, recita in una serie di spettacoli, avvicinandosi al gruppo Falso Movimento e al regista Mario Martone, con il quale, nel 1986, fonda Teatri Uniti ( di cui ancora oggi è direttore artistico), e vince il Premio Gennaro Vitiello con l’atto unico “Guernica”, da lui scritto, diretto e interpretato. Recitato fra il 1989 e il 1991 negli spettacoli “Ha da passa’ ‘a nuttata” e “L’impero della ghisa” di Leo Berardinis, nella prima metà degli anni Novanta, si cimenta anche nella regia delle opere di Molière : “Il Misantropo“, “Tartufo” e “Le false confidenze” e di opere musicali, quali: “Una cosa rara” di Vicente Martìn y Soler, “Le nozze di Figaro” di Mozart, “Ariadne auf Naxos” di Richard Strauss e “L’Italiana in Algeri” di Rossini. Tuttavia, nello stesso periodo, esordisce sul grande schermo con le pellicole di Mario Martone “Morte di un matematico napoletano”, “Rasoi”, “I vesuviani” e “Teatro di guerra”, raccogliendo un largo consenso di pubblico e critica. Proseguita l’attività di regista teatrale, sia di opere in prosa che di opere liriche, anche nel nuovo Millennio (“Sabato domenica e lunedì“, rivisitazione dell’opera omonima di Eduardo De Filippo , grazie a cui vince il Premio Gassmann, “Il lavoro rende liberi” e “Oscillazioni” di Vitaliano Trevisan, “Trilogia della villeggiatura” di Carlo Goldoni , “Il marito disperato” di Cimarosa, “Fidelio” di Beethoven e “Boris Godunoy” di Musorgskij) , nel 2001, stringe il suo sodalizio artistico con il regista Paolo Sorrentino, con il quale gira i film “L’uomo in più” e Le conseguenze dell’amore“, pellicola , quest’ultima,per la quale si aggiudica i premi David di Donatello e Nastro d’Argento, come “miglior attore protagonista”. Premi, che, fra il 2008 e il 2015, ottiene reiteratamente, insieme con una serie di candidature, grazie alle interpretazioni nei film: “La ragazza del lago” e “Il gioiellino”di Andrea Molaioli, “Gomorra” di Matteo Garrone, “Il Divo” , “La grande bellezza” , pellicola, quest’ultima, vincitrice del Premio Oscar come “miglior film straniero”, e “Loro” di Paolo Sorrentino, “Noi credevamo” di Mario Martone, “Una vita tranquilla” di Claudio Cupellini, “E’ stato il figlio” di Daniele Ciprì, “Bella addormentata” di Marco Bellocchio, “Viva la libertà” e “Le confessioni” di Roberto Andò, “Lasciati andare“di Francesco Amato, “La ragazza nella nebbia” e “L’uomo del labirinto” di Donato Carrisi. Insignito della cittadinanza onoraria di Napoli e della Laurea ad honorem in Discipline dell’Arte , della Musica e dello Spettacolo, dall’Alma Mater Studiorum dell’Università di Bologna, è attualmente sul set di “Qui rido io”, la nuova pellicola di Mario Martone, incentrata sulla biografia del commediografo partenopeo Eduardo Scarpetta, e in palcoscenico con il melologo di Fabio Vacchi, tratto dal romanzo di Giuseppe Montesano, “Eternapoli“. A chi gli chieda cosa preferisca tra Cinema e Teatro, risponde: “Impossibile una graduatoria . E’ un alternare tra due modi, due tecniche , due arti che consentono di ricavare vantaggi, di crescere, maturare, gioire. Diciamo che cerco di portare dal Cinema al Teatro i miei spettatori con lo stesso rigore, con la stessa coerenza. Comunque, al di là dei successi provenienti dal grande schermo, non ho mai abbandonato il Teatro. Anche perché la mia formazione si è rafforzata sul palcoscenico. E adesso, semmai, metto a disposizione del Cinema una formazione che viene dalla pratica teatrale”.